Pier Paolo Caserta 

De-sessualizazione dell’individuo e de-conflittualizzazione delle società camminano insieme.
Spacciata come linea del fronte della più cruciale battaglia di civiltà, la disarticolazione dell’identità sessuale è una conseguenza dell’affermazione dell’individualismo competitivo e un riflesso della disarticolazione delle relazioni sociali, nonché del radicale progetto di disumanizzazione al centro dell’universo tecnocratico e del transumanesimo sua emanazione ideologica.

La culla del transumanesimo, del resto, coincide con il cuore del potere economico, cioè la Silicon Valley. L’ideologia transumana si propone il superamento dei limiti dell’uomo, compresa la stessa corporeità, attraverso la tecnologia. In quest’ottica, i transumanisti sostengono espressamente l’ibridazione uomo-macchina come chiave di volta per conseguire un salto evolutivo. Ma nella fusione dell’uomo e della macchina (intelligenza artificiale) non è quest’ultima a umanizzarsi, ma il primo a disumanizzarsi. Questo processo è già ampiamente in atto: il pensiero umano, imbrigliato nei protocolli della Tecnica, sta diventando sempre più tecno-morfo. Di qui derivano i rischi di questa ideologia che, nella misura in cui pretende di sbarazzarsi di una componente fondamentale della natura umana, è in primo luogo una forma di ùbris, che oggi sta diventando egemone, perché poggia sul potere economico di Big Tech. Inoltre, per cogliere appieno tutte le corrispondenze di segno in gioco, bisogna notare anche che l’uomo-macchina, esito finale preconizzato dal transumanesimo, è per definizione anche de-sessualizzato, in quanto la pretesa liberazione dalla corporeità e dai suoi limiti porta con sé il superamento dell’identità sessuale. Per questa via si può già intuire come il transumanesimo si inscriva nel più ampio orizzonte del politicamente corretto e costituisca, dunque, l’estremo avamposto ideologico del dominio tecnocratico. Andando ancora più alla radice, se si pretende di sopprimere la corporeità si cancella anche la dialettica bisogni-soddisfacimento e quindi la dimensione sociale. È l’essenza ideologica dell’uomo eternizzato attraverso il mito scientista. In questa cornice ideologica, la regressione del cittadino a tecno-suddito, indotta dal capitalismo digitale, con la conseguente monadizzazione e iper-frammentazione dell’individuo, e la disarticolazione dell’identità sessuale sono due processi che si rinsaldano a vicenda. Sono parte dello stesso pacchetto, del medesimo progetto di ristrutturazione antropologica. La Tecnocrazia presuppone la riduzione del cittadino a tecno-suddito, che dipende dalla Tecnica e dai suoi apparati, pensa in modo tecno-morfo. recepisce l’agenda dettata dall’èlite tecno-finanziaria (mentre si pensa emancipato), ha rimosso l’orizzonte della lotta sociale ed è pronto a tuffarsi nelle braccia salvifiche del mercato.

Il capitalismo digitale, che spinge il dogma del Mercato alle conseguenze estreme, oltre che più disfunzionali e alienanti, isola e divide in modo più perentorio e definitivo rispetto alle precedenti forme storiche del Capitalismo. L’individuo definitivamente atomizzato è il consumatore perfetto: passivo, socialmente e politicamente inerte, inconsapevole.
È tendenzialmente inconsapevole, anzitutto, del fatto stesso di consumare, in quanto il capitalismo digitale non ha bisogno di altro che di “mettere a disposizione” una connessione e le piattaforme “gratuite”. Il resto lo fa l’ingegneria comportamentista altamente manipolatoria elaborata dai “capitalisti della sorveglianza”. Il risultato? In primo luogo utili stratosferici, che non hanno termini di confronto nelle prime tre rivoluzioni industriali, per le grandi multinazionali digitali. Ma anche la chiave e lo strumento per una radicale rimodulazione antropologica. Il Capitalismo digitale o “di sorveglianza” ha compiuto un salto di qualità fondamentale, perché il consumatore compra senza più nemmeno sapere di comprare e consumare, è anzi egli stesso in vendita e lo è costantemente, in ogni momento in cui è online e cioè quasi sempre; è in vendita, dunque, in modo costante e parcellizzato; a essere in vendita è la totalità della sua esperienza, ma scomposta, è ogni sua singola azione di “social media marketing”. Per questa e per tante altre ragioni affini e correlate, l’odierno capitalismo si distingue da quello “solido” novecentesco per essere, contrariamente a quello, subdolo e sfuggente. Diversamente dal capitalismo industriale del Novecento, che con gli avversari doveva pur confrontarsi, al punto che condivideva in qualche modo con essi una stessa grammatica e dunque anche nella durezza dello scontro poteva ancora rispettarli, l’odierno Capitalismo digitale e di sorveglianza non riconosce nulla ai suoi avversari. Non si mostra, si nasconde, non si pone mai faccia a faccia, non sta in piedi dritto di fronte ai suoi avversari, bensì vuole entrarvi dall’interno; non riconosce, dei suoi avversari, propriamente nemmeno l’integrità coscienziale, non li legittima come interlocutori perché il suo gioco è quello di dissolverne l’identità stessa, rendendoli inoffensivi e subalterni, annullati nel molteplice irricostruibile del flusso del loro “io digitale”. Siamo così oltre lo stesso individualismo atomistico: se il capitalismo tradizionale aveva bisogno della corporeità e quindi dell’unitarietà del lavoratore, il capitalismo digitale si è spinto a smembrare l’individuo per commerciarlo in pezzi finissimi, in infinite merci chiamate dati, con il risultato senza precedenti che la coscienza sociale è stata definitivamente dissolta. Ad essa si intende sostituire l’”io digitale” al centro del transumanesimo.

