Si è svolto un tavolo tecnico Nazionale dell’area di crisi complessa del settore dell’ automotive istituito da MIMIT, MASE, Anpal Nazionale, Invitalia, Regione Basilicata e Comune di Melfi, che ha approvato il piano di rilancio e di riconversione del settore automotive della Basilicata. Si è discusso del futuro dello stabilimento di San Nicola di Melfi, della salvaguardia e del rilancio dell’indotto, degli ammortizzatori sociali e dell’area di crisi industriale complessa. È stato anche ufficializzato che, si è concluso l’iter tecnico dei bandi di area di crisi complessa che nei prossimi dieci giorni dovrebbero avere la firma dei Ministri e del Presidente della Regione Basilicata e che nel mese di gennaio potranno essere operativi.
Ma al di là di quelle che ad oggi sono promesse e sin quando non saranno attuate, bisogna anche prendere atto che Stellantis continua, imperterrita, nell’opera di smantellamento di quel poco che rimane della sua produzione in Italia. Solo per citare Melfi, lo stabilimento ha perso circa 1.400 lavoratori in soli due anni, portando l’occupazione sotto quota 6 mila.
Nelle scorse settimane, la holding multinazionale nata dalla fusione tra i gruppi Fiat Chrysler Automobiles e PSA ha spedito una mail a 15mila dipendenti italiani – circa un terzo di quelli che sono ancora operativi nella Penisola – proponendo loro, qualora fossero interessati a lasciare l’azienda per seguire “nuovi progetti professionali o personali”, l’uscita volontaria. Il tutto al netto di qualsiasi discussione preventiva con istituzioni e sindacati. L’offerta sarebbe già stata accettata da almeno 500 persone, soprattutto tra i dipendenti dello stabilimento di Mirafiori (Torino), ma anche tra quelli di Pomigliano (Napoli) e di Melfi. La “stella polare” di Stellantis sembra dunque essere solo una: la delocalizzazione ad ogni costo.
L’incentivo messo sul piatto dalla holding verrebbe calibrato in maniera diversa a seconda dei singoli lavoratori a cui è indirizzato, in base ad una “clausola di sicurezza” riferita all’anzianità e all’età. I lavoratori hanno la possibilità di accettare o rifiutare entro il 31/12/2023. All’offerta, che oltre agli incentivi citati prevede una “indennità di mancato preavviso”, si aggiungono “le ulteriori competenze di fine rapporto” ed il “diritto alla Naspi”. L’ipotesi che nelle prossime settimane ad aderire saranno in molti è estremamente concreta, specie perché Stellantis arriva a proporre, a seconda dei casi, anche fino a 160 mila euro.
Ma non si dimentichi l’entità degli aiuti ottenuti dalla Fiat da parte dello Stato italiano negli ultimi decenni. Dal 1975 ad oggi, sommando tutte le voci (tra cui cassa integrazione per i dipendenti, prepensionamenti, rottamazioni, costruzione di stabilimenti), essi ammontano all’enorme somma di 220 miliardi di euro. Al contempo, però, i numeri degli occupati di Stellantis in Italia sono da anni in caduta libera.
Le mie perplessità non sono sulla Regione Basilicata perché bisogna riconoscere che il Presidente Bardi sta facendo un lavoro importante affinché lo stabilimento di Melfi abbia un futuro ma sulle reali intenzioni della holding multinazionale con sede, oggi, nei Paesi Bassi.
Gino Giorgetti, consigliere Regione Basilicata (Gruppo Misto)