L’autismo è un disturbo del neurosviluppo, caratterizzato dalla compromissione dell’interazione sociale, da deficit della comunicazione verbale e non verbale, che provoca ristrettezza di interessi e comportamenti ripetitivi. I genitori, di solito, notano i primi segni entro due anni di vita del bambino, e la diagnosi certa può essere fatta entro i trenta mesi di vita. Risultano ancora sconosciute le cause di tale manifestazione, divise tra cause neurobiologiche costituzionali e psicoambientali acquisite. Considerata la varietà di sintomatologie, e la complessità nel fornire una definizione clinica coerente e unitaria, si parla più correttamente di Disturbi dallo Spettro Autistico, che comprendono tutta una serie di patologie o sindromi, che rappresentano le suddette caratteristiche comportamentali, sebbene a vari gradi e livelli di intensità.
A Rionero in Vulture è nato, di recente, il “Centro StellAba”, dedicato prevalentemente all’autismo, che elargisce servizi di educazione comportamentale ai ragazzi, seguendo il metodo “Aba”, fornendo, inoltre, formazione per insegnanti, genitori e operatori “pairing training”.
La fondatrice di questo lodevole progetto è Stella Brescia, che coordina, con passione ed entusiasmo, le varie attività all’interno del centro. Laureata in scienze della formazione e dell’educazione, ha conseguito il titolo di operatore socio sanitario, ed è un tecnico “Aba”. È specializzata in DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento); ha seguito svariati corsi approfonditi, tra cui “compagno adulto: autismo in adolescenza e adulto”; “laboratorio in ambiente naturale”; “strategie di intervento ed escalation del comportamento”.
È iscritta nei registri nazionali come tecnico Aba.
Come nasce la sua passione verso l’insegnamento, e, in particolare, verso le procedure comportamentali rivolte a ragazzi con disturbo dello spettro autistico?
È una passione molto forte, radicata in me: ritengo che sia un vero e proprio dono divino. Ho sempre avuto la predisposizione a dare qualcosa di profondo e di bello agli altri: nella mia famiglia vi è una persona speciale, mia sorella, che è sordomuta. Il mio sguardo è sempre stato orientato verso i più bisognosi.
In precedenza lavoravo in fabbrica, e, la mia volontà di ‘dare’, la incanalavo attraverso il volontariato: ho offerto il mio aiuto, con entusiasmo, per svariati anni, presso l’AIAS di Melfi. Conservo dentro di me ricordi bellissimi. Le persone speciali mi hanno donato tantissimo a livello emozionale, mi hanno indotta a comprendere il reale valore dell’esistenza. Durante questa esperienza, ho scoperto di avere un tumore. Questo, per me, è stato un forte segnale, che ha ampliato la mia capacità di comprendere la missione della mia vita: mi chiedevo, qualora fossi morta, cosa avrei lasciato di me al mondo. Sicuramente non avrei lasciato, nella totalità, l’amore che sentivo di dover dare agli altri. Dopo aver attraversato questa fase delicata, ho iniziato a impegnarmi seriamente, con tutta me stessa, per seguire la mia inclinazione, e per aiutare le persone ad essere più autonome, ad avere dignità, a proiettare la loro personalità nel mondo. Mi sono iscritta, quindi, all’università. Ho seguito, inoltre, un corso incentrato sul metodo “Aba”, a San Giovanni Rotondo, con molti sacrifici, ma è stata un’esperienza di grande successo.
Quali sono le sensazioni più intense che prova, quando si approccia ai ragazzi con disabilità, e qual è il feedback più bello, che ha ricevuto nella sua esperienza di insegnante?
Le mie sensazioni sono sempre state molto forti. Spesso, attraverso il mio lavoro, mi sono resa conto di aver ricevuto, a livello interiore, una immensa bellezza, dai ragazzi: il loro sapere, il loro essere, la loro capacità di essere ‘vivi’. Io sono stata -e sono, ad oggi- solamente un mezzo per far emergere la loro personalità.
In cosa consiste il metodo “Aba”?
Il metodo Aba è l’analisi del comportamento, e delle sue relazioni funzionali con l’ambiente: ha lo scopo di migliorare la qualità della vita. Il tecnico Aba pone una grande attenzione ai comportamenti, e li modifica; dà delle istruzioni.
Si avvale di ‘rinforzi’, cercando di portare alta la motivazione, e premia il comportamento affinché si modelli.
In che modo, secondo lei, è possibile agevolare l’aggregazione sociale dei ragazzi autistici, nella scuola e in altri contesti?
È molto difficile, si tratta di un percorso ancora lungo, che sicuramente richiederà molto impegno. Ritengo che sia importantissimo sensibilizzare, nel miglior modo possibile, la delicata tematica, cercando di comprendere e di accettare i comportamenti altrui, per ‘abituarsi’ alla diversità, che è un valore aggiunto, e non uno svantaggio. È prioritario non allontanare i ragazzi autistici, non aver paura di loro. Bisogna educare, con costanza, i propri figli ad ‘accogliere’ tutto ciò che appare in contrasto con la ‘normalità’, senza provare alcun pregiudizio.
Di recente ha ideato- e fondato- il “Centro StellAba”, dedicato all’autismo. Quanto è grande la soddisfazione per questo sogno realizzato, e quali sono le attività prevalenti che svolge all’interno del centro?
Il mio orgoglio, relativo alla concretizzazione del mio obiettivo, è davvero grande. Intravedo un lungo percorso da seguire: ho tanto ancora da imparare, e da dare. Il centro, realizzato a misura di ogni ragazzo, dà la possibilità ai genitori di trovare un luogo sicuro, caratterizzato dalla sensibilità, dall’ascolto, dall’aiuto concreto. Io, i supervisori, gli psicologi, illustriamo ampiamente il programma, relativamente al percorso più adatto da seguire. Vi è, inoltre, la possibilità di attuare il pairing training- un processo utilizzato nella terapia comportamentale per costruire una relazione positiva tra il genitore e il bambino- e di formare vari operatori, affinché possano applicare il metodo “Aba” in molte scuole.
Il sabato è dedicato ad alcuni laboratori, aperti sia ai ragazzi normodotati, che ai ragazzi speciali. Si tratta di momenti importanti, che creano un confronto profondo, costruttivo, soprattutto a livello emozionale.
Progetti per il futuro?
Il mio sogno più grande, per il futuro, è quello di vedere un centro grandissimo, dove, al suo interno, ci possa essere non solo una terapista Aba, ma svariate, oltre che una logopedista, una psicomotricista (…) Un vero e proprio ‘regno’ dove i ragazzi possano giocare, acquisire le loro autonomie nel miglior modo possibile. Nel mio cuore vi sarà sempre la costante volontà di dare ‘voce’ ai ragazzi: ognuno di loro deve credere in sé stesso, e vivere le stesse emozioni di un ragazzo ‘normale’.
Carmen Piccirillo