ROMA - Senato, dichiarazioni di voto e voto sul ddl per l' Autonomia differenzia nelle regioni a statuto ordinario, nella foto Roberto Calderoli (ROMA - 2024-01-23, Stefano Carofei) p.s. la foto e' utilizzabile nel rispetto del contesto in cui e' stata scattata, e senza intento diffamatorio del decoro delle persone rappresentate

di massimo Spread

600.000 firme in poco più di una settimana. Nell’Italia sempre più disincantata e cinica nei confronti della classe politica il successo della raccolta firme organizzato dall’opposizione (di nuovo unita, da Conte a Renzi) per fermare la riforma dell’autonomia differenziata rappresenta senza dubbio un campanello d’allarme del governo.

Campanello che il padre della riforma, il ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli, cerca di silenziare spiegando che il referendum presenterebbe chiari elementi di incostituzionalità e che verrà bocciato dalla Corte Costituzionale.

Calderoli ha spiegato che l’interconnessione della riforma con la legge di bilancio (notoriamente non sottoponibile a referendum secondo la nostra Costituzione) renderebbero inammissibile un ricorso al voto popolare. Ha poi citato gli articoli 116 e 117 della Costituzione, che regolano l’autonomia regionale e i livelli essenziali delle prestazioni (LEP), ricordando infine come fosse stata proprio la sinistra a volere, oltre vent’anni fa, quella riforma del Titolo Quinto della Costituzione che ha di fatto reso possibile la riforma.

Una risposta “legalistica” che dà qualche ragione ai partiti di opposizione quando dicono che questo è il segnale che la maggioranza teme il vasto consenso popolare ottenuto dall’iniziativa, per di più nel periodo agostano, quando gli italiani hanno di solito altro a cui pensare.

Non c’è dubbio che finora la maggioranza – che pure è guidata da un partito romano come Fratelli d’Italia – abbia finora sottovalutato le proteste che nel Sud del Paese (ma non solo) si sono levate nei confronti di una riforma percepita come divisiva e pericolosa.

Paradossalmente, la riforma stessa è stata tacciata in incostituzionalità: secondo alcuni critici la legge violerebbe i principi fondamentali di unità e indivisibilità della Repubblica, così come il principio di uguaglianza tra i cittadini. La Regione Puglia si è già mossa su questi presupposti, impugnando la norma davanti alla Corte costituzionale, sottolineando che l’estensione delle competenze regionali prevista dalla legge Calderoli è una minaccia all’unità nazionale.

Calabria e Campania invece hanno aderito entusiasticamente alla raccolta firme; la gente è preoccupata in particolare dalle possibili conseguenze della riforma su settori cruciali come la sanità e l’istruzione, già disastrate in queste regioni.

Giorgia Meloni ha preferito per ora intervenire il meno possibile sul tema, lasciando l’iniziativa alla Lega nella speranza di portare a casa quel premierato sul quale il partito di Salvini era stato a lungo scettico. Una strategia che potrebbe non pagare, anche perché il rischio di emorragia di voti nel Meridione, se l’opposizione riuscirà a far passare la narrativa secondo la quale questo è un governo che ha a cuore solo gli interessi del Nord, potrebbe mettere Giorgia in seria difficoltà.

Tanto più che la terza gamba della maggioranza, quella Forza Italia sempre più ringalluzzita dal buon risultato alle Europee e dall’aumentato interessamento nei confronti del partito da parte della famiglia Berlusconi, sembra pronta ad affossare l’Autonomia. Il segretario Antonio Tajani, parlando come ministro degli Esteri, ha già espresso i suoi dubbi sulla sensatezza di lasciare una materia strategica come il commercio con l’estero all’iniziativa delle Regioni. «Serve una politica nazionale, l’export costituisce il 40% del PIL – ha soiegato –. Non possiamo scherzare su questo argomento. Bisogna essere chiari, anche sulle competenze, che non vogliono siano sottratte al ministero degli Esteri». Ragionamento molto simile a quello fatto da un importante esponente dell’opposizione, il sindaco di Bologna Matteo Lepore, secondo il quale “l’autonomia differenziata sarà la nostra Brexit. Spezzare il Paese vuol dire ammazzare la sanità pubblica e il trasporto pubblico mentre abbiamo bisogno di scommettere sui Comuni, sugli enti locali e sull’unità nazionale”.

La battaglia è appena iniziata, e l’oggettiva vicinanza tra opposizione e Forza Italia fa pensare che la Meloni dovrà avere la forza di combatterla in prima linea se vorrà vincerla.

Fonte:

Di BasNews

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