Da qualche settimana comincia a girare per i giornali l’idea che Zelensky sia ormai alla frutta: la strage quotidiana di soldati al fronte, il cambiamento di umore della gente che si sente spinta al massacro, il fatto che il comico da tragedia cerchi disperatamente di incolpare i suoi generali denunciano che ormai la situazione sta diventando irrecuperabile e che i russi stanno aspettando che l’esercito ucraino si faccia decimare in inutili assalti per cominciare la loro offensiva destinata a sbriciolare ciò che rimane. Tuttavia non è che il mese scorso le cose stessero meglio: chiunque avesse un minimo di buon senso sapeva che la controffensiva era solo fumo negli occhi benché prodotto col sangue di tanta gente, il terremoto su Kiev si è invece prodotto nelle ultime settimane, quando Mosca stanca di essere presa il naso da Erdogan e dagli europei, ha rotto l’accordo sul grano, utilizzato in realtà dall’occidente per inviare armi, e ha iniziato a istituire controlli navali dopo aver ampiamente danneggiato le strutture portuali ucraine: questo ha rotto le uova nel paniere a quegli oligarchi che sono ancora politicamente influenti a Kiev: il blocco russo è un bel problema per i loro traffici, qualunque essi siano, compreso quello fiorentissimo degli oppioidi attraverso il Mar Nero e presumibilmente di armi.
Insomma ora che le attività degli oligarchi sono sottoposte a forti limitazioni è molto probabile che il presidente Zelensky dovrà affrontare crescenti pressioni per trovare un modo per porre fine alla guerra e rimettere in moto il “commercio”. Ma sappiamo fin troppo bene che i burattinai del dittatore di Kiev non potrebbe cercare nessun accordo senza il benestare della Casa Bianca e dunque gli eventi futuri dipendono essenzialmente da quale strategia userà Washington e se riuscirà nell’intento esplicito – e subito confortato dall’idiozia dei media – di congelare il conflitto in modo favorevole, ossia creando le condizioni per una sua futura ripresa delle ostilità magari anche attraverso la Polonia. Il fatto è che tutto questo si basa su un falso presupposto, ovvero quello che se l’Ucraina non ha alcuna possibilità di ‘vincere’, anche la Russia non ha alcuna possibilità di avanzare, e quindi il conflitto nella migliore delle ipotesi rimarrà congelato.
Inutile dire che tutto questo non è che l’ultima illusione occidentale: l’idea del congelamento nasce dalla disperazione e non ha alcun senso. La Russia sta appena iniziando a potenziare la sua macchina da guerra e non l’avrebbe fatto su vasta scala se non avesse avuto intenzione di usarla in una sequenza temporale a lungo termine. L’unica domanda è fino a che punto intende spingersi la Russia? Il minimo assoluto è la riconquista fi tutte le terre russofone costituzionalmente riconosciute e ciò include non solo tutta la DPR/LPR, ma anche Zaporozhye e Kherson. Tuttavia le ultime imprese occidentali nel mar Nero costringeranno Mosca a prendersi la fascia costiera che tra l’altro è anch’essa russofona. A questo punto Putin non potrebbe fare marcia indietro nemmeno se lo volesse e se qualcuno si illude ancora che la lentezza dell’avanzata sia sintomo di debolezza, non sa davvero quello che dice: perché la Russia dovrebbe iniziare un assalto generale proprio ora che la stupidità e il cinismo occidentali oltre alla totale confusione che regna a Kiev, fanno sì che ogni giorno centinaia di soldati ucraini cadano in molti assurdi tentativi di sfondamento che alla fine, anche se per caso riuscissero, non potrebbero nemmeno essere sfruttati per mancanza di forze adeguate? Ponti d’oro al nemico che fugge, anche per il nemico che a tutti i costi vuole dissanguarsi. Alla fine la sconfitta dell’occidente sarà ancora peggiore di un rovescio militare, sarà una disfatta di civiltà.
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