Giorgio Cremaschi
Qualche tempo fa Carlo Calenda ebbe uno dei suoi rari momenti dì lucidità. Dopo essere stato contestato da un gruppo di lavoratori dell’Embraco di Torino, che gli rimproveravano l’accordo bidone da lui realizzato come ministro nel 2018, il politico se ne uscì lamentando di aver creduto a trent’anni di balle liberiste, quelle che promettono più lavoro in cambio della chiusura delle fabbriche.
Ora da candidato sindaco a Roma, che imperversa con il suo faccione su tutti gli autobus, Carlo Calenda quelle balle le rigonfia tutte, a partire dall’attacco al diritto di sciopero.
I lavoratori del trasporto pubblico locale sono stati tra gli eroi più misconosciuti nella pandemia. Hanno fatto funzionare il servizio sempre, a scapito della salute e della vita, mandati spesso allo sbaraglio tra tagli, dissennate privatizzazioni, mala gestione del trasporto pubblico. Anche ora sono clamorose le inadempienze dei governi nazionale e locali, sia sul lato dell’acquisto di mezzi, sia su quello dell’assunzione di organici. Per questo la USB, assieme ad altre sigle, ha proclamonto per il 17 settembre uno sciopero nazionale del settore.
Apriti cielo, Calenda si è indignato come un Briatore qualunque e ha richiesto la precettazione dei lavoratori. Che per lui evidentemente sono dei lazzaroni che vogliono scioperare il venerdì per poi fare un lungo week end. Perché Calenda non sa che tram, autobus e metro funzionano anche il sabato e la domenica e che i lavoratori del trasporto pubblico lavorano sempre. D’altra parte quando mai c’è salito su un autobus Calenda.
Le balle liberiste non sono solo quelle che promettono lavori meravigliosi e avanzatissimi ai licenziati, e se non succede è colpo loro. Sono anche quelle che considerano lo sciopero non l’esercizio duro e costoso di chi difende diritti e democrazia, ma fannullonismo di privilegiati. D’altra parte Giorgia Meloni dà del drogato a chi percepisce il reddito di cittadinanza e Gualtieri accusa Potere al Popolo per i fischi presi dai lavoratori Alitalia, di cui ha firmato i licenziamenti.
Insomma tutta la classe politica ama gli imprenditori e odia i lavoratori, soprattutto quelli che non piegano la testa. A volte questo odio viene trattenuto e mascherato; ed allora sentite questi politici gonfiarsi con la parola popolo. Ma basta poco perché la bolla si sgonfi e l’anima reazionaria profonda di questa gente fuoriesca.
A Calenda per esplodere è bastato sapere che per un giorno per la città di Roma non gireranno gli autobus con la sua faccia. Ora gli toccano altri trent’anni di balle liberiste.
Buon sciopero alle lavoratrici e ai lavoratori dei trasporti.
Giorgio Cremaschi
Fonte: https://www.lantidiplomatico.it.