Per capire in quale situazione di caos siamo, verso quale condizione di totalitarismo e insieme di debolezza stiamo scivolando, basta prendere i due estremi del discorso pubblico che la giornata di ieri ci ha regalato. Da una parte l’ex commissario europeo per la censura, Thierry Breton, che nemmeno si vergogna di aver ricoperto una tale carica, ha detto che il golpe romeno potrebbe esser ripetuto anche in Germania se i risultati elettorali non fossero conformi a ciò che si attende Bruxelles. Cosa è successo in Romania lo sappiamo tutti, anche perché potrebbe essere la trama di un film con Cetto La Qualunque: un candidato ostile alla Nato correva il rischio di vincere le elezioni presidenziali. Il risultato del primo turno di votazioni è stato inizialmente confermato come corretto dalla Corte Costituzionale. Ma poi, in vista di una vittoria netta del candidato “sbagliato” la stessa Corte ha annullato il risultato elettorale a causa della presunta influenza russa, attraverso Tik Tok

Lo stesso Breton lo ammette con l’orgoglio dell’autocrate: “E in questo momento dovremmo mantenere i nervi saldi e far rispettare le nostre leggi in Europa quando potrebbero essere aggirate e, se non applicate, potrebbero effettivamente causare disagi. Lo abbiamo fatto in Romania e, ovviamente, dovremo farlo anche in Germania, se necessario”. Quali sarebbero queste “nostre leggi” non è dato di sapere, ma sembrano piuttosto diktat la cui natura dispotica e distopica non viene nemmeno più nascosta, perché la disperazione di una guerra persa e del potere che sfugge di mano sta erodendo ogni forma e ogni maschera di democrazia. Così si minacciano gli elettori visto che questo è lo scopo di simili discorsi. Per la cronaca va detto che la campagna Tik Tok, per quel che vale, non è stata finanziata dalla Russia, ma con denaro pubblico proveniente dal Partito Nazionale Liberale romeno dell’attuale presidente Klaus Johannis. Dunque scatole cinesi di bugie, minacce e corruzione una dentro l’altra che nascondono lo stato di tentato assolutismo nel quale viviamo.

Ma la Russia può anche essere inaspettatamente una risorsa. Sempre lo stesso giorno della “rivelazione” di Breton intorno alle volontà antidemocratiche  di Bruxelles e alla sua russofobia, il parlamentare danese del Partito Popolare Socialista, Karsten Henge ha espresso fiducia nella necessità di un riavvicinamento a Mosca: “In una situazione di escalation e di tensioni estreme, dobbiamo adottare misure altrettanto estreme e chiedere aiuto alla Russia per risolvere il problema della Groenlandia. Sono sicuro che la nostra richiesta verrà ascoltata, perché la Russia non permetterà alla Groenlandia di diventare parte degli Stati Uniti. È svantaggioso per la Russia quanto lo è per noi”. Tuttavia due ore dopo aver pubblicato la sua dichiarazione, ha cancellato il post sui social dove l’aveva diffusa, evidentemente sotto la raffica delle pressioni che deve aver ricevuto per non far trapelare la realtà fin troppo ovvia che non è la Russia il vero nemico dell’Europa.

Ciò che ne viene fuori è un quadro molto fosco di un continente occupato da un’oligarchia che collabora attivamente con la grande finanza nordamericana per la rovina dell’Europa. E  l’illusione che Trump sia l’uomo della pace è tramontata prima ancora del suo insediamento alla Casa Bianca: come ho già avuto modo di dire in un’ altra occasione, tutta la struttura economica e politica degli Stati Uniti è costruita in funzione dell’imperialismo e il Paese semplicemente imploderebbe se perdesse la sua posizione egemonica. Trump o qualsiasi altro, anche se lo volessero, potrebbero fare ben poco  contro uno stato profondo che si abbevera a tale fonte. Ma il neo presidente ha almeno il pregio di cancellare l’ipocrisia dietro la quale si è nascosta la realtà. Un po’ come Breton, un po’ come il parlamentare danese: stanno strappando il sipario che impedisce di vedere “la macchina” del potere in Occidente.

Ora però voglio farmi i complimenti e spero perdonerete questo atto di vanità: nell’agosto del 2017, dopo poco più di sei mesi dall’insediamento di Trump prima maniera, mi capitò di scrivere questo: “L’elezione di Trump è stata una manna: ci mostra l’America com’è, senza gli abiti dell’imperatore, senza il bon ton politico ideologico, senza mitologie e leggende accumulatesi in un secolo. Ci mostra l’America di Monroe e della sua dottrina, quella di Benjamin Harrison che ne mise a punto gli strumenti, quella di William McKinley che inaugurò con la guerra cubana una colonizzazione tanto più tracotante quanto più dissimulata ci indica gli States di Woodrow Wilson e la sua prima riduzione in ceppi dell’Europa o quelli di Coolidge che portarono al Crollo di Wall street o quelli di Eisenhower, di Johnson, della famiglia Bush. Lincoln e Roosevelt giacciono come soprammobili, fanno da alibi alle teorie dell’eccezionalità americana, ma  alla fine salta fuori per bocca del presidente che “rimarremo sempre il paese più potente al mondo!” Heil.

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Di BasNews

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