Brava Sabrina Ferilli: “Ma che devo per forza fare un’esternazione”? “Lascio ai veri esperti questo compito”. Quello di lanciare urbi et orbi una predica scontata su temi politicamente corretti, come la xenofobia, il maschilismo, l’omofobia, i diritti civili, l’ecologia, gli animali. Solo furba retorica.
E ad averlo detto non è stato un intellettuale, o un giornalista, un artista di stampo conservatore, di destra, o semplicemente controcorrente (magari c’era da aspettarselo), ma una donna da sempre orientata a sinistra. Una donna che forse ricorda le stagioni di lotta e di contestazione contro il sistema (il Dna del Pci e degli extraparlamentari, era rivoluzionaria, anti-borghese, anticapitalista), negli anni Settanta, e che ora non accetta la versione liberal, radical, alla moda, della sinistra salottiera e buonista.
L’abbiamo scritto in mille salse, Amadeus e i suoi autori, Rai compresa, hanno pensato e apparecchiato una operazione scientifica a tavolino: alla prima puntata hanno rappresentato le varie Italie possibili: quella antica (Morandi, Zanicchi, Ranieri), quella orgogliosamente tricolore (Berrettini) e quella moderna (la maggior parte dei cantanti). Poi, gradualmente, il falso ecumenismo si è trasformato in pensiero unico e indiscutibile.
Dai sermoni indigeribili della “nera italiana”, eterna vittima dei cattivi della rete, al giustizialismo moralista di Saviano, ai testi e le suggestioni dei vari artisti che si sono avvicendati sul palco dell’Ariston, è stato tutto un mantra filo-gender, filo-fluid, filo-Lgbt, filo-laicismo. Una fuga, non solo negli abiti, ma nei testi, nei comportamenti, dal maschile e dal femminile, nel nome di un indistinto, spacciato per libera volontà individuale. Una specie di guerra dichiarata alla natura, operata dalla mente.
Amadeus canta vittoria per i numeri, di un Festival ormai mero spettacolo ideologico e messaggio normalizzante di una società che si intende affermare: la società delle pulsioni dell’io.
E dove i valori tradizionali, autentici, di fondo di una civiltà millenaria appartengono unicamente al passato. E dove nel presente regna solo la confusione come scelta, esaltazione, vanto e non come un problema.
Tutti hanno insistito sul fatto che per la prima volta i giovani hanno ascoltato Sanremo, si sono riavvicinati a questa “autobiografica della nazione”. E la tecnica è stata invitare i cantanti che hanno tanti like, che spopolano sui social (intelligente e ruffiano, ad esempio, il fanta-festival). Ma non ha vinto Amadeus, hanno vinto i vecchi e hanno perso i giovani.
Giovani che per natura e definizione dovrebbero essere alternativi, eversivi, rivoluzionari, contro ogni potere, anche culturale, sono stati acchiappati, assorbiti, conglobati nel politicamente corretto.
Sì perché Sanremo, dalla satira ai testi, dagli ospiti alle esternazioni, è da decenni il tempio del conformismo di Stato. Si è salvato solo Checco Zalone.
Cosa c’è infatti, di trasgressivo oggi, quando tutti sono fluidi, gender, considerano la famiglia come il mero luogo dell’amore, con chiunque sia, quando tutti ritengono la droga come libera scelta, e la mente pretende di orientare, smentire, correggere, alternare la natura (lo scontro tra l’identità biologica e l’identità psicologica)?
Negli anni Sessanta e Settanta, la trasgressione aveva un senso, contro una società ancora per certi aspetti tradizionale, percepita come ipocrita e falsa e bigotta. Illuminata, non a caso, la reazione dell’Osservatore Romano, di fronte all’auto-battesimo di Achille Lauro: “Aridatece i veri sovversivi”. Nulla a che vedere con David Bowie o le canotte dei Rolling Stones.
Oggi il vero rivoluzionario, al contrario, è chi crede nella vita, è antiabortista, non si droga, ama essere uomo o donna, è fedele e crede nella sua patria.
Invece, i giovani sono addirittura contenti di esser stati integrati e catturati da Sanremo. Esattamente come si sono fatti omologare dalla campagna vaccinista a suon di musica e di Costituzione distribuita ma negata. Una riflessione sulla mancanza di coraggio, originalità e visione, dei giovani d’oggi, occorrerà pur farla.
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