Il lavoro povero è un aspetto caratterizzante il lavoro del Sud ed in un periodo come questo di aumento vertiginoso dei prezzi, determina effetti compromettenti la qualità della vita dei lavoratori, perché lavorare ma non potersi emancipare grazie al lavoro è una distorsione che ci riporta indietro di secoli. Nonostante l’obiettivo del PNRR, che avrebbe dovuto assottigliare il divario tra Nord e Sud, il Mezzogiorno continua a restare in una situazione di grande affanno: è qui, infatti, che gli effetti dell’inflazione all’ 8% sono più accentuati, portando ad una riduzione dei consumi, ad un che PIL cresce in misura minore rispetto al resto del Paese, ad un conseguente aumento il numero dei lavoratori a rischio povertà.

Intervenendo in un mercato del lavoro già segnato da una crescita dell’occupazione di bassa qualità, la ripresa dell’occupazione del 2021 nel Mezzogiorno si è concentrata sulla crescita del lavoro precario che supera le forme di impiego più stabile. Nella nostra regione le ombre che aleggiano sul mondo del lavoro sono preoccupanti. Rispetto alle tipologie contrattuali rilevate dall’Istat, la Basilicata ad esempio sconta una percentuale molto alta di contratti a tempo determinato (66,8%), superiore sia alla media del Mezzogiorno (64,8%) che a quella italiana (55,9%), il che incide inevitabilmente sul fattore “precarietà”.

Il Sud e la Basilicata non solo ha bisogno di lavoro ma ha bisogno di buon lavoro, anche il lavoro povero è da contrastare, perché alimenta le dinamiche della soggezione, del clientelismo, del sottosviluppo economico e sociale. Stando ai dati Istat riferiti al 2022 sono il 77% gli impiegati che lavorano in part time involontario al Sud contro i 55% del Centro-Nord. I dipendenti a termine rappresentano il 23% al Mezzogiorno e scendono al 14% per il le Regioni settentrionali. Numeri più alti nel Meridione anche per gli occupati a termine da più di cinque anni (24% contro i 14 del Centro-Nord) e per i dipendenti con bassa paga (15% contro gli 8 del Centro-Nord).

Nel Mezzogiorno è urgente costruire politiche industriali all’altezza delle sfide di questa epoca, politiche di sviluppo che sappiano intercettare le transizioni ossia quella digitale ed energetica innanzitutto e che producano robusti posti di lavoro. Invece ci sono segnali che non vanno in questa direzione. Il ministero del Sud sostanzialmente non esiste più, perché sovrastato dalla delega sul PNRR, l’Agenzia per la coesione è stata soppressa e il risultato è una stasi delle iniziative economiche in materia di Mezzogiorno che riguardano sia la riconversione delle aree di crisi che lo sviluppo delle aree industriali, tutti questi progetti potrebbero invece favorire la crescita di posti di lavoro buono e la modernizzazione delle politiche industriali del mezzogiorno.

Fonte:

Di BasNews

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