Il cuore della politica mondiale si sposterà per qualche giorno a Samarcanda. Nella città simbolo dell’antica Via della Seta è in programma per questa settimana (il 15 e il 16 settembre) un vertice tra le potenze dell’Asia e dell’Eurasia che potrebbe incidere sugli attuali assetti economico-strategici del mondo.
A Samarcanda si incontreranno infatti i rappresentanti di Cina, Russia, India, Pakistan, Iran, Uzbekistan, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan per il summit dello Sco (l’Organizzazione di Shanghai per la cooperazione). E già questo è di per sé un fatto politicamente rilevante, perché consente a Putin di attenuare l’isolamento internazionale dovuto alle sanzioni per la guerra in Ucraina. Il vertice di Samarcanda si presenta, in questa fase, come una sorta di G7 alternativo, dove la Russia non è nel ruolo di accusato ma di elemento propulsore. Anche perché parliamo di un gruppo di Paesi che rappresentano oltre la metà della popolazione mondiale, se consideriamo anche le aperture economiche dello Sco a Brasile e Sudafrica.
Non meno importante sarà poi l’incontro diretto tra Vladimir Putin e Xi Jimping, all’indomani delle manovre militari congiunte di Russia e Cina. I due leader non si incontrano dal febbraio scorso. Fu in occasione dell’apertura delle Olimpiadi invernali di Pechino, pochi giorni prima dell’intervento russo in Ucraina. L’incontro venne interpretato come una sorta di approvazione cinese all’iniziativa militare di Mosca. Oggi il meeting avviene nei giorni di grandi difficoltà russe sul campo militare e verrà sicuramente utilizzato da Putin per recuperare i punti persi sul piano politico.
Ma non è neanche qui il punto cruciale del vertice di Samarcanda. Questo punto sta nel fatto che nel Summit potrà essere messa a punto la strategia per insidiare l’impero del dollaro sul piano mondiale, il vero punto di appoggio dell’egemonia americana: il fatto che il biglietto verde sia la moneta di riserva internazionale e il riferimento degli scambi commerciali a livello mondiale concede agli Usa il predominio finanziario, con tutto ciò che ne consegue sul piano politico.
È da tempo che sia la Russia sia la Cina cercano una via per affrancarsi dall’impero internazionale del dollaro e ora pare venuta l’occasione per compiere un passo in avanti. Il colosso degli idrocarburi cinese China National Petroleum Corporation (Cnpc) ha già siglato un accordo con il gigante dell’energia russo Gazprom per il pagamento delle forniture di gas in rubli e yuan, riducendo quindi la dipendenza russa dal dollaro e dall’euro.
L’obiettivo è stato fissato da Putin e da Xi in una videoconferenza avvenuta agli inizi di dicembre dello scorso anno. In tale occasione i due leader hanno evidenziato la necessità di «accelerare gli sforzi per la costituzione di una struttura finanziaria indipendente al servizio degli scambi commerciali tra Russia e Cina». Adesso Mosca e Pechino provano a coinvolgere altri Paesi in tale circuito.
Finora era sembrato che Pechino non avesse fretta di rompere il monopolio mondiale del dollaro, nella prospettiva di affiancare lo yuan al dollaro come moneta di pagamento negli scambi commerciali tra Paesi.
Ma il precipitare degli eventi su scala internazionale, con la guerra in Ucraina e le tensioni nel Mar Cinese meridionale, possono spingere Pechino ad accelerare i tempi. Ne vedremo delle belle. Forse tra breve.
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