di Vincenzo Brandi* – Roma 20 agosto 2023
Il 17 agosto sotto l’Ambasciata della Nigeria di Roma è stato organizzato un presidio – con la partecipazione anche di cittadini di vari paesi africani – per chiedere che i paesi facenti parte dell’ECOWAS, cioè dell’organizzazione degli stati dell’Africa Occidentale (CEDEAO in francese), rinuncino all’uso della forza contro il Niger. Gli stati facenti parte dell’organizzazione (attualmente guidata dalla Nigeria) sono tradizionalmente succubi delle politiche neocolonialiste della Francia, degli Stati Uniti e di altri paesi europei che tendono a mantenere il loro controllo economico e politico verso i paesi africani pure dopo che formalmente hanno ottenuto l’indipendenza. La rivolta anticolonialista nel Niger (ex-colonia francese), anche se formalmente attuata con un colpo di stato da parte di un gruppo di militari progressisti, ha ricevuto in realtà l’appoggio entusiastico di gran parte della popolazione che ha assediato l’Ambasciata Francese con slogan anticolonialisti.
L’intervento armato minacciato dai membri dell’ECOWAS con l’appoggio dei vecchi colonialisti ancora presenti in quei paesi con presidi militari (francesi, statunitensi e persino italiani) non si presenta – però – facile. Tre paesi dove già avevano avuto successo rivolte anticolonialiste (e per questo “sospesi” dall’ECOWAS), Mali, Guinea e Burkina Faso, hanno fatto sapere che non rimarrebbero con le mani in mano in caso di attacco militare al Niger. Anche un importante paese di grandi tradizioni anticolonialiste come l’Algeria ha fatto sapere la stessa cosa. L’Unione Africana, che rappresenta tutti i paesi africani, si è dichiarata nettamente contraria.
Gli Africani, così come anche tutti i popoli asiatici e latino-americani conoscono bene i precedenti disastri e le distruzioni provocate dai paesi occidentali e dalla loro organizzazione militare, la NATO: innanzitutto nel 2011 in Libia (che era il paese più benestante dell’Africa, e di chiare tendenze anticolonialiste), fatto che ha segnato l’espansione del terrorismo jihadista in tutta l’Africa Occidentale; poi in Afghanistan (paese in cui per 20 anni la NATO ha fatto terra bruciata salvo poi lasciarlo nelle mani dei fanatici Talebani); e poi in Siria (paese che eroicamente ha resistito, anche se circa un terzo della Siria, comprendente tutte le zone petrolifere, è ancora occupato da truppe USA); e poi in Iraq e tanti altri paesi vittime dell’Imperialismo e del Neo-colonialismo.
Un segno significativo dei tempi è il fatto che i manifestanti in Niger abbiano inneggiato a Putin e sventolato bandiere russe. In realtà i Russi (già impegnati in Ucraina e in parte anche in Siria) non hanno avuto parte nel rovesciamento del precedente governo del Niger ed anzi hanno assunto un atteggiamento molto prudente.
Il fatto significativo – però – è che i popoli del mondo vedono scemare il dominio del capitalismo occidentale che ha cercato di imporre i propri voleri al mondo negli ultimi cinque secoli. Vedono sorgere agguerriti concorrenti a questo dominio come Russia e Cina (indipendentemente dai loro regimi interni la cui analisi meriterebbe un ampio spazio che non abbiamo in questo articolo). La maggior parte degli altri paesi del mondo, tra cui giganti come India, Brasile o Sudafrica, si è defilata dalle strategie occidentali e si è rifiutata di imporre sanzioni alla Russia per la guerra in Ucraina. Questi paesi comprendono molto bene che queste guerra – anche se formalmente iniziata dalla Russia – è stata voluta in realtà da USA e NATO, prima con l’espansione forsennata della NATO verso i confini russi (violando gli accordi presi dagli USA con Gorbacev), e poi cercando di far entrare nell’orbita della NATO anche l’Ucraina (paese sempre profondamente legato alla Russia e dove vivono milioni di Russi), prima con la rivoluzione “colorata” del 2008 (poi fallita), e poi con il colpo di stato di chiara ispirazione nazista e razzista del 2014, ed infine con il rifiuto di trattare con la Russia sulla base degli accordi di Minsk del 2015 che prevedevano il mantenimento della neutralità dell’Ucraina a garanzia della sicurezza della Russia.
Tutto questo sposta gli equilibri mondiali in Asia, in Africa e persino in America Latina (con la grande vittoria di Lula in Brasile e la vittoria di un candidato di sinistra persino in Colombia, paese tradizionalmente di destra e molto legato agli USA). L’Occidente formato da USA, UE ed alcuni alleati come Canada o Australia, rischia a sua volta di rimanere isolato e di non poter più dettare al mondo la propria agenda. Gli sviluppi sono imprevedibili, perché c’è sempre la tragica eventualità – assolutamente da evitare – che tutto questo sfoci in uno scontro militare mondiale scatenato dagli USA che non si rassegnano alla perdita dell’egemonia.
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