Sono al momento otto i corpi delle vittime ritrovati e cinque i dispersi nella frana di Ischia.
Una frana che, stando alla ricostruzione dei tecnici, ha avuto origine dalla sommità della montagna ed è poi precipitata travolgendo tutto ciò che ha incontrato sul suo cammino.
Le vittime finora accertate sono: il tassista Gianluca Monti e la moglie Valentina Castagna con i loro tre figli Michele, Francesco e Maria Teresa, di appena 6 anni. Ieri le squadre di soccorso hanno trovato la piccola Maria Teresa e l’altro figlio Francesco, di 11 anni, ma il resto della famiglia ancora è disperso.
Sono stati invece rinvenuti i corpi dei membri della famiglia del piazzaiolo Maurizio Scotto di Minico, oltre al suo quello della moglie Giovanna Mazzella, e del figlioletto di appena tre settimane GiovanGiuseppe il cui corpicino è stato ritrovato in queste ore. In totale come detto sono state recuperate otto salme, compresa quella di Nikolinka Gancheva Blangova, bulgara di 58 anni che va ad aggiungersi a quello di Eleonora Sirabella che è stata la prima vittima ad essere individuata. Questa mattina è stato poi recuperato il corpo senza vita di un uomo. Restano da trovare quelli di Gianluca Monti con la moglie e uno dei tre figli, poi quello di Salvatore Impagliazzo, compagno di Eleonora Sirabella e quello di un parente di Gianluca Monti.
A ciò vanno aggiunti 4 feriti e almeno 230 persone sfollati. La Procura di Napoli ha aperto un fascicolo contro ignoti in cui è ipotizzato il reato di disastro colposo. In effetti le abitazioni colpite erano strutture abusive, costruite su zone geologicamente non adatte.
Da quello che è dato sapere la frana è partita dall’apice del monte Epomeo a un’altezza di circa 780 metri e ha raggiunto il lungomare travolgendo auto, persone e strade. Scendendo giù, il fango ha cancellato parte della vegetazione e bloccato ai soccorsi la possibilità di raggiungere decine di famiglie.
Gli esperti sono sostanzialmente concordi nell’affermare che la tragedia è stata provocata da un mix di cause: la crisi climatica innanzitutto (e questa ormai viene evocata ogni volta che si verifica un evento estremo), il dissesto idrogeologico e la mancata manutenzione del territorio. Open riporta il parere del direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv, Mauro di Vito, il quale ritiene sia mancata un’efficace prevenzione e che per questo «il rischio di nuove frane nell’imminente è concreto».
Il capo della Protezone Civile Fabrizio Curcio ha commentato: “Mi trovo a parlare di prevenzione solo durante le emergenze, è drammatico a tutti i livelli. Oggi siamo qui a parlarne perché purtroppo c’è una tragedia. Dobbiamo ampliare il tema delle discussioni anche quando non siamo all’interno di un evento drammatico. C’è anche la prevenzione strutturale. O noi mettiamo in sicurezza le nostre infrastrutture, oppure è evidente che non è sufficiente”. Peccato però che ogni volta si ripetono sempre le stesse cose, frasi fatte e rifatte, e puntualmente si verificano nuove tragedie. E’ proprio così difficile fare prevenzione? E’ forse impossibile individuare le zone a rischio con una mappatura dei territori soggetti a maggior rischio idrogeologico,mettendo in atto quella opera di manutenzione necessaria, se non proprio a scongiurare del tutto, quantomeno a contenere i danni che un evento calamitoso può provocare? Possibile che ogni volta ci si debba interrogare se la tragedia poteva e meno essere evitata?
Il Governo intanto ha stanziato, su proposta del ministro per la Protezione Civile, i primi due milioni di euro dichiarando lo stato di emergenza che durerà un anno. Al primo stanziamento, ha spiegato il ministro Nello Musumeci ne “seguiranno altri non appena avremo una ricognizione dei danni e delle esigenze immediate. Diverso il ragionamento sul piano di ricostruzione che riguarderà strutture pubbliche e private”.
L’esecutivo ha poi nominato Simonetta Calcaterra commissaria per la gestione dell’emergenza.
E nel frattempo divampa la polemica politica. Come detto alcune delle abitazioni travolte risultavano essere abusive. Sotto accusa è così finito il leader del Movimento 5Stelle Giuseppe Conte per un condono che il suo governo avrebbe autorizzato nel 2018 e che avrebbe permesso di sanare anche quegli abusi. Nel Decreto sul Ponte di Genova del 2018 infatti è contenuto un articolo che semplifica le procedure di sanatoria, in realtà aperte da circa quarant’anni.
L’ex premier però non ci sta, e ospite di Lucia Annunziata a Mezz’Ora in più si è difeso dicendo: “Per accelerare le pratiche impantanate noi abbiamo introdotto l’articolo 25 che non è un condono, ma una procedura perché si espletasse più celermente l’esito delle pratiche. È uno dei primi dossier che abbiamo assolto con senso di responsabilità cercando di sbloccare una situazione che c’era senza derogare ai vincoli idrogeologici. Era una procedura di semplificazione”.
Tuttavia Repubblica contesta la ricostruzione di Conte. “Con l’articolo 25, che porta nello stesso nome la parola condono (“Definizione delle procedure di condono”) – scrive il quotidiano – in sostanza è stata data la possibilità di riaprire i termini di un vecchio condono – quello del 1985 – e sanare gli abusi costruiti negli anni”.
Il leader di Italia Viva Matteo Renzi attacca: “Conte dice che il provvedimento di Ischia non era un condono. L’articolo 25 del suo decreto legge parla esplicitamente di procedure per il condono ad Ischia. Giuseppe Conte si deve vergognare! Vergognare per il condono di Ischia e per aver chiuso l’unità di missione sul dissesto idrogeologico”. Se fu condono o una semplificazione delle procedure di sanatoria cambia poco, non è la forma a cambiare la sostanza. Quelle case lì non ci sarebbero dovute essere anche se erano state realizzate da anni e da anni aspettavano di essere messe in regola. Ma purtroppo, come si è detto molte volte, madre natura prima o poi presenta il conto a chi l’ha letteralmente deturpata.
Ad ogni modo le polemiche politiche, per quanto inevitabili, non possono certo riportare in vita le povere vittime di una tragedia che comunque ormai è sotto gli occhi di tutti.
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