Piccolo scivolone del Segretario della Nato Jens Stoltenberg, che in una conferenza stampa tenuta il 25 novembre ha ribadito la politica della porta aperta della Nato, aggiungendo che “abbiamo ribadito la decisione che abbiamo preso nel 2008, a Bucarest, a quel vertice, sul fatto che l’Ucraina diventi un membro della NATO”.
Insomma, già nel 2008 era stato deciso che Kiev entrasse nella Nato e la sua adesione era solo questione di tempo. Ciò nonostante il fatto che la Russia avesse detto più e più volte, e ribadito in seguito più e più volte, che l’ingresso dell’Ucraina nella Nato rappresentava per Mosca una sfida esistenziale inaccettabile, cosa peraltro nota a tutti gli analisti e politici americani (vedi, ad esempio, gli allarmi lanciati al tempo da Biden e dall’attuale capo della Cia William Burns).
L’intervento in Libia e la strage di Utoya
Un uomo per tutte le stagioni Stoltenberg, che nel 2011, allora primo ministro della Norvegia, trascinò il suo Paese in guerra, aderendo all’appello degli Stati Uniti per intervenire in Libia nonostante le informazioni ricevute da oltreoceano non fossero sufficienti a giustificare l’intervento, come denunciò una commissione d’inchiesta norvegese successiva.
Nonostante il tragico e sanguinoso caos nel quale è precipitata la Libia dopo l’intervento Nato, Stoltenberg ha ribadito più volte che era stata una scelta giusta per salvare i civili (tanti dei quali, peraltro, morirono sotto le bombe Nato).
Nell’anno dell’intervento in Libia, Stoltenberg fu anche protagonista indiretto del tragico attacco subito dal suo Paese il 22 luglio (due volte 11 per gli appassionati di numerologia, con l’11 numero ricorrente nelle azioni del Terrore).
L’attacco fu attribuito al neonazista Anders Breivik, quando ancora i neonazisti non erano alleati della Nato. Breivik fece esplodere un’autobomba sotto il palazzo del governo e tre ore dopo iniziò a sparare contro i ragazzi che partecipavano a un campo scuola sull’isola di Utoya, uccidendone 77 e ferendone altre decine.
Attentati che furono facilitati dalla leggerezza della Sicurezza, che, nonostante avesse contezza di minacce incombenti, lasciò libera al traffico la strada che conduceva ai palazzi del potere, permettendo all’attentatore di parcheggiare tranquillamente il furgoncino pieno di esplosivi sotto il palazzo del governo (Stoltenberg era assente).
Non solo, l’attentatore venne riconosciuto subito: appena dieci minuti dopo l’esplosione, la Sicurezza fu avvertita da una telefonata che indicava loro l’uomo sospetto, dettagliando come era vestito (da poliziotto) e il veicolo sul quale si era allontanato dopo l’attentato, con tanto di targa.
Nessun allarme nazionale fu diramato, così che i ragazzi di Utoya non ebbero contezza del rischio se non quando l’uomo in divisa (non si era nemmeno cambiato d’abito) iniziò a sparare su di loro; né furono approntati posti di blocco in città, che avrebbero potuto impedire all’attentatore di circolare liberamente e giungere a Utoya.
Tutto questo è stato accertato da una commissione d’inchiesta norvegese, insieme ai tanti inconvenienti convergenti che impedirono alla sicurezza di intervenire tempestivamente: l’elicottero delle forze speciali non poté essere usato perché il personale era in vacanza; il gommone usato dalle forze speciali per giungere all’isola ebbe un contrattempo fatale, da cui la necessità di ripiegare su barche private; ai poliziotti giunti per primi sul luogo della strage fu detto di non intervenire, ma di limitarsi a monitorare la situazione…
La strada per la guerra
Tanti i punti oscuri, insomma, riguardo l’accaduto, che avrebbero potuto indurre la autorità almeno a una seria riflessione sulla loro inadeguatezza. Ma Stoltenberg non si dimise, anzi, la partecipazione alla guerra libica e l’eccidio successivo gli conferirono una visibilità e un’aura di autorevolezza prima ignota, tanto da essere prescelto alla guida della Nato.
ora questo incapace guerrafondaio si muove e parla come fosse il dominus del Vecchio Continente, soffocando con la sua vacua e incendiaria prosopopea le voci che si levano per chiedere l’avvio di negoziati.
Ma tornando all’adesione dell’Ucraina alla Nato, torna alla memoria quanto ebbe a dire il consigliere di Zelensly Oleksiy Arestovych in un’intervista rilasciata nel 2019: “Il nostro prezzo per entrare a far parte della NATO è una grande guerra contro la Russia, che ha una probabilità di accadere del 99,9%”.
Tutto come previsto nel dettaglio. E ora che gli incendiari hanno dato fuoco al mondo strillano scandalizzati perché sull’Ucraina piovono missili russi.
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