Si è ordinato lo sgombero al varco 4 del porto di Trieste. Una decisione che lascia basiti: in un momento in cui la tensione sociale sta salendo, invece di tentare di smorzare i toni, cercare vie di compromesso e aprire spazi di dialogo, si è presa una decisione del tutto inutile e che ha solo l’effetto di acuirle.
Infatti, i portuali e quanti avevano portato loro solidarietà non avevano bloccato l’accesso a quanti volevano lavorare, attestandosi in una posizione dimostrativa e nulla più: Tanto che anche il governo aveva potuto rassicurare la popolazione italiana sul fatto che il porto non era stato bloccato e anzi i media un po’ più cinici (vedi Dagospia) avevano parlato di una “farsa” messa in scena da “quattro gatti”.
L’inutile sgombro
Se vero, come è vero, che si trattava di una manifestazione dal tono simbolico, che bisogno c’era di intervenire? Peraltro, come si è visto dalle immagini, era tutto sotto controllo: anche durante l’iniziale braccio di ferro con la polizia, con questa a spingere e gli altri a resistere, non c’è stato alcun episodio di violenza, solo slogan, canti e qualche immancabile insulto alla controparte.
Uno sgombero del tutto inutile, che magari qualche giocatore di Risiko di Palazzo Chigi registrerà con soddisfazione come la “presa di Trieste”.
Al di là della facile ironia, se questo governo ha il compito di risollevare l’Italia, con tale motivazione il presidente Mattarella ha insediato Draghi, non può non capire che la tensione sociale è un freno che l’Italia non può permettersi.
Invece, per evitare il fastidio di un piccolo presidio che contestava l’introduzione del green pass sul lavoro, misura presa solo dall’Italia, si è deciso di usare i muscoli (su Avvenire si può vedere una tabella dell’Europa, alla quale è stata aggiunta l’Arabia Saudita, presumibilmente per mostrare almeno uno Stato con una legislazione similare).
Probabile che il fatto che tutti media e l’ambito culturale siano prostrati ai piedi di Draghi (a parte rare eccezioni), non faccia bene al presidente del Consiglio, e gli faccia scambiare una normale dialettica politica, del tutto simbolica, come una sfida esistenziale.
Terminiamo riprendendo una nota dell’Ansa: “I dati delle ultime 24 ore confermano che attualmente la pandemia è sotto controllo: i nuovi positivi sono stati 2.437 e le vittime 24; il tasso di positività rimane stabile allo 0,6%, mentre continuano a calare i pazienti in terapia intensiva per il Coronavirus: sono 349, con una riduzione di tre unità rispetto al giorno precedente”.
E ancora: “Attualmente la copertura vaccinale riguarda 43.847.511 italiani che hanno concluso il ciclo. Si tratta del 74% della popolazione complessiva, l’81,2% della platea vaccinabile, quella degli over 12”.
I vaccinati in Italia equivalgono a quelli della Francia, mentre sono superiori a quelli della Germania, che non hanno imposto restrizioni tanto drastiche, mentre i dati sulla diffusione della pandemia evidenziano che è in fase di risacca.
Insomma, anche l’introduzione del green pass sul lavoro appare più una posa muscolare che una vera e propria necessità. L’Italia non ha bisogno di muscoli, ma di cervello per uscire fuori dal tunnel.
Il reddito di cittadinanza degli Agnelli
Da questo punto di vista, la mancata revisione al ribasso/abolizione del reddito di cittadinanza, almeno al momento, appare l’unica misura di certa intelligenza adottata in questo momento, dal momento che, al di là delle ambiguità e le furberie del caso, ha aiutato tante famiglie a evitare il baratro e ai commercianti di arrotondare gli incassi in tempi di magra (non siamo 5 stelle, tanto per evitare equivoci). Evitando al Paese il dilagare del malcontento e le tensioni.
Da questo punto di vista, l’ipotesi di una sua revisione-abolizione, non tanto da parte di ambiti che comunque si fanno promotori delle piccole imprese, quanto da parte di Renzi, che da tempo l’ha messo nel mirino, fa sorridere.
Sarebbe ora, semmai, di togliere il reddito di cittadinanza agli Agnelli, che lo scorso anno hanno incassato un prestito garantito dallo Stato di 7 (sette) miliardi di euro, oltre agli utili derivanti dalle commesse milionarie per le mascherine, con tanto di macchinari prestati dallo Stato (chiudendo peraltro il mercato a tante aziende che si erano riciclate in tal senso per non fallire, comprando i macchinari necessari con i propri soldi).
Il tutto mentre la loro finanziaria, la Exor, nel 2020 ha registrato ricavi per 119 miliardi e liquidità per 35 miliardi (Dagospia). Allora, dati tutti questi utili, perché donare loro anche il reddito di cittadinanza (del quale peraltro usufruiscono da decenni, anche dopo aver spostato la sede fiscale delle loro attività in Olanda)?
Inoltre, dato che l’accusa rivolta al reddito di cittadinanza generalizzato è che non produce attività, ciò potrebbe valere anche per la Fca, che, nonostante i tanti aiuti, non riesce a produrre una macchina buona da decenni, continua a decurtare personale (oggi 30mila – Sole24Ore) e, ciliegina sulla torta, dopo la fusione con la Peugeot, è finita nelle mani francesi, come denota la maggioranza del Consiglio di amministrazione della neonata Stellantis (vedi Affari Italiani).
Non si tratta di redigere un’inutile intemerata contro i poveri Agnelli, che a nulla serve, né contro i media che non fanno caso a certe quisquilie (d’altronde La Stampa e la Repubblica non possono farlo per motivi intrinseci: sono loro), quanto di registrare discrasie che lasciano perplessi.