L’attacco alle navi russe a Sebastopoli ha immesso una variabile impazzita nella crisi ucraina. L’attacco ha portato la Russia a rinunciare all’accordo sull’esportazione del grano ucraino, una decisione condannata dai suoi antagonisti perché condannerebbe i Paesi più poveri alla fame.

Forse è così o forse no, dal momento che i russi, come riferisce Us News, hanno annunciato in parallelo la loro disponibilità a donare 500mila tonnellate di grano a tali Paesi.

Corridoi umanitari e zone di guerra

A subire danni dalla decisione russa saranno però sicuramente le multinazionali europee e americane che producono il 71% del grano ucraino e hanno il monopolio della sua commercializzazione, per lo più finora diretta ai Paesi ricchi (vedi Piccolenote).

Il ritiro dei russi dall’accordo è anche un notevole vulnus geopolitico, dal momento che in tal modo collassa l’unica vera intesa raggiunta finora dai contendenti. Ma perché Mosca si è tirata indietro? Le autorità russe hanno affermato che per attaccare le loro navi alla fonda nel porto di Sebastopoli gli ucraini avrebbero usato i corridoi umanitari destinati al transito delle navi che trasportano il grano. Anzi, una di esse sarebbe stata addirittura coinvolta nell’attacco, essendo stata utilizzata per trasportate uno o più droni.

Gli interessati non hanno risposto alle accuse russe, come ormai d’uso in questa guerra. E però tali accuse non sembrano affatto infondate, dal momento che l’attacco ha colto troppo di sorpresa le navi russe, cosa strana per una flotta che opera in una zona di guerra.

D’altronde, chi ha seguito la guerra siriana sa bene come i corridoi umanitari possano essere usati a scopo bellico, dal momento che nel corso del conflitto mediorientale più volte le milizie anti-Assad assediate hanno profittato di tali corridoi, chiesti da Onu e Paesi occidentali per portare aiuto alla popolazione civile, per rifornirsi di armi e munizioni.

Peraltro, l’allarme su un possibile ritiro di Mosca dall’intesa sul grano ucraino era già scattato in occasione dell’attentato al ponte di Kerch, dal momento che gli inquirenti russi avevano raccolto indizi che li avevano portati a ipotizzare che l’esplosivo usato nell’occasione fosse stato trasportato da un mercantile transitato nel corridoio umanitario.

Dato tale precedente, sarebbe stato meglio evitare l’attacco al porto di Sebastopoli, dal momento che la reazione russa che ne è seguita era piuttosto prevedibile. Tant’è.

Attivismo britannico e operazioni speciali

La Russia ha accusato apertamente il Regno Unito di avere, di fatto, progettato e gestito l’attacco alla sua flotta. Non è la prima volta nel corso del conflitto che Londra è chiamata in causa da Mosca, ma negli ultimi tempi, a partire dall’attentato al Nord Stream 2, attribuito dai russi agli “anglosassoni”, tale esplicitazione è stata sempre più frequente, come a marcare una differenza di approccio al conflitto tra Stati Uniti e Gran Bretagna, con questi ultimi a ricoprire il ruolo di guastatori e produttori di escalation, che gli ambiti americani più realisti, tra cui il Pentagono, sembrano voler evitare.

Al di là delle accuse russe, sono diversi gli analisti d’Occidente che hanno segnalato un pericoloso attivismo britannico in questa guerra, che immette nel conflitto in corso una variabile ad alto rischio.

Fonte:

https://piccolenote.ilgiornale.it/mondo/lattacco-al-porto-di-sebastopoli-e-il-grano-ucraino

Di BasNews

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