Come sono arrivato a scrivere questo articolo. Chiariamo subito, i giornalisti possono stare tranquilli! Non sono un giornalista. Scrivo solo perché incitato ed invitato dalla Redazione di questa bella testata dopo che è stata vista una mia foto in veste di musicista, nel mentre mi esibisco a Monopoli con il mio collega Nello Vivacqua, al cospetto di Mogol, a cui gli era stata dedicata una serata, parlando della grande collaborazione con Battisti.

Dedico questo mio modesto scritto al compianto caro amico musicista Nello Vivacqua (in foto) a cui devo tanto per le esperienze e i suoi insegnamenti musicali e di vita trasmessi e che rimarranno per sempre indelebili nella mia mente e nel mio cuore.

Ma essere arrivati fin qui è sicuramente la sintesi di un retaggio musicale e sociale, esperienze vissute che affossano in radici molto lontane (ahimè!) che poi, tutto sommato, restano per sempre delle pietre miliari.

Per questa ragione è utile e necessario descrivere, toccando solo alcune tappe più importanti, i momenti storici e sociali che hanno segnato il passato musicale e costruito le evoluzioni fino al presente. Così, pensando ad occhi chiusi…immagino…era il 3 marzo del 1955 quando Elvis Presley faceva la sua prima apparizione in TV con un genere del Rock&Roll del tutto personale. Da quel momento la musica mondiale subirà una svolta di genere e di pensiero.

Nascono i gruppi e tra i primi quello musicale chitarristico “The Shadows” genere basato su famosi assoli di chitarra – tanto per dirne una chi non ricorda della nostra generazione il brano “Apache” – e la nascita nel 1957 dei Quarrymen, di seguito i famosi Beatles, e dei Rolling Stones, che nel giro di pochi anni avrebbero influenzato il vecchio ‘modus vivendi’ per un nuovo e diverso modo di atteggiarsi dell’individuo in tutti i campi sociali: dall’economia all’abbigliamento all’arte all’educazione, così come avvenuto nel campo musicale.

L’inizio degli anni ’60 vede in America la nascita di numerosi cantautori “..che si rifanno alla tradizione folk-song per argomenti di attualità…”, tra cui Robert Zimmermann, in arte Bob Dylan, che sposano la causa dei neri e si dichiarano apertamente contrari al servizio militare, alla guerra, all’uso smodato e illecito del capitalismo americano. Intanto Dylan con i suoi successi, ipnotizzava, affascinando i giovani che ancora oggi, a distanza di anni, occupa, come allora, sempre quel posto privilegiato.

Tutto questo nuovo mondo entrava prepotentemente nelle case attraverso i mass-media del tempo, ma soprattutto grazie all’avvento della televisione che in quegli anni del boom economico nel nostro paese, veniva affermandosi sempre più come la regina indispensabile e incontrastata della casa!

Ora, nella cultura musicale, mentre i “matusa” ascoltavano e seguivano ancora la musica classica e tradizionale, i famosi “urlatori” italiani, i giovani venivano sempre più rapiti dai vari Joan Baez, e dalle varie icone del Rock e di musica psichedelica di Jimi Hendrix, The Who, Led Zeppelin, Deep Purple, Jim Morrison con i Doors, Pink Floyd e tanti tanti altri non meno famosi.

Gli anni ’60 portarono, così, una ventata sociale di nuovismo nel mondo: la bocca dei giovani conosceva solo parole come “protesta, pace, libertà” allontanandosi sempre più dai canoni che la società, iperbenista ed ipocrita di allora, imponeva all’individuo.

Da qui lo scontro tra il vecchio e il nuovo che trovava il suo sbocco nella rivoluzione sociale: la protesta giovanile e studentesca per le riforme dei diritti civili, i continui contrasti e proteste a tutti i livelli, che si riverberavano anche negli ambiti familiari per il nuovo modo di pensare, di vestire con blue jeans e maglietta o altre grandi conquiste, al costo di lacrime e sangue…come la mini-gonna, le lunghe capigliature dei maschi, i passaggi in autostop… la ricerca dell’individuo di quella libertà di poter ‘decidere e fare’ di testa propria e che molte volte, fraintesa, sfociava in libertinaggio.

Il nuovo fenomeno musicale si estendeva a macchia d’olio ovunque nel mondo e quindi in Italia dove già i vari Celentano, Mina, Bobby Solo, Little Tony e i cantautori Luigi Tenco, Gino Paoli, Umberto Bindi, Sergio Endrigo, si facevano interpreti delle inquietudini giovanili col raccontare, in controcorrente, nei contenuti dei loro brani, il sentimento dell’amore con insolita veridicità e asprezza; da Dylan in poi, anche in Italia, altri cantautori alzano il livello culturale dei loro brani con testi di storia, di cronaca, con Giorgio Gaber, De Andrè, De Gregori, Guccini, Vecchioni.

