Se si ha il coraggio di vincere la nausea e di accostarsi all’informazione mainstream, ci si accorgerebbe che l’insieme di bugie e di assurdità che si sentono e si leggono ogni giorno, è tutto contenuto dentro la madre di tutte le bugie, ovvero che esista un’unità occidentale. Un conto à se con questa unità si intende la prigione del Washington consensus e l’obbedienza che a esso deve un ceto politico miserabile allevato nelle nursery del neoliberismo, un altro se si intende una vera convergenza di interessi e di prospettive: Nato e Ue, ovvero i muri portanti di questa galera non possono più nascondere le crepe sempre più larghe che si formano, man mano che si accumulano le sconfitte. Potremmo cominciare questo rosario partendo dalla Lituania che in una mossa suicida e ancor peggio idiota. probabilmente suggerita da qualcuno oltre Atlantico, ha annunciato di voler bloccare il transito merci russo verso l’enclave di Kaliningrad: questi poveri idioti dissero detto che stavano solo seguendo le sanzioni dell’UE contro la Russia; tuttavia, queste sanzioni non dicono nulla sul transito tra Russia e Russia e si applicano al commercio russo con l’UE. Inoltre, un accordo permanente Russia-UE consente specificamente tale transito. Per evitare la deflagrazione di un conflitto persino la Ue e la Germania hanno detto ai lituani di darci un taglio. Pare che l’elite politica lituana non abbia ancora capito e sia tuttora sotto choc, come troppo spesso capita agli sciocchi.
La cosa straordinaria in tutto questo è che mentre la Russia può trasferire tutto il suo traffico per e da Kaliningrad sui traghetti che la collegano con il gigantesco porto di recente costruzione a Ust’-Luga (regione di Sa Pietroburgo), può anche isolare completamente la Lituania e gli altri Paesi baltici: tutto il traffico ferroviario deve infatti passare per Kalinigrad che è l’unico luogo dove è possibile effettuare il passaggio tra lo scartamento europeo e quello russo. Ma tutto questo fa parte di una follia marginale, la vera prova dell’unità doveva esserci al G7 dove si diceva ch si stava preparando l’ultimo e decisivo assalto all’economia russa e dove invece si è assistito alla caduta verticale di due pazzesche proposte senza capo né coda. La prima è stata l’idea americana di sanzionare la vendita dell’oro russo, che rappresenta il 10% della produzione mondiale totale. Germania, Francia e Italia non hanno appoggiato questa iniziativa, rinviando ad altri membri dell’Ue, che non erano presenti, e la proposta è stata accantonata, sebbene l’informazione occidentale l’abbia data come operativa. La seconda era la demenziale pensata di Draghi di mettere un tetto al prezzo del petrolio russo: ora se questo tetto fosse superiore al prezzo di mercato, allora questa operazione non avrebbe senso, mentre se fosse inferiore, la Russia si rifiuterebbe semplicemente di vendere a quel prezzo. In risposta, il prezzo mondiale del petrolio aumenterebbe immediatamente. Ora teniamo a mente che questa proposta da mentecatti è stata fatta da uno che ha retto la Banca d’Italia e la Bce, tanto per dire che sono posizioni per le quali non serve l’intelligenza, ma solo la sudditanza. Infatti la proposta è caduta in un imbarazzante silenzio.
L’unico vero passo compiuto è stato un piano infrastrutturale da 600 miliardi di dollari per promuovere l’energia verde in Africa, America Latina e Asia. Si tratta di un gesto simbolico pensato per contrastare l’iniziativa cinese Road and Belt e a tal fine al G7 sono stati invitati rappresentanti di Sud Africa, India, Indonesia, Argentina e Senegal. È stato auspicato in modo piuttosto trasparente che questi paesi si unissero alla buona battaglia contro la Russia nell’ex Ucraina, ma come è andata a finire? ll Sudafrica è un membro BRICS i cui membri senior sono Russia e Cina e dunque niente da fare. l’India, dal canto suo è ora uno dei principali acquirenti di petrolio russo, esportando prodotti petroliferi raffinati anche negli Stati Uniti, l’Argentina ha dichiarato la sua intenzione di unirsi ai BRICS, insieme all’Iran Infine il Senegal, che attualmente presiede l’Unione africana, è stato uno dei primi paesi a inviare il proprio leader a Mosca dopo l’inizio dell’operazione militare speciale nell’ex Ucraina lo scorso febbraio. Diciamo operazione approvata, ma non riuscita e del resto anche se andasse effettivamente in porto quei seicento miliardi finirebbero nelle casse di Cina e Russia che sono attualmente i principali fornitori di tecnologie e di elementi per la realizzazione di parchi solari ed eolici. La cosa curiosa è che mentre si stanziano soldi per le rinnovabili praticamente dovunque, l’occidente è costretto a tornare al carbone per poter sostenete la mancanza di energia russa.
Il fatto che ormai l’occidente viene ascoltato pochissimo e questo anche nel breve periodo non farà che aumentare le fratture al suo interno, perché mano mano ognuno si aggrapperà ai propri interessi: una prova di questo viene dall’Indonesia, il Paese che ospiterà il prossimo G20. Biden ha chiesto al presidente Joko Widodo di non invitare la Russia in risposta all’operazione in Ucraina, Invece il presidente indonesiano è volato a Mosca e ha firmato due importanti accordi: uno da 13 miliardi di dollari per costruire una raffineria di petrolio con l’aiuto della russa Rosneft e un altro è con la compagnia ferroviaria nazionale russa, per costruire 190 km di binari. Davvero la capacità di ordinare il mondo intero è finita e con esso finirà anche quell’unanimismo delle colonie che finora è servito per imporre anche le distopie del reset, anche se in questo caso la velocità del processo dipende principalmente dalla volontà delle popolazioni di liberarsi dal giogo.
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