L’intervista all’artista
Si è tenuto lo scorso 18 ottobre, presso la sede del Movimento 5 Stelle, l’evento inaugurale della mostra d’arte dell’artista rionerese Vincenzo Viggiano.
Numerosi sono stati i visitatori che hanno osservato, con attenzione e grande entusiasmo, le svariate opere esposte.
Vincenzo Viggiano ha un variegato excursus artistico alle spalle, tipico di un artista che ha bisogno di toccare tutte le corde della creatività per esprimersi a pieno.
Ha trascorso alcuni anni (dal 1969 al 1972) a Varese e Milano, ove ha frequentato l’ambiente di Brera, luogo in cui ha avuto modo di approfondire la sua passione per l’arte tramite esperienze di grande spessore.
Ha conseguito la maturità artistica e l’abilitazione all’insegnamento del disegno e della storia dell’arte nelle scuole. Ha proseguito, instancabilmente, nella sua voglia di miglioramento costante tramite numerosi corsi di disegno e di pittura. Inoltre ha collaborato in maniera assidua con ingegneri ed architetti di rilievo.
Le opere di Vincenzo Viggiano trascinano l’interlocutore in un mondo fatto di “viaggi” straordinari e coinvolgenti, colmi di espressione estetica e partecipazione emozionale.
Infatti, nelle sue opere è tangibile la bellezza di madre natura con svariatissime variazioni di colori.
Osservare attentamente le opere di Vincenzo Viggiano significa riuscire ad “entrare” nella pennellata, nella profondità, trasportandoci in una meravigliosa essenza mai scontata, mai computabile.
Per saperne di più, ho incontrato Vincenzo Viggiano per un’intervista.
Come nasce la sua passione per l’arte?
La mia passione per l’arte nasce da lontano: sin da quando ero bambino sentivo dentro di me l’impulso di creare. E’ una passione autentica che ho coltivato da sempre, in maniera instancabile. Inizialmente l’ho fatto in maniera autodidatta e successivamente ho intrapreso gli studi presso la Scuola d’Arte e poi presso l’Accademia di Belle Arti.
Il mio percorso artistico è stato colmo di tantissimi step che, con sacrificio e determinazione, mi hanno portato, gradatamente, ad essere quello che sono oggi.
Come definisce il suo genere artistico?
Amo rappresentare la realtà come ce la mostra la natura e come la percepisco io nella mia quotidianità. Tutto ciò accade nel rispetto delle forme, dell’anatomia, della figura. Cerco sempre di rappresentare in maniera realistica qualunque cosa.
Quale è la sua fonte di ispirazione?
Tutto ciò che mi circonda, la mia quotidianità: le persone, le cose, gli oggetti, il paesaggio, l’ambiente in cui vivo e tutto ciò che “scorre” nel percorso di questa esistenza.
L’arte è una forma di terapia, è un meccanismo catartico, una necessità di anima e spirito. Giusto?
Sì, è vero. La percezione dei colori, della luce, delle forme, degli oggetti, della prospettiva e di tutto ciò che rappresenta la realtà può diventare una forma di terapia per sé stessi e per gli altri.
Il suo soggetto preferito?
La composizione. Ma amo anche i ritratti, le figure.
La soddisfazione più bella?
Ogni esperienza, per me, è bella. Tutto ciò che ho vissuto con l’arte mi ha provocato nuovi stimoli, nuovi input per entusiasmarmi.
Le sensazioni e le percezioni provate durante il mio percorso artistico sono state tantissime e le ricordo tutte con immenso piacere.
Il quadro a cui è più affezionato?
La mia opera a cui sono più affezionato rappresenta un elemento scultoreo del passato, della nostra storia, rinvenuto presso la località Torre degli Embrici dove era ubicata una fattoria del periodo romano nel II sec d.C.
Ho rappresentato una statua della Venere del Vulture con un’altezza di 70 cm e, quindi, Torre degli Embrici: la località dove è stata rinvenuta.
Carmen Piccirillo