Oggi si potrebbe parlare dell’offensiva russa nel settore di Kursk che ha diviso in due parti le truppe ucraino – terroriste, vista l’abbondanza di mercenari provenienti da quell’ambito e sostanzialmente la chiusura delle vie che portano i rifornimenti alle truppe di Kiev. Sarebbe anche interessante analizzare una balla clamorosa che viene data per verità accertata, ovvero la presunta presenza di truppe coreane in questo settore perché si tratta di un tipico caso di corto circuito cognitivo: le truppe russe provenienti da alcune zone orientali della Federazione hanno tratti spiccatamente asiatici che vengono ambiguamente sfruttati da una propaganda cinica e circonfusa di squallore. Se anche a mala pena si conosce un po’ di storia russa o se si è letto Michele Strogoff di Giulio Verne, cosa impossibile visto il rimbambimento allarmante dei ragazzini contemporanei, si comprende bene il perché di queste inclusioni etniche dagli antichi clan tartari nati dalla dissoluzione dell’impero mongolo. Ma insomma tutto fa brodo per le opache narrazioni e l’ignoranza è il sale di questa immangiabile minestra.
Visto però che da Bruxelles, da Parigi e da Londra si fanno rullare i tamburi di guerra, sarà bene mettere in luce che questa sarebbe la terza guerra che il continente dichiara alla Russia, nonostante che le prime due si sono rivelate catastrofiche e hanno fatto perdere all’Europa o ai suoi maggiori Paesi molte occasioni per resistere all’imperialismo prima britannico e poi statunitense. La prima è stata l’avventura di Napoleone che grazie alla coscrizione obbligatoria in Francia e nelle aree del suo impero mise assieme 1,2 milioni di uomini di cui più di 600 mila combatterono in Russia. Si trattava a tutti gli effetti di un esercito europeo visto che raccoglieva 40 mila olandesi, 95 mila polacchi, 50 mila italiani tra Regno d’Italia e Regno di Napoli, 25 mila bavaresi, 40 mila uomini provenienti dalla Sassonia e dalla Prussia, 35 mila austriaci, 35 mila croati, 15 mila Svizzeri e 17 mila uomini provenienti dalla Vestfalia, più altri, ma qui le cifre sono meno di sicure, dalla Spagna e dal Portogallo. Avevano di fronte a loro un esercito russo che contava la metà degli effettivi della grande armata e questo alimentava le speranze di una rapida vittoria, tanto più che l’esercito dello zar Alessandro si pensava fosse poco organizzato, comandato ancora peggio e che le popolazioni baltiche, polacche e bielorusse si sarebbero sollevate contro di lui. Nulla di tutto questo avvenne e alla fine circa 400 mila uomini della grande armata rimasero sul terreno e 100 mila vennero presi prigionieri.
Il secondo tentativo fu fatto da Hitler, anche qui con la partecipazione di parecchi altri: Italia, Romania, Ungheria, Finlandia, Slovacchia, Croazia, Bulgaria, ma con la partecipazione di contingenti di altri Paesi occupati dalla Germania sotto forma di truppe inquadrate nelle Waffen SS, ovvero olandesi, belgi, norvegesi, oppure in formazioni volontarie, come la Division Azul spagnola e la Légion des volontaires français, per non parlare di reparti ruteni (ucraina occidentale), baltici, polacchi che appoggiavano la Wehrmacht come formazioni nazionalistiche. Anche in questo caso troviamo il pregiudizio dei russi mal organizzati e la speranza di una ribellione della popolazione che invece aderì in massa alla Grande guerra patriottica. In molti casi tali partecipazioni all’Operazione Barbarossa sono state nascoste e minimizzate per ovvi motivi, ma di fatto esse furono numerose e non lontane sia dalle inveterate tendenze predatorie, tipiche dell’Occidente, sia dalle caratteristiche di una guerra civile europea, una tesi introdotta a suo tempo da Nolte e respinta in quanto piuttosto lontana dalle caratteristiche della semplicistica narrazione bellica anglosassone che anche le sinistre hanno finito per adottare, comprese in maniera sorprendente, quelle nostrane dove la Resistenza ha avuto, al contrario che nel resto d’Europa, un carattere politico e non eminentemente nazionale. Ad ogni modo sappiamo come è andata a finire.
Però la caratteristica saliente di queste due guerre europee è stata la convinzione di poter logorare la Russia e dunque ottenere la vittoria in breve tempo, mentre in realtà proprio gli assalitori sono stati logorati e sconfitti. Tuttavia tale convinzione è proprio quella che ha indotto la Nato a far precipitare le cose in Ucraina e oggi anima le teste di legno della Ue e i milieu politici di quasi tutti i Paesi a credere la medesima cosa, anche in assenza degli Usa, nonostante la palmare evidenza del logoramento economico nel quale è caduto il continente. Vogliono mettere insieme anche loro una grande armata europea anche se alla fine essa sarebbe molto piccola.
Forse solo l’analisi psichiatrica potrebbe spiegare tutto questo e per alcuni ci vorrebbe la camicia di forza, anche se nel complesso sono così deboli che forse un calcio in culo sarebbe più efficace.
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