Anna Lombroso per il Simplicissimus
Maestro Perboni, maestrina dalla penna rossa, ma non vi piacerebbe essere più smart, più connessi, più computerizzati? Non vi piacerebbe invece di mettere pace tra gli alunni intemperanti fare un po’ di problem solving e poi implementare secondo i comandamenti del marketing che deve fecondare anche la scuola e l’istruzione, creando spazi per le next generation class room dove registrare tiktok?
Ci pensa per voi il Pnrr, il magico sistema messo a punto dall’Europa con la complicità dei più assoggettati governi partner, il nostro in prima linea, che stanzia somme ingenti – che dovremo poi risarcire – per la rivoluzione digitale, che si accompagnerà a una profonda revisione semantica, ma anche a propositi visionari a cominciare dalla felicità interna lorda promessa ai più diligenti tra maestri e alunni.
Proprio quando il mondo anglosassone scopre la necessità di valorizzare le materie umanistiche, quando filosofi prestigiosi come la Nussbaum riescono a infuenzare i decisori contestando che sia la crescita economica l’unico obiettivo a cui deve mirare una politica pubblica, mentre il fine dello sviluppo deve essere piuttosto quello di mettere in grado le persone di vivere un’esistenza piena, creando «capacità» che consentano a ognuno di realizzarsi e di vivere la propria vita all’insegna della pari dignità umana, noi andiamo in controtendenza. Collochiamo le generazioni future in un metaverso dove circolano come naufraghi da preparare per la sfida del futuro, un futuro da solerti specialisti addestrati per premere un tasto, girare una manovella, nel più gratificante dei casi, manovrare un drone.
Si muoveranno in “aree spaziali” al posto delle aule, opportunamente cablate per realizzare nuovi ambienti di apprendimento e laboratori”, al fine di formare i professionisti digitali del futuro. Sarebbe questo l’intento degli investimenti del Pnrr: 2,1 miliardi di euro per la trasformazione delle classi tradizionali e per “promuovere un ampio programma di formazione alla transizione digitale di tutto il personale scolastico”.
La denominazione “Scuola 4.0” discende proprio dalla finalità della misura di realizzare ambienti di apprendimento ibridi, che possano fondere le potenzialità educative e didattiche degli spazi fisici concepiti in modo innovativo e degli ambienti digitali.
Facile immaginare la prima conseguenza della strategia; la demolizione delle relazioni umane, la cancellazione dei legami che si stringono con la frequentazione fisica, il contatto, il dialogo,che aiutano a esaltare e valorizzare talenti e predisposizioni.
“Quella che si vuole realizzare grazie al PNRR, con Futura, è una scuola che forma cittadine e cittadini consapevoli, in grado di poter essere determinanti nei processi di transizione digitale ed ecologica dell’Italia di domani”, recita il Piano di trasformazione del Paese “che lascerà una preziosa eredità alle generazioni future, dando vita a una crescita economica più robusta, sostenibile e inclusiva”. Con sei campi d’azione si aspira a mettere il sistema scolastico al centro della crescita del Paese, integrandolo pienamente alla dimensione europea: “le misure afferiscono, infatti, agli aspetti più strategici della scuola: la riorganizzazione del sistema scolastico, la formazione del personale, le procedure di reclutamento, il sistema di orientamento, il riordino degli istituti tecnici e professionali e degli Istituti Tecnici Superiori (ITS)”.
L’intento esplicito è quello di “allineare il curricolo degli istituti tecnici e professionali alla domanda di competenze che proviene dal tessuto produttivo del Paese, in particolare verso l’output di innovazione del piano nazionale Industria 4.0 e la profonda innovazione digitale in atto in tutti i settori del mercato del lavoro. L’elevata qualità del curriculum offerto incoraggerà l’occupabilità, grazie anche all’armonizzazione dei programmi di formazione in base alle esigenze di ciascun territorio. La riforma investe sul capitale umano in un approccio mirato e adeguato alle condizioni geografiche, economiche e sociali di ogni contesto locale, con benefici diretti di breve e lungo termine”.
Con un colpo di spugna si cancellano le finalità dell’istruzione pubblica: l’auspicata sinergia tra mercato del lavoro e giovani prevede l’applicazione delle tecniche di marketing, il sopravvento delle leggi del profitto, il premio per valori discutibili: spregiudicatezza, asservimento alle ideologie correnti, arrivismo e competitività.
Stiamo forgiando generazioni di schiavi senza spirito critico, senza senso di responsabilità personale e collettiva, con l’aiuto di docenti ricattati e umiliati da anni di remunerazioni che hanno avvilito la loro professionalità e dignità.
Oggi a tanti anni di distanza si ricorre a canoni regressivi, quelli del merito che premia chi se lo può comprare, il conseguente consolidamento delle disuguaglianze determinate da un mercato che si regola solo secondo i comandamenti del profitto, contraddicono le speranze dei padri costituenti: “Dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare la scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità d’uomini… fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo di lavorare e di studiare, e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica, perché una democrazia in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto un’uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale” (P. Calamandrei)”.
Difendiamola, difendetela la scuola e la gente che ci vive dentro con passione, che ancora forse ce n’è.
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