Zaki, che delusione. Il “campione” dei diritti umani egiziano vince l’Oscar dell’ingratitudine e della maleducazione rifiutando il volo di Stato che gli è stato offerto dal nostro governo per il rientro in Italia. Non vuole, il “fiero” Patrick, farsi fotografare con Giorgia Meloni e Antonio Tajani al suo arrivo a Ciampino.
Avete capito che storiaccia? Il nostro governo si fa in quattro per consentire a Zaki di scampare alla prigione egiziana, che non deve essere proprio come un soggiorno a tre stelle. Missioni e offerte di aiuto: dall’inizio dell’anno a oggi si saranno succeduti almeno sette viaggi di ministri italiani al Cairo. La liberazione del 32enne attivista dei diritti umani era diventato un obiettivo prioritario per Giorgia Meloni e i suoi, alla faccia di chi ritiene che un governo di destra sia insensibile al tema della libertà e della dignità della persona. E Zaki che fa? Si limita a esprimere un generico ringraziamento alla premier e al ministro degli Esteri e poi si vergogna di stringere loro la mano. Anzi, quella mano gliela morde, con arroganza e rozzezza.
È il caso di notare di sfuggita che il giovane egiziano si è però complicata la vita. La sua scelta di prendere un volo di linea (per Milano e poi da lì per Bologna) è un imprevisto che ha mandato in tilt la burocrazia del Cairo. E dovrà attendere ancora qualche giorno per salire su un aereo e lasciare l’Egitto.
Voleva fare il furbetto e si è invece rivelato uno sprovveduto. Pensava che fosse facile imbarcarsi come un qualsiasi cittadino e raggiungere il nostro Paese dopo aver detto no a tutte le opzioni che gli aveva offerto la nostra ambasciata al Cairo. Non ha calcolato che tutte quelle possibilità che gli aveva prospettato il ministero degli Esteri italiano erano dovute alla particolarità della sua situazione e a tutti i problemi diplomatici che il governo italiano e quello egiziano devono affrontare.
Ma come ha motivato, Zaki, la sua sconcertante ingratitudine contro il nostro governo? Ha detto che rientrare in Italia con un volo di Stato e con un “accompagnatore” non sarebbe un gesto da “uomo libero”. Ha detto anche che vuole in questo modo denunciare il fatto che le carceri egiziane sono ancora piene di gente che si batte per i diritti umani. L’ha buttata insomma sull’idealismo, scelta che viene naturalmente applaudita dall’opposizione italiana, a differenza della maggioranza e del governo, dove al contrario dominano sconcerto e irritazione. «Torni come vuole», ha tagliato corto Tajani.
La verità è che dietro questo sgarbo al nostro governo e alla nostra diplomazia c’è l’idea di proporsi come icona della sinistra europea.
E c’è probabilmente anche un triste calcolo politico. Scommettiamo che tra qualche mese troveremo Zaki candidato alle elezioni europee per il Pd o per qualche altra lista di sinistra? Dietro l’esibizione dell’idealismo umanitario si nascondono spesso meschini interessi e arroganti ambizioni.
Aveva ragione Carl Schmitt quando, riprendendo un detto di Pierre Joseph Proudhon soleva dire: «Chi dice umanità vuole ingannarti». Patrick Zaki, nel suo misero atto di ingratitudine, non è in fondo tanto originale.
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