di Dante Barontini – Contropiano
Una strage sul lavoro. Come tante altre e che fa notizia anche sui media di regime non solo per la dimensione – cinque morti – ma anche per l’orrore delle modalità.
I cinque operai, insieme ad altri due rimasti casualmente solo sfiorati, sono stati travolti da un treno mentre stavano lavorando sui binari della linea ferroviaria Torino-Milano, vicino alla stazione di Brandizzo, in Piemonte.
I corpi di Michael Zanera, 34 anni, di Vercelli; Giuseppe Sorvillo, 43 anni, di Brandizzo; Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni, di Vercelli; Giuseppe Aversa, 49 anni, di Chivasso; Kevin Laganà, 22 anni di Vercelli sono stati frantumati e sparsi nel raggio di centinaia di metri.
I due sopravvissuti sono rimasti sotto choc. Così come il macchinista del treno, in cabina con un secondo collega, come da regolamento rimasto in vigore, nonostante I pluridecennali tentativi di sostituirlo con un meccanismo “automatico” risalente agli anni 30 del secolo scorso e chiamato significativamente “uomo morto”, perché si attiva solo quando il macchinista alza il piede da un pulsante, nel caso di un malore.
Ora, come sempre, si parla delle indagini, della visione delle telecamere sul tracciato e in cabina, ecc.
E certamente i dettagli tecnici di questa singola tragedia dovranno essere accertati con molta attenzione.
Ma quel che si sa è sufficiente a far dire che la responsabilità principale sta nella logica del “taglio dei costi” applicata alle ferrovie come a centomila altre imprese, non importa se pubbliche (come le Fs) o private.
Lasciamo parlare I fatti.
I cinque operai erano tutti dipendenti della società Sigifer di Borgo Vercelli, non ferrovieri. Un classico caso di “esternalizzazione”, insomma, che vede lavoratori non del settore muoversi in un ambiente altamente pericoloso e che conoscono solo per sommi capi, chi con più esperienza, chi con meno.
Certamente esistono procedure che governano i casi di manutenzione della linea (si tratti di binari o di linee elettriche), e altrettanto certamente saranno state rispettate per come si può in piena notte, con l’ordine di fare presto e senza interrompere il traffico (peraltro già molto limitato dall’ora).
In quelle condizioni, insomma – fretta, scarsa visibilità, lavoratori di settori e aziende diverse (metalmeccanici e ferrovieri) – è molto più facile che si creino quei “difetti di comunicazione” che ora vengono invocati come “cause” della strage anziché come “risultati” pressoché inevitabili di ristrutturazioni, riduzioni di personale, esternalizzazioni e subappalti.
Due numeri per capire di cosa si sta parlando.
Il treno investitore stava viaggiando a 160 chilometri l’ora. Quindi il macchinista non sapeva che c’erano lavori in quella tratta, oppure era stato male informato sul luogo esatto. Altrimenti avrebbe ridotto la velocità fino ad andare a passo d’uomo.
E gli operai, a loro volta, non erano in condizioni di poter sentire che il convoglio stava arrivando (e pure, a quella velocità, fa un rumore impressionante).
Attualmente, certifica il sito di Ferrovie dello Stato, sono circa 83.000 i dipendenti diretti, tra personale viaggiante, dirigenti, impiegati, addetti alla sicurezza, ecc.
Erano 220.000 prima della “cura” neoliberista, che vide tra i principali protagonisti Mauro Moretti, ex segretario generale della Filt Cgil che saltò dall’altro lato della barricata venendo nominato amministratore delegato del gruppo Fs (finendo per essere processato per la strage di Viareggio).
Era l’epoca della grandi “privatizzazioni”, studiate da Mario Draghi (allora “solo” direttore generale del ministero del Tesoro), decise dai governi di centrodestra e centrosinistra (da Berlusconi a Prodi, a D’Alema), controfirmate da Pierluigi Bersani come ministro dello sviluppo economico.
In pratica, con una rete ferroviaria praticamente delle stesse dimensioni, con un core business focalizzato sull’alta velocità a discapito delle tratte regionali (oramai quasi totalmente delegate ad aziende subcontrollate, con una mission “manageriale” orientata al massimo risparmio), con un mare di aziende private collaterali chiamate a svolgere singoli lavori (come la Sigifer della tragedia di cui ci stiamo occupando) lavora appena un terzo dei dipendenti di 30 anni fa.
Se cercate una ragione, delle cause vere e dei colpevoli, dovete cercare nella fame di profitto, nel “taglio della spesa pubblica”, nella politica e nel management.
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