Le dimissioni di Tavares da Amministratore delegato Stellantis arrivano con oltre un anno di anticipo dalla scadenza del mandato anche se già da settimane si era diffusa qualche notizia, mai confermata, su presunte frizioni all’interno del gruppo. E il motivo del contendere riguarda proprio l’elettrico dentro uno scontro che ha visto contrapposti Stellantis con la Confindustria europea.
36 milioni di compenso per il 2023, Tavares era arrivato alla guida del gruppo italo francese con grandi aspettative di rilancio della produzione e delle vendite a partire dagli Usa ma sono state proprio le politiche improntate a continui tagli ad indebolire alla lunga il marchio con un vistoso calo di vendite e di fatturato registrato fin dal 2023 (sono oltre 270mila le auto in meno vendute).
Un anno fa sono iniziati negli Usa i ridimensionamenti produttivi e i tagli occupazionali, negli Usa le vendite calano di circa il 20 per cento in un solo anno, 5 modelli sono usciti dalla produzione e i tanto decantati investimenti nell’auto elettrica sono arrivati con il contagocce e anche l’effetto dei nuovi prodotti è stato assai contenuto. E in questo anno le azioni di Stellantis quotate in borsa hanno perso oltre metà del valore tanto da spingere quel capitalismo finanziario interno alla società a presentare il conto a Tavares.
E’ presumibile che Stellantis riponesse grande fiducia nella amministrazione Biden e nella Ue per avere risorse da investire nella auto elettrica riservandosi di giocare la carta delle auto cinesi assemblate negli stabilimenti del Gruppo in Europa.
L’arrivo di Trump alla presidenza Usa, i dazi Ue imposti alle esportazioni di auto cinesi verso il vecchio continente, il crollo delle vendite e la mancata realizzazione di nuove vetture tecnologicamente avanzate hanno accelerato l’uscita di scena di Tavares con il risultato di conflitti intestini tra i principali azionisti della società.
Le promesse di rilancio della produzione negli stabilimenti italiani è rimasta lettera morta, gli stabilimenti vanno avanti ad intermittenza con buona parte della forza lavoro in cassa integrazione.
Le nubi all’orizzonte per Stellantis sono sempre più fitte, solo in Ottobre le immatricolazioni nell’area Ue sono diminuite di 16 punti percentuali, i ritardi rispetto a Volksvagen sono cresciuti e a rimetterci sono soprattutto i prodotti e gli stabilimenti italiani il cui rilancio è stato rinviato, anno dopo anno, senza una strategia credibile che per altro necessita di adeguati investimenti.
La disaffezione degli italiani verso il marchio Stellantis è ormai ai massimi livelli storici, in meno di un anno le vendite sono calate di quasi il 9% (dati de Il Sole 24 Ore), il crollo delle vendite negli States è stato determinante per la crisi societaria al momento culminata con le dimissioni del CEO.
Ma le scelte nell’immediato futuro saranno capaci di risollevare il marchio rilanciandone gli investimenti e le vendite?
Se guardiamo ai dati relativi alle vendite e agli investimenti è del tutto lecito nutrire dei dubbi.
Federico Giusti
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