Garantire i livelli essenziali di assistenza attraverso una programmazione sanitaria efficace
e un’organizzazione ospedaliera territoriale flessibile, nonché attraverso un piano straordinario di assunzioni di personale
Sono passati ormai due mesi dall’annunciata decisione di far ripartire le attività sanitarie del presidio ospedaliero di Venosa dopo che la struttura era stata destinata, nel mese di marzo 2020, a diventare centro Covid a bassa intensità. Sembrava che, dalla mattina alla sera, le attività del nosocomio venosino dovessero riprendere, con gli interventi della sala operatoria di oculistica ripartiti già all’indomani dell’annuncio, con un’accelerazione improvvisa.
Come Fp Cgil avevamo salutato con favore una scelta che confermava, seppur in piena quarta ondata, che le nostre osservazioni circa la possibilità di far convivere presso il nosocomio venosino il reparto Covid e le altre attività sarebbe stato possibile sin da subito, evitando la dislocazione o la temporanea chiusura di importanti e rinomate unità operative, con disagi per operatori e pazienti.
Tuttavia, non solo a oggi dell’annunciata ripartenza si sono smarrite le tracce, ma la miope gestione della sanità cui stiamo assistendo, continua a produrre discrasie incomprensibili e dannose per i pazienti.
Le recenti denunce sull’effettuazione di una seduta di dialisi a un paziente positivo presso il Crob di Rionero, struttura oncologica presso la quale è stata trasferita l’attività di dialisi del presidio ospedaliero distrettuale della città oraziana, ci pone nella necessità di fare i conti con disfunzioni conseguenti a scelte errate e disorganizzazioni non più accettabili dopo due anni di pandemia.
Far effettuare una seduta di dialisi a un paziente positivo da personale non addestrato e non equipaggiato con i dispositivi di protezione necessari, potrebbe mettere a rischio la sicurezza dei lavoratori nonché degli altri pazienti. Ma lasciare un paziente dializzato senza trattamento, cosa avrebbe comportato per lo stesso? Scelte difficili, di fronte alle quali non si dovrebbe essere messi. Problemi che dovrebbero essere evitati a monte grazie a un’oculata programmazione.
Ci chiediamo: perché non si è pensato di continuare a far funzionare la dialisi, almeno per i pazienti Covid positivi, posto che lo stesso presidio ospedaliero è stato scelto come centro Covid? La scelta effettuata oltre un anno e mezzo fa se, come ci è stato sempre detto, era stata obbligata da ragioni di natura strutturale del presidio, che non permettevano, come ad esempio per Chiaromonte, di far convivere reparti Covid con altri ordinari per possibili rischi di contaminazione dei percorsi “pulito – sporco”, perché non ha previsto la possibilità di mantenere almeno delle attività indifferibili per i pazienti Covid positivi, quali la dialisi?
È evidente che le scelte che vengono fatte continuano ad essere di volta in volta dirette a tamponare un’emergenza che, invece, sta diventando strutturale e alla quale dobbiamo rispondere riuscendo a garantire i livelli essenziali di assistenza attraverso una programmazione sanitaria efficace e un’organizzazione ospedaliera e territoriale flessibile, nonché attraverso un piano straordinario di assunzioni di personale.
PER LA SEGRETERIA
FP CGIL DI POTENZA
Sandra GUGLIELMI
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