Ci sono talmente tante cose da dire sulla Siria e sulla sua implosione che alla fine ne vengono dette troppe e troppo confuse, non solo dal giubilante mainstream che sa solo fare la danza della pioggia, ma anche dall’informazione alternativa. Così per puro spirito di servizio, perché vi assicuro che mi pesa, cercherò di mettere in ordine gli eventi, designare vincitori e vinti per quanto è possibile e le conseguenze a breve termine. Naturalmente non sono onnisciente e sebbene abbia qualche contatto nell’area mediorientale è difficile cavalcare una realtà così magmatica. Sarebbe meglio una tigre e perciò mi avvarrò anche di molti contributi di persone che sono sul campo e non combattono con i soldatini nelle redazioni o accomodati negli alberghi di lusso a sfogliare le agenzie perché di ciò che accade attorno a loro non sanno un accidente e ancor meno ne capiscono.
La caduta di Assad
Sappiamo che la linea di potere che oggi si è spezzata risale a circa mezzo secolo fa quando il padre di Bashar al-Assad, ovvero Hafiz al-Assad prese il potere come leader del partito baatista in pratica una delle poche formazione laiche nel mondo arabo. Egli faceva parte della minoranza alauita (spesso citata come alawita), una setta di derivazione sciita che naturalmente divenne la spina dorsale del Paese. Hafiz però riuscì a gestire quel mosaico di culture, mediando e integrando pur nel contesto di un governo autoritario. Rimase trent’anni al potere e poi lasciò tutto al figlio Bashar, che in realtà aveva seguito gli studi di medicina, mentre al potere era destinato il fratello Basil, preparato proprio per questo, ma morto in un incidente stradale. Non stupisce che Bashar si sia rivelato molto meno abile del padre, portando a una situazione di conflitto permanente, aggravato dalle sanzioni economiche occidentali. Lascio qui la parola a un giornalista, Marat Khairullin, che si è fatto oltre un anno di guerra ucraina e che adesso è in Medio Oriente:
“Assad è rimasto saldo in una situazione senza speranza e ha avuto una possibilità nel 2015 sotto forma di aiuti dall’Iran e dalla Russia. Ma non li ha usati, non ha imparato dai suoi errori. In senso più ampio, Assad non si è preso cura del suo popolo che ha sofferto nella guerra civile. Non ha perdonato coloro che si sono opposti a lui e si è rifiutato di iniziare un processo di riconciliazione nazionale. L’Occidente ha imposto dure sanzioni alla Siria e ha fatto tutto il possibile per impedire allo stato di ripristinare le sue entrate dagli stessi giacimenti petroliferi. Ciò ha ucciso tutti i tentativi di iniziare la ripresa economica. E Assad, invece di mollare le redini, ha aumentato il carico fiscale più volte. Il Medio Oriente è un bazar di commerci e piccole imprese che sono l’essenza dello stile di vita della gente qui. Assad, invece di permettere alla gente di sopravvivere nei momenti difficili, ha strangolato tutti con le tasse. Pertanto, la società che ha dato una possibilità ad Assad dopo la prima fase della guerra civile non gli ha dato una seconda possibilità: la gente si è semplicemente rifiutata di combattere per lui.”
Infatti l’esercito non ha nemmeno accennato a una resistenza contro le truppe terroriste di Hts, sigla del movimento di Hay’at Tahrir Al – Sham, capeggiato da Abu Mohammad al-Jolani. D’altra parte sia la Russia che la Turchia hanno tentato di far cambiare registro a Bashar il quale però si è testardamente rifiutato di farlo e si è sempre più chiuso nel suo guscio alauita, prendendo dalla sua setta anche gli alti e incompetenti, oltreché corrotti, ufficiali del suo esercito. Alla fine non è rimasto che abbandonarlo al suo destino, essendo impossibile salvare la situazione senza uno scontro diretto con gli Usa.
Che succede ora
Delle migliaia di articoli comparsi nel mainstream sulla caduta del governo siriano, nessuno si è preoccupato di menzionare il fatto che la milizia sunnita che ha rovesciato Bashar al-Assad è attualmente nella lista delle organizzazioni terroristiche sia del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che dell’Onu. Né hanno detto che il leader del gruppo, Abu Mohammad al-Jolani, ha una taglia di 10 milioni di dollari sulla sua testa offerta dal governo degli Stati Uniti. Nessuna di queste informazioni è stata resa pubblica perché i media non vogliono far sapere che Washington ha appena contribuito a installare un regime terroristico al centro del Medio Oriente, direttamente derivante da al Qaeda e dai resti dell’Isis. Ma è quello che sta realmente accadendo. Sperare come fanno molti siriani che questo migliori le cose e che sia bandita la politica settaria, è veramente sorprendente per la sua ingenuità.
