di Aldo Di Lello

Non potrebbero essere più diversi, ma sono obbligati a convivere: Gennaro Sangiuliano e Vittorio Sgarbi insieme al ministero della Cultura, il primo come ministro il secondo come sottosegretario, faranno la gioia dei corsivisti e dei retroscenisti.

Speriano che facciano anche la gioia dei turisti. Quelli che vengono nel Belpaese per godere delle sue bellezze artistiche. E quelli che, abitandovi, dovrebbero essere stimolati a scoprirle. Di solito si dice che gli estremi si attraggono. Ma non è una legge assoluta.

Innanzi tutti vediamo di descriverli nelle loro reciproche differenze. L’uno, Sangiuliano, è rotondo e mediterraneo. L’altro, Sgarbi, è smilzo e padano. L’uno è il Barocco napoletano di Sanfelice, l’altro l’Urlo espressionista  di  Munch. L’uno è metodico e sgobbone, l’altro asistematico e capriccioso. L’uno è affabile, l’altro scontroso. Già nei rispettivi cognomi sembrano del resto scritti destini diversi : l’uno evoca la santità, l’altro i dispetti.

Ma tant’è, devono combinare qualcosa di buono. I precedenti della politica culturale italiana non sono però incoraggianti. Quando due personalità spiccate si contendono il pubblico sono spesso scintille, fin dai tempi di Gabriele D’Annunzio  e Filippo Tommaso Marinetti, i quali si scambiarono frecciate al curaro. «È un peso morto della poesia rimasto calvo in tenera età», disse il fondatore del futurismo a proposito del Vate. E questi di rimando: «È un cretino fosforescente».

Si parva licet, neanche Sangiuliano e Sgarbi si sono risparmiati, in questi giorni,  reciproche ruvidezze, ancorché in forma di complimenti a denti stretti. «Sgarbi è Sgarbi, è un esuberante, la genialità si coniuga spesso con l’irrazionalità»: così il ministro ha detto del suo pirotecnico sottosegretario. Non meno urticante il “complimento” rivoltogli dal critico d’arte diventato sottosegretario: «Sangiuliano è un conservatore politico, che è un valore di parte, io sono un conservatore del patrimonio, che è un valore universale».

Un prima divergenza di opinioni è emersa quando Sgarbi ha proposto di estendere i casi di gratuità nell’ingresso ai musei. L’idea non è piaciuta a Sangiuliano: «Ci sono già le domeniche gratis che non intendo toccare», per il resto bisogna fare come in tutta Europa, dove l’«ingresso ai musei si paga, eccome». Pare che alla fine ministro e sottosegretario siano giunti a un compromesso: far pagare i turisti e far entrare gratis i residenti, in modo da spingere gli italiani a fruire almeno delle bellezze artistiche della città in cui abitano.

La prima mina sul terreno pare insomma disattivata. Ma non si può dire per il futuro, dal momento che Sgarbi non sembra intenzionato a chiedere il permesso a Sangiuliano prima di esternare in qualità di sottosegretario. «Fosse per me – ha dichiarato ad esempio alla “Repubblica” –  mi occuperei solo di palazzi, chiese e musei, invece nel ministero c’è dentro di tutto, il teatro, il balletto e il cinema». E poi l’affondo: «Tutti quelli che non sanno niente di cultura parlano di cinema». Meglio tenere lontano Sgarbi dal Festival di Venezia.

Fino a quando Sangiuliano farà finta di non aver letto o udito? Ne vedremo forse delle belle. Al ministero della bellezza.

Fonte:

Di BasNews

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