È sempre più difficile sperare che non si verifichino due cose che in sé sembrano antitetiche, ma che in realtà fanno parte di una stessa logica, ovvero la deflagrazione di una guerra tra gli Usa e le sue colonie contro il resto del mondo e assieme l’implosione del modello capitalistico occidentale. Il fatto che Trump nei giorni scorsi abbia letteralmente promesso la guerra a chiunque osi appoggiare il processo di dedollarizzazione è un’indicazione precisa di entrambe le condizioni perché è evidente che gli Usa e il resto dell’Occidente sotto il loro dominio, non possono fare a meno delle rendite di posizione e del controllo sulle altre economie, per poter sopravvivere. Come giustamente ha fatto osservare Andrea Zhok il liberal capitalismo nella sua estrema fase finanziaria non può sopravvivere se non come vertice della catena alimentare: non può essere tonno o sardina, ma è costretto ad essere uno squalo che deve per forza andare a caccia anche solo per poter respirare.
Tutti gli stravaganti ideologismi che accompagnano questa fase estrema, non sono altro che una sorta di scenario giustificatorio di un sistema che alla propria base non ha più un un’idea, ma semplicemente l’ asserzione che non c’è alternativa. E servono come cavallo di Troia per il controllo totale della popolazione che sarà assolutamente necessario per lo scontro finale che peraltro è già cominciato. E qui veniamo ad un’ulteriore e paradossale contraddizione, ossia il fatto che Trump non può sfuggire a questo destino che è scritto nelle cose stesse e nel medesimo tempo rappresenta, nell’immaginazione di una maggioranza schiacciante di elettori, l’uomo che può spezzare le catene della censura e del controllo.
Il vero problema è che se fino a cinquant’anni fa il ruolo di squalo – che stava già emergendo prepotentemente con la vittoria del neo liberismo e la finanziarizzazione dell’economia – poteva essere supportato dal punto di vista tecnologico e militare, le cose non stanno più così. Il vantaggio non solo si è ridotto, ma in alcuni settori è diventato un palese svantaggio, come per esempio quello nel campo missilistico dove Russia, Cina, Iran, Corea del Nord e ora anche India hanno realizzato vettori ipersonici che l’Occidente ancora non riesce a produrre e contro i quali non esistono difese. Perciò credo che almeno per i prossimi anni verrà evitato lo scontro frontale e si giocherà un partita a scacchi con sempre nuove guerre localizzate, ma endemiche. Esattamente come si vorrebbe fare con l’Ucraina dove si intende letteralmente mandare al massacro un’intera popolazione pur di tenere impegnata la Russia e aggiungendo poi a questa area di crisi il Medio Oriente come in questi giorni, creando ulteriori condizioni di scontro in Africa e in America Latina o nell’Asia sud orientale: una collana di guerre con la quale abbellire il collo vizzo del capitalismo finanziario.
L’unico ruolo geopolitico possibile rimasto all’Europa è di sottrarsi a questa lenta carneficina a cui prima o poi saranno sottoposti anche i cittadini dei Paesi che fanno parte della Nato e della Ue, due facce di un’unica moneta. Tuttavia questo risultato non può essere attinto nel contesto politico attuale dove la dialettica maggioranza – opposizione è una mera messa in scena: implica che le persone si diano da fare per impedire che oltre al disastro economico, propiziato dalle guerre di Washington, i cittadini si rifiutino di prendere parte allo scontro. Come? Bè in molti modi, principalmente creando forze politiche non infinitamente divise e ambigue che offrano un’ idea e una speranza di uscire dal mondo feudale che avanza. Ma anche sottraendosi alle logiche belliche. Per esempio in Finlandia da quando il Paese è entrato nella Nato, provocando una drammatica crisi dell’economia, 8000 persone che erano nella riserva militare hanno chiesto di passare al servizio civile e come ha detto uno di loro: “Prima di aderire alla Nato, la Finlandia aveva una difesa indipendente e io sarei andato al fronte. Ma ora che siamo diventati parte dell’esercito americano, non mi interessa più.” Forse, chissà, ha letto che fu Lenin a concedere l’indipendenza alla Finlandia che era passata dal dominio svedese durato sette secoli a quello dell’impero russo. Alle volte un po’ di storia chiarisce le cose.
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