Dal momento che questo esercito terrorista, peraltro più radicale degli stessi Talebani, è stato allevato e armato da Usa e Turchia è impossibile dire cosa succederà: da una parte Hts è un movimento integralista che dovrebbe combattere Israele (ha ricevuto anche le felicitazioni da parte di Hamas), dall’altra essendo legato, per la sua stessa sopravvivenza, al cordone ombelicale dei suoi sponsor non potrà avere mano libera. O meglio dovrà scavarsi una sua strada tra gli interessi, peraltro contrastanti, di Stati Uniti e Turchia, i primi complici e sodali di Israele che ad ogni buon conto ha già occupato un’ampia porzione del territorio siriano, dall’altro la Turchia che si dice dalla parte dei palestinesi e che di fatto gestisce effettivamente il territorio siriano. Sarà caos a lungo e con esiti del tutto incerti, come si può intuire dalle centinaia di interviste a gruppi di ribelli – terroristi, scegliete voi come chiamarli, che da una parte sembrano volere accordi con Tel Aviv e dall’altra invece giurano di voler arrivare a Gerusalemme. Credo tuttavia che Hts cercherà di creare un proprio califfato e non solo in Siria. Chi oggi esulta, potrebbe pentirsene tra qualche mese.
Vincitori e vinti
Di certo la Russia a cui si deve di fatto la sopravvivenza di Assad alla prima guerra terrorista, ne esce in qualche modo malconcia. Ma solo ed esclusivamente nella narrazione. Il fatto è che la caduta della Siria è avvenuta subito dopo il lancio del corridoio terrestre Nord-Sud a piena capacità. Dai porti di San Pietroburgo lungo l’autostrada terrestre transcaspica attraverso l’Azerbaijan e l’Iran fino ai porti dell’Oceano Indiano. Il progetto esemplificato nell’immagine più sotto ha iniziato a essere implementato nel 2000 e da poche settimane è in piena funzione.
Questo significa che la base navale di Tartus e quella aerea di Hmeimim non sono più necessarie come punto di rifornimento sulla strada per l’Africa e il Sud-est asiatico come dicono esultanti giornaloni e giornalini del potere occidentale. Anche ammesso che queste basi debbano essere abbandonate, cosa non scontata perché dopotutto sono in territorio alauita, cioè il più difficile per le poche migliaia di terroristi in giubilo, non sarebbe certo un colpo al potere aereo navale russo e alla sua capacità di proiezione nel Sud del mondo. E per quanto riguarda il Mediterraneo è tutto sotto l’ombrello missilistico di Mosca.
La Turchia è sicuramente un vincitore perché sarà in grado di sbarazzarsi di almeno una parte della sua popolazione di rifugiati siriani. E risolvere questa crisi era una promessa elettorale di Erdoğan, mantenerla lo renderà più popolare. Inoltre, la Turchia potrebbe essere in grado di annettere aree curde lungo il confine turco, impedendo la creazione di un’autonomia curda che potrebbe poi estendersi oltre il confine nella Turchia orientale. Inoltre fa un passo avanti verso le sue fantasie di restaurazione ottomana.
Chi ha perso sicuramente è l’Iran che vede svanire la Mezzaluna Sciita, che aveva faticosamente costruito e che si estendeva da Aleppo allo Yemen, senza dire che la maggiore forza di cui disponeva, ossia Hezbollah non può più essere rifornita e finirà per indebolirsi. Insomma Teheran adesso è più isolata e dovrà dotarsi alla svelta di armi nucleari per far fronte a una sfida che la vede in grande difficoltà.
Per Israele si tratta certamente di una vittoria nel breve periodo, ma di un grosso problema esistenziale per il futuro. Ormai l’Occidente nel suo complesso ha solo visioni a breve termine, come i trimestrali dell’economia. Nel lungo periodo le piccole vittorie possono diventare grandi sconfitte. Con Assad fuori gioco, è piuttosto probabile che la guerra civile in Siria riprenda. Lui era il tappo di quella bottiglia piena di inferno. Se la guerra civile dovesse riaccendersi, la Siria ricomincerà ad attrarre jihadisti dai paesi circostanti, soprattutto dall’Asia centrale, e diventerà un buco nero per Israele e i suoi cinici sostenitori.
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