L’incontro romano, sulle pendici del Gianicolo, tra Macron e la Meloni ha prodotto almeno un effimero e provvisorio risultato. Il presidente della Repubblica francese, dopo le frasi offensive verso la destra della sua ministra degli Interni Boone, pronunciate durante la campagna elettorale, quando si temeva da parte sinistra la vittoria, come è stata, di Fdi (“vigileremo sui diritti e le libertà”), ergendosi con arroganza giacobina a giudice della nostra sovranità, ha infatti, sorprendentemente cambiato postura, rallentando per qualche giorno, le abituali ostilità storiche verso l’Italia.
Poi, secondo le aspettative di Palazzo Chigi, il carisma della Meloni avrebbe potuto continuare a “lavorare” per ottenere risultati più rassicuranti e ricomporre finalmente un rapporto problematico con i cugini d’oltralpe. Cambiamento, come si è visto, durato molto poco.
Appena riesplosa la vicenda degli sbarchi, lo scontro atavico tra Francia e Italia è ripartito peggio di prima.
In un primo tempo, la Francia ha dato ragione all’Italia e alla premier. Francia rigida e ferma verso l’immigrazione clandestina (si pensi a come si comporta la sua Polizia al confine), improvvisamente aperta a condividere l’idea che i confini d’Europa (i porti più sicuri e vicini) non devono tradursi in un problema solo italiano o maltese o spagnolo, ma debbano essere condivisi con l’intera Europa (si legga equa distribuzione dei migranti).
Improvvisamente invece, il governo di Parigi è tornato sui suoi passi, rispolverando la sua proverbiale arroganza ideologica e livore antico anti-italiano.
Dopo aver deciso di accogliere l’Ocean Viking “in via eccezionale”, ha subito bacchettato il nostro Paese, ritenendo la politica sui migranti del governo Meloni “un comportamento inaccettabile”, per aver trattenuto in mare e nei porti dei disperati per ben 15 giorni. Reato di lesa maestà umanitaria. Laddove i confini sono un optional.
Un’alta tensione in crescendo rossiniano. L’Eliseo, notizia di giovedì, ha alzato ulteriormente il tiro, decidendo di sospendere l’accoglienza prevista di 3.500 rifugiati attualmente nel nostro Paese. E ha annunciato come evidente ritorsione, di voler “rafforzare i controlli alle frontiere con l’Italia”. Lo ha dichiarato con enfasi il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin, chiedendo a tutti gli altri Paesi partecipanti al meccanismo europeo, in particolare alla Germania, di fare altrettanto. Una decisione arrivata dopo che l’Ocean Viking, con a bordo 231 migranti, “respinta” da Roma, approderà questa mattina al porto di Tolone.
Polemica e al vetriolo la replica del governo italiano che sul fronte migranti, ha ribadito che non muterà di una virgola la sua posizione.
Quello tra noi e la Francia, del resto, è uno scontro millenario, si chiama “sindrome da recinto”.
Significativo, ad esempio, il caso delle vignette di Charlie Hebdo dopo il terremoto del 2016, che ha colpito il centro-Italia, in particolare Amatrice, con quasi 300 morti.
Una satira che non ha rispettato il lutto di quella comunità e non solo, evidenziando in modo eccessivamente ironico e cinico il Dna italiano: “Case all’amatriciana, case costruite dalla mafia”.
Di fronte alla denuncia del comune rietino, la risposta della Corte di Appello di Parigi, oltre alla sentenza di secondo grado che ha confermato la condanna in primo giudizio, ribadendo la legittimità del diritto di satira, la motivazione che di fatto, ha accolto le tesi del giudice istruttore, è stata che il pregiudizio del settimanale francese, non ha intesto criticare Amatrice, ma tutto il popolo italiano. Quindi le vittime del sisma non si devono sentire offese. Peggio che andar di notte (a essere offeso è tutto il popolo italiano).
Se la Meloni lo avesse saputo prima, quando si è incontrata sul Gianicolo, avrebbe “schiaffeggiato” Macron. Della serie, quando i sovranismi collidono.
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