Come è possibile che la Regione Basilicata, dopo aver sottoscritto l’Intesa con l’Istituto Superiore di Sanità sui rischi delle estrazioni da parte dell’Eni, durante questi tre anni non abbia controllato? Come spiegare ai lucani l’immobilismo dell’Istituto Superiore di Sanità?
L’Accordo triennale di collaborazione scientifica, sottoscritto il 4 settembre del 2018, per la realizzazione del progetto di ricerca ‘Valutazione dell’incidenza dei fattori ambientali sullo stato di salute della popolazione residente con particolare riferimento alle attività estrattive petrolifere’ nel territorio della Val d’Agri è scaduto il 4 settembre 2021. La cosa strana è che la Regione Basilicata in questi tre anni non ha eccepito nulla nei confronti dell’ISS che, alla cessazione del rapporto contrattuale, ha fatto altrettanto. Quello che sorprende di più è che l’ISS ha rinunciato al cospicuo corrispettivo di 980mila euro, stanziato dal precedente governatore Pittella.
Perché l’ISS non ha prodotto alcuna relazione riguardo il progetto di ricerca commissionato nel 2018? Perché il governo regionale non ha vigilato? Non è dato sapere. Tutto questo ha comportato il mancato aggiornamento dei dati sui livelli di rischio delle popolazioni esposte.
Già nel 2009 i comuni di Viggiano e Grumento Nova affidarono all’Istituto di fisiologia clinica del Consiglio nazionale delle ricerche, IFC-CNR, l’incarico di svolgere una valutazione di impatto sulla salute e studiarne gli effetti prodotti dal Centro Olio Val d’Agri (COVA). Lo studio scientifico fu svolto con il coordinamento con la Commissione ‘Valutazione Impatto sulla Salute’ (VIS) dei comuni di Viggiano e Grumento Nova. La ricerca coinvolse 29 ricercatori e tecnici di tre istituti del CNR, l’Istituto di fisiologia clinica (IFC-CNR), l’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (ISAC-CNR) e l’Istituto per lo studio degli ecosistemi (ISE-CNR). Il monitoraggio sanitario ed ambientale evidenziò l’esistenza di una forte correlazione fra l’esposizione alle sostanze inquinanti emesse dai camini, come l’idrogeno solforato o gli ossidi di azoto, e l’aumento di mortalità e/o ricoveri per patologie cardiovascolari e respiratorie. Gli indici di mortalità e di ricovero in ospedale – si legge sempre nello studio del CNR – dei residenti nei due comuni nel periodo 2000-2014 erano superiori sia rispetto ai dati medi regionali, sia rispetto a quello del complesso dei 20 comuni della Val d’Agri. Lo studio scientifico, consegnato all’allora Giunta regionale, purtroppo, è rimasto chiuso a chiave nei cassetti di qualche ufficio regionale e, cosa ancor più grave, è stato definito ‘carta straccia’ dall’Eni.
Le comunità dell’area hanno il diritto di sapere, di essere informate sui rischi dovuti all’attività estrattiva degli impianti COVA e Tempa Rossa, mentre la Regione Basilicata ha il dovere di attivare tutte le misure per una necessaria e non più rinviabile riduzione delle emissioni di inquinanti nocivi, ai fini della tutela della salute umana e dell’ambiente; di programmare tutte le azioni utili per procedere alla bonifica dei numerosi siti di interesse nazionale (SIN) presenti sul nostro territorio.
I Consiglieri Regionali M5S Basilicata