Comica. Ridicola. Cretina. Stupida. Ha raccolto una valanga d’insulti la proposta di legge di FdI in difesa della lingua italiana, che prevede una multa da 5mila a 100mila euro per chi usa anglicismi e parole straniere nelle comunicazioni pubbliche. A scagliarsi contro il suo promotore, il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, non sono state solo le opposizioni ma persino l’Accademia della Crusca, che ha forse temuto che la politica le stesse rubando il lavoro. Secondo il presidente Claudio Marazzini infatti «la proposta di sanzionare l’uso delle parole straniere per legge, con tanto di multa, come se si fosse passati col semaforo rosso, rischia di vanificare e marginalizzare il lavoro che noi, come Crusca, conduciamo da anni allo scopo di difendere l’italiano dagli eccessi della più grossolana esterofilia, purtroppo molto frequente».
Eppure la proposta di Rampelli non ci sembra peregrina, sia nell’individuare il problema che nei modi proposti per risolverlo.
Quanto alla questione, come ammesso dalla stessa Crusca lo stato di salute dell’italiano è a dir poco preoccupante. Rampelli ha notato che dal 2000 a oggi il numero di parole inglesi ormai finite nel nostro vocabolario sono aumentate del 773 per cento (no, non ci siamo sbagliati a digitare, proprio del settecentosettantatre per cento). A spulciare il dizionario Treccani su un totale di 800mila parole si trovano ormai 9mila anglicismi, molti dei quali avrebbero facilmente trovato un corrispettivo nella nostra lingua.
E qui entra in gioco la questione della soluzione proposta per fermare l’invasione verbale, ovvero la cara vecchia multa. Dato che noi italiani abbiamo dimostrato di essere tutt’altro che interessati a difendere la nostra lingua – e tutto ciò che abbia anche solo lontanamente a che fare con la cultura, eccettuata quella culinaria – ma siamo sempre attentissimi al portafogli forse la minaccia di alleggerirci di qualche migliaio di euro è quello che ci vuole per indurci a comportamenti più virtuosi.
D’altra parte è stato con le multe, non certo con le campagne informative, che gli italiani negli anni Novanta hanno cominciato a rassegnarsi a usare la cintura di sicurezza in auto.
Va poi detto che la legge proposta da Rampelli non si limita all’aspetto sanzionatorio: tra i suoi articoli trova spazio anche l’istituzione di un Comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana, che verrebbe creato specifici «in un’ottica di salvaguardia nazionale e di difesa identitaria» della lingua di Dante.
La speranza è che su questa battaglia FdI non si ostini ad andare da sola, cercando l’appoggio della Crusca, le cui critiche al progetto sembrano più che altro dettate dal disappunto per non essere stata coinvolta. È lo stesso Marazzini infatti che, intervistato da AdnKronos, spiega come «Un intervento poteva essere eventualmente concordato con chi da anni, come noi, si occupa del problema». Non è troppo tardi per rimediare.
E già che ci siamo, ci appelliamo alla Meloni perché restituisca al povero Ministero delle imprese e del made in Italy il suo vecchio, chiarissimo nome.
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