A questo tipo di capitalismo, naturalmente, non può corrispondere altro se non una forma oligarchica di gestione del potere. Negli ultimi vent’anni il Capitalismo si è profondamente ristrutturato, assumendo l’architettura dell’attuale capitalismo digitale, o “di sorveglianza”. Le capacità manipolatorie di questo tipo di capitalismo sono senza precedenti e hanno determinato una vera e propria mutazione antropologica.

Nell’attuale configurazione ideologica e di potere dobbiamo in effetti distinguere tre elementi strettamente integrati tra loro: 1) l’ossatura economica, rappresentata dal capitalismo digitale; 2) la Tecnocrazia, che costituisce la forma di organizzazione politica, cioé un regime radicalmente anti-democratico e oligarchico che, almeno ad oggi, necessità di conservare la forma della democrazia per svuotarla di significato dall’interno; 3) il politicamente corretto, che costituisce l’insieme delle strutture di giustificazione e l’ideologia al servizio dei primi due elementi, cioè del potere economico e politico. Il transumanesimo è lo sviluppo ultimo dell’ideologia politicamente corretta così come la Tecnocrazia è la forma finale del neoliberalismo.

Se il regime tecnocratico è l’evoluzione del neoliberalismo, e del neoliberismo suo asse portante, allora la versione finale del consumatore è il tecno-suddito, abituato a pensarsi, a prolungarsi e in definitiva a risolversi negli apparati e nei protocolli della Tecnica. A pensare in modo tecno-morfo, ossia sempre all’interno dell’orizzonte delineato dal potere, all’interno dell’ecosistema valoriale definito dalla tecnocrazia neoliberale: politicamente corretto, femminismo e neofemminismo, pari opportunità, ambientalismo all’acqua di rose, transumanesimo. In linea di massima, il tecno-suddito non può essere definito ignorante in senso classico. Se i regimi assolutistici e paternalistici tradizionali mantenevano i sudditi in una condizione di ignoranza, l’odierna Tecnocrazia alimenta molto volentieri la percezione e il vezzo di sentirsi colti, emancipati. La forma tipica del tecno-suddito è piuttosto il semi-colto che si riconosce nei valori “progressisti”. In questo modo si è riusciti persino a presentare come emancipazione il culmine dell’alienazione e della mercificazione, con grande zelo dei subalterni, che del resto possono dire tutto quello che vogliono o quasi, ma senza poter incidere, in un incessante rumore bianco prodotto dalle loro voci che si ramificano nelle molte protesi digitali messe a loro disposizione, sterilizzandosi.

L’èlite tecno-finanziaria, dunque, mira alla distruzione della coscienza sociale, che si ottiene sostituendo ad essa il ben più innocuo io digitale. Questa èlite è oggi convinta che il transumanesimo, con il suo corollario del superamento delle differenze sessuali, sia l’ideologia più funzionale ai propri interessi e sostiene concretamente il movimento Lgbt+ di conseguenza. All’iper-frammentazione dell’individuo sul piano cognitivo corrisponde l’iper-frammentazione della percezione identitaria soggettiva sulla base di distinzioni di genere. Si riscontra per altro in misura crescente come questa domanda sia oggi culturalmente indotta in modo precoce anche nei pre-adolescenti. La parcellizzazione dell’individuo, finalizzata alla mercificazione di tutti i suoi aspetti, e la disarticolazione dei sessi camminano dunque insieme, come anche la de-sessualizzazione dell’individuo e la de-conflittualizzazione della società: rappresentano, infatti, i risultati di un unico progetto ideologico sovraordinato e dell’insieme dei processi che devono realizzarlo: il dissolvimento della coscienza sociale e la sua sostituzione con l’io digitale, ben più inerte, docile (o violento, ma in questo caso non dirige la sua violenza verso il potere), passivo, duttile, orientabile. Le energie che potrebbero indirizzarsi contro il potere devono essere convogliate altrove. L’io digitale può pensarsi soggettivamente come vuole, in cambio della raggiunta inazione collettiva, sociale, politica. Può scegliere il micro-frammento nel quale desidera identificarsi ma non risalire alla pienezza e all’integrità della sua coscienza sociale.

Fonte:

http://www.linterferenza.info/attpol/tecnocrazia-transumanesimo-disarticolazione-dei-sessi/

Di BasNews

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