La sete di fare musica ed imitare queste stelle è tanta e come i tanti giovani del tempo, nel 1967 anche io imparo a suonare la chitarra grazie ad un caro amico di mio fratello e da quel momento in poi il salone del barbiere, sito nella piazza del paese, diventerà luogo di esercitazione e riferimento dal momento che vi lavorava un caro amico simpatizzante ed appassionato di chitarra come d’altronde lo era più di noi lo stesso barbiere titolare che ricordo con affetto e stima. Da dire che all’epoca, molti barbieri da uomo erano depositari dell’arte musicale e in quegli anni, non solo per gli adulti ma anche per tanti giovani, rappresentava il centro di aggregazione e ritrovo per scambiare, nel nostro caso, opinioni, esperienze e conoscenze musicali: ci si ritrovava per imparare a suonare brani del tipo Apache, Peace pipe, Girl (versione in italiano), Hey Joe, Satisfaction, Ma che colpa abbiamo noi, fino a decidere di costituire un gruppo musicale come altri già esistenti. Nei piccoli centri abitativi, come lo stesso mio paese Rionero, in questi anni esplodeva la moda dei ‘CLAN’, (vecchie case prese in affitto) con funzioni multiuso, usati dai giovani per le prove musicali, semplicemente per stare un pò insieme o come luogo da ballo.

Voglio ricordare che, dal momento che le priorità vitali di allora erano altre, imparare a suonare uno strumento, o acquistarlo, era abbastanza difficile per i costi proibitivi per cui la possibilità più fattibile, per chi avesse voluto apprendere l’arte musicale, rimaneva quella di entrare nella banda del paese e seguire i corsi del bravo capobanda Donato Piccirillo.

Personalmente frequentai qualche lezione dal citato maestro ma subito dopo, attirato da quel nuovo genere musicale, rinunciai ben presto per suonare con amici, fino al 1975, e in seguito, sempre per passione e puro divertimento, riprendere a suonare come tastierista prima da solo e poi anche in duo e in trio, dal 1987 al 2004 (come pianobarista al Residence del Pianeta Maratea), pur però, senza aver mai appeso al chiodo la ‘mia’ amata chitarra.

Si, perché nel 2004, casualmente ad una festa, ebbi modo di conoscere Nello Vivacqua chitarrista e cantante da grande voce, (già collaboratore e voce di Roberto Carlotto, tastierista, e Nunzio ‘Cucciolo Favia’, batterista, dei Dik Dik) che mi proponeva di suonare in ‘duo’.

Da allora, sempre all’insegna dell’hobby, suonammo piacevolmente per dodici anni toccando tante località italiane e straniere, fino ad approdare, verso gli ultimi impegni del 2016, al grande Mogol, conosciuto prima in Campania in qualità di presidente di giuria per un concorso di giovani cantanti e poi in Puglia in una serata a lui dedicata in veste di narratore e testimone vivente dei suoi successi e della collaborazione e frequentazione con Lucio Battisti.

Fin qui non avevo ancora accennato al nostro mito Giulio Rapetti, in arte Mogol, figlio di Editore, paroliere, autore, che già nel 1955 esordiva, con un brano, scritto per Mina, “Briciole di baci” per poi vincere Sanremo nel 1961, in collaborazione con Carlo Donida, con il brano “Al di là” cantato da Luciano Tajoli e Betti Curtis: da questo momento in poi scriverà più di 1.500 canzoni per tanti cantanti e, ancor più di tutti, per Lucio Battisti, che dal 1965 in duo, darà inizio alla quella grande collaborazione che porterà ai grandi successi che tutti conosciamo.

È stato fantastico sentire dalla sua bocca come fossero nate quelle meravigliose canzoni confessando come alcune volte i brani nascevano con naturalezza dalla chitarra di Battisti, seduto sul divano, che creava note e accordi da quei ‘pensieri e parole’ che carpiva al momento mentre si liberavano e libravano dalle labbra dello stesso Mogol, steso a terra supino, che traeva spirazione con lo sguardo fisso sulla volta della stanza. Certo Mogol testimonia la grandezza musicale di Battisti anche lui comunque molto affascinato dalla musica internazionale di cui se ne nutriva appassionatamente, fin da quando era chitarrista della band romana “I Campioni”, diventandone raffinato cultore ma anche creatore di un suo stile personale e unico nel suo genere. Altro ricordo di Mogol le loro grandi cavalcate in lungo e in largo attraversando l’Italia tutta.

Gli anni ’80 videro la separazione dei due amici artisti per contrasti a noi sconosciuti che fecero prendere loro strade diverse.

Ricordo che parlando del più e del meno a colazione, Mogol mi confidò che, secondo lui, non esiste il talento ma più la passione, l’immaginarsi di chi essere, e quindi lo studio, l’impegno, la volontà.

È stata una bella ‘avventura’, per dirla alla Battisti, non avrei mai pensato da appassionato musicista-dilettante, di aver potuto tradurre un sogno in realtà, di essere stato un fortunato. Oggi cerco comunque di continuare a coltivare questo hobby solo in sala prove con band o magari con… ‘quattro amici al bar’…o semplicemente nello studio di casa mia…

Di BasNews

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