Il passato, soprattutto il cattivo passato, non è mai sepolto, ma al contrario si insinua nei corridoi carsici della storia e ricompare come nemesi. Così in prossimità del vertice dei Brics a Kazan, la Serbia bombardata e accusata di nequizie compiute da altri, in perfetto stile anglo americano, fa una mossa del tutto inaspettata: ha annullato l’acquisto di 11 caccia francesi Rafale di quarta generazione che era stato deciso nell’aprile scorso come pegno per l’entrata del Paese nella Ue. In effetti l’acquisto di questo caccia, era stato ritenuto necessario dal governo serbo solo per testimoniare l’avvicinamento all’Unione europea, ma fin da subito tale scelta è stata fortemente contestata per il fatto che l’aereo sarebbe stato fornito in versione declassata nelle sue capacità aria – aria perché esso doveva costituire una minaccia limitata per la Nato nel caso in cui la Serbia deviasse dalla linea occidentale. In pratica non sarebbero stati forniti i missili Meteor che sono di fatto l’unico atout dell’apparecchio in questione.
Dunque la decisione di dotarsi di questi caccia era un fatto meramente politico perché un’ arma dalle prestazioni artificialmente ridotte nel contesto di un aereo già largamente inferiore a qualsiasi altro di ruolo simile in produzione nel mondo, con motori debolissimi, un radar ormai pressocché amatoriale e per di più incompatibile con il resto dell’aviazione serba – il cui nucleo comprende apparecchi russi e cinesi – sarebbe stato militarmente un non senso. Per di più questi caccia erano offerti a un prezzo superiore a quello di macchine incomparabilmente più efficienti e fornite senza alcuna limitazione.
Evidentemente in pochi mesi molte cose sono cambiate e dunque il “sacrificio” richiesto per corteggiare l’Ue e dare a Macron la soddisfazione di un affare su aerei che non hanno avuto un gran successo sui mercati internazionali, viene ritenuto eccessivo. Perché? Lo spiega il vice primo ministro serbo Aleksandar Vulin il quale ha spiegato che Belgrado sta valutando la possibilità di entrare nel gruppo Brics come alternativa all’adesione all’Ue. “ Non c’è dubbio che i Brics siano diventati una vera alternativa all’Ue”. Un alternativa anche parecchio più attraente: “I Brics non chiedono nulla alla Serbia e offrono più di quanto possiamo desiderare. L’Ue ci chiede tutto e non sono più sicuro di cosa abbia da offrirci. …. Consideriamo i Brics un’opportunità e un’alternativa”.
Non è la prima volta che l’Ue e la Nato hanno fatto pressioni sulla Serbia perché non si dotasse di armi antiaeree russe che sono le più efficaci al mondo, ma Belgrado si è destreggiata finendo per acquistare il sistema cinese HQ-22 che è simile al Patriot americano, ma con maggiori capacità di operare in una ambiente saturato da emissioni elettroniche. Tuttavia fino ad ora tutto questo rifletteva la volontà della Serbia, memore dell’assalto della Nato, di non fidarsi troppo delle armi occidentali per la sua difesa, ma adesso siamo di fronte a qualcosa di diverso e comincia a farsi strada la possibilità concreta di inserirsi in aree di scambio molto più interessanti di quella europea che del resto è ormai in crisi epocale, per non dire terminale. E non c’è più bisogno di omaggiare Bruxelles o Parigi se si può guardare al altre organizzazioni molto più vitali dell’Europa in suicidio permanente attivo. Dovrebbe essere un campanello di allarme, tanto più che le nuove prospettive vengono dichiarate nel momento in cui i russi stanno sbaragliando la Nato sul territorio ucraino. Ma non c’è miglior sordo di chi non vuol sentire.
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