Una flotta occidentale formata da navi statunitensi, britanniche, canadesi, italiane, del Bahrein, francesi olandesi, norvegesi, spagnole e persino delle Seychelles che non so magari usa canoe, si sta radunando al largo dello Yemen nel tentativo di impedire a questo piccolo e intrepido stato di colpire con missili e droni le navi mercantili che portano rifornimento a Israele e che dunque alimentano la strage di Gaza. Perciò ci troviamo di fronte a una intricata situazione nella quale l’Occidente intende fermare una chiara violazione del diritt internazionale da parte dello Yemen, ma per proteggere una violazione molto più grande ed eticamente perversa come il tentativo di genocidio e di pulizia etnica che i Palestinesi stanno subendo. Non ci sarebbe bisogno di spiegare che gli uomini prevalgono sulle merci se non fosse che un’ideologia depravata mercifica ogni cosa, e in questo caso la cosa è evidente, all’occidente interessa proteggere la strage di Netanyahu. Così ha radunato la flotta per proteggere le navi che riforniscono il governo di Tel Aviv sia di carburante, sia di armi.
Ma anche qui si può notare che il tempi sono molto cambiati e non sarà certo un gioco da ragazzi avere ragione dello Yemen come si potrebbe pensare dopo aver messo assieme questa flotta a difesa del massacro. Oramai la marina americana quella che conta in questa vicenda, il resto è lì solo per appoggio politico, ha perso quella rete di basi fisse e anche di navi da rifornimento che una volta le permetteva il reale dominio navale. Facciamo un esempio proposto da un noto esperto di cose militari e basato sulle considerazioni pubblicate nel settembre scorso da Anthony Cowden per il Centro per la sicurezza marittima internazionale. Ogni cacciatorpediniere statunitense trasporta circa 90 missili che hanno come scopo principale di proteggere la portaerei che è ovviamente alla testa della squadra navale. Cosa succede quando lo Yemen lancia diciamo 100 droni/razzi/missili contro una portaerei americana? Il cacciatorpediniere statunitense, o più cacciatorpediniere, lanceranno i loro missili per sconfiggere la minaccia. C’è solo un piccolo problema: la Marina americana si è sbarazzata delle navi tender, cioè di quelle navi in grado di rifornire ila flotta con nuovi missili o per sostituire i proiettili esauriti. Per ricaricare i missili le navi scorta devono raggiungere il porto amico più vicino dove gli Stati Uniti hanno immagazzinato missili. E naturalmente e anche la portaerei deve salpare altrimenti non sarebbe più protetta.
Però non basta: questi missili costano milioni di dollari ognuno e il sistema produttivo statunitense non è attrezzato per costruirne molti, mentre gli Houti potrebbero saturare le difese americane con droni o razzi di basso costo lasciando ben presto a secco le navi a stelle e strisce, mentre le basi mobili yemenite nel deserto saranno molto difficili da trovare e “consumeranno” un alto numero di costosi missili americani . Insomma l’egemone dovrà ritirarsi per riarmarsi perché non può sostenere intense operazioni di combattimento troppo .a lungo. E questo darà un colpo enorme al prestigio militare Usa anche se nessuna nave venisse affondata o seriamente danneggiata come è invece probabile. La flottiglia degli Stati Uniti, insieme ai suoi alleati, può certamente arrecare qualche danno allo Yemen, ma è improbabile che ottenga una vittoria decisiva. Lo Yemen, da parte sua, può infliggere seri danni ad alcune navi – forse addirittura affondarne una o due – e, così facendo, ottenere una vittoria morale che alimenterà i dubbi sulle capacità navali e sulla capacità di resistenza dell’America. Forse questo spiega perché gli Stati Uniti sono stati così lenti nel rispondere agli attacchi lanciati dallo Yemen
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