di Fabio Torriero

Vittorio Sgarbi non ha bisogno di essere difeso. Si sa difendere molto bene da solo, da indomito polemista qual è, e da grande esperto di arte, arte di comunicare compresa.

Ma quello che ha subìto il 25 aprile a Viterbo, come esponente delle istituzioni, è assai grave e la dice lunga sul “nuovo fascismo” vestito di antifascismo; esattamente come ebbero modo di scrivere Pier Paolo Pasolini (“nulla è peggio del fascismo degli antifascisti”), Leonardo Sciascia (“il più bello esemplare di fascista in cui ci si possa imbattere è quello del sedicente antifascista unicamente dedito a dare del fascista a chi fascista non è”), ed Ennio Flaiano (ci sono due modi di essere fascisti, i fascisti e gli antifascisti”). Ed esattamente come accadde negli anni Settanta da noi (anni di piombo che la Schlein, non avendo altri argomenti, sta riesumando e riprendendo con forza), quando furono uccisi ragazzi di destra anticomunisti, nel nome dello slogan terrifico “uccidere un fascista non è reato”, o “il compagno Tito ce lo ha insegnato, ogni fascista preso va infoibato”.

Un “antifascismo-fascista” come strumento di legittimazione politica e pretesto per demonizzare un governo che non piace. Sgarbi a Viterbo aveva la fascia tricolore. E in quel momento, durante la cerimonia per commemorare la Resistenza, stava rappresentando non tanto il governo, cui comunque si deve rispetto, ma lo Stato, l’amministrazione pubblica. Quello Stato democratico disegnato e voluto dai padri costituenti antifascisti. Stato, come bene comune, interesse nazionale, nostra identità storica, culturale, religiosa; unità dei cittadini, indipendentemente dalle singole posizioni.

E fa specie che il presidente del Comitato provinciale dell’Anpi Enrico Mezzetti non gli abbia stretto la mano. Chi è il vero totalitario, chi è il vero antidemocratico? Mezzetti che compie questo atto di rifiuto “razziale”, verso chi ritiene di non essere degno della democrazia (smentendo di fatto la sua associazione sempre pronta a bacchettare la destra sull’inclusione sociale dei migranti e non solo); o lo stesso Sgarbi, liberale, appartenente quindi, a quella Resistenza non rossa, formata da monarchici (ricordiamo che il critico d’arte si è vantato di aver avuto da giovane una sola tessera nella sua vita, quella dell’Unione monarchica italiana), formata da liberali, cattolici, che a differenza dei gappisti combattevano per l’Italia e non per la Russia?

Ecco, la tossina del totalitarismo (rosso o nero che sia) è ancora viva. E non stringere la mano ad un avversario considerato nemico, caro Mezzetti, non è un atto gandhiano, di non violenza. E’ un atto giacobino.
Se continuiamo a descrivere la politica, la società, attraverso le lenti di chi crede di rappresentare il bene contro il male, arriverà il giorno in cui qualcuno proporrà di sciogliere l’Anpi.

Fonte:

Di BasNews

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