In Gran Bretagna cambia tutto, ma non cambia niente. Questo è il destino delle democrazie bipartitiche dove per necessità di cose i due contendenti si riversano  al centro esprimendo minime differenze e questo è tanto più evidente in Paesi dove questo sistema elettorale è praticamente identico da secoli perché le esigenze imperiali prevalevano su quelle dell’espressione di volontà popolare.  È per quello che molti analisti parlano di Uniparty. Infatti andando a vedere i numeri di queste ultime elezioni britanniche,  almeno quelli disponibili al momento, ci si accorge che i laburisti hanno vinto, ma in misura inferiore a quanto accadde con Jeremy Corbyn che riuscì a ottenere nel 2017 il 40 per cento dei voti contro il 36 per cento di Starmer ieri. E se è per quello i conservatori hanno avuto una sconfitta meno netta di quella del 1997 contro Tony Blair.

Corbyn peraltro era un leader molto più radicale di quello salottiero di oggi, eppure cosa è cambiato in Gran Bretagna da allora? Praticamente nulla. Cosa cambierà da ora in poi? Un altrettanto nulla. I laburisti abbandoneranno la politica di Net Zero che consuma come in una fornace i soldi che servirebbero per rendere meno dura la vita ai ceti popolari? Di certo no. Abbandoneranno il tono aggressivo e guerrafondaio che il Regno Unito ha perseguito fino ad ora in qualità di cagnolino degli Usa? Non credo proprio. Modereranno le spinte incongrue verso le ipocrisie anti identitarie, riuscendo a ripescare  in qualche incunabolo della mente la consapevolezza che l’internazionalismo non è una forma di volgare cosmopolitismo? Ridaranno la piena libertà di parola ai cittadini? Ho fortissimi dubbi, magari saranno un po’ meglio dell’improvvisato Sunak, un po’ meno stupidi di Theresa May e Boris Johnson, ma in una nazione importante solo per gli accrocchi finanziari della City chiunque sia al governo continuerà  a seguire i dettami dei poteri finanziari.

Spero ovviamente di sbagliarmi, ma temo che nonostante la vittoria di Starmer, il managerialismo tecnocratico (o “capitalismo degli azionisti”, come lo chiama Klaus Schwab ) continuerà a dominare la scena e anzi riceverà addirittura un’ ulteriore spinta in avanti.  Rachel Reeves che è stata il cancelliere ombra dello Scacchiere e che diventerà tra poco il cancelliere vero, dunque personaggio eminente del Labour, propone di dare a una struttura tecnica come l’Office for Budget Responsibility un ruolo più importante nell’approvazione delle politiche fiscali. Temo in sostanza che bisognerà attendere ancora 5 anni e il fallimento di tutte le politiche imposte per salvare il neoliberismo dal fallimento con gigantesche immissioni di denaro nominale nelle tasche dei centri di potere (non certo in quelle dei cittadini), per poter vedere qualcosa di nuovo, ovvero l’esplosione del cosiddetto populismo, nome scioccamente offensivo, inventato solo al fine di demonizzare  la ripoliticizzazione di questioni che si ritengono  troppo importanti per essere lasciate alla scelta democratica.

Dunque alla fine la cosa che davvero segna il cambiamento dei tempi nel freezer politico britannico, è l’emergere del Muslim Vote, con candidati pro-palestinesi che hanno strappato parecchi consensi ai laburisti  almeno alla luce dei risultati che si hanno. Questo è il primo germe di reale contraddizione all’interno di un sistema politico ingessato. In altre parole sarà il declino dell’Occidente a ridare il via all’ideazione politica. In Gran Bretagna come in molti altri luoghi.

fonte:

Di BasNews

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