di Moritz Koch e Christian Wermke – Handelsblatt
Nella lotta alla pandemia, i governi dei paesi dell’euro si sono spinti al limite – e l’Italia un po’ più in là. Così si può grossomodo riassumere la valutazione della Commissione Ue. L’autorità di Bruxelles ha approvato i bilanci degli Stati membri per il prossimo anno, chiedendo di apportare miglioramenti solo agli Italiani. Il rimprovero della Commissione è stato oggetto della riunione dei ministri delle finanze dell’euro, lunedì a Bruxelles. Il governo italiano non ha opposto gran resistenza. Dopotutto, le formulazioni sono estremamente moderate. Bruxelles non chiede rigide misure di austerità, anzi – scrive la Commissione – vuole «invitare» l’Italia a limitare l’aumento della spesa corrente.
È uno scontro coi guanti di velluto, eppure è di grande importanza. Perché si tratta di stabilire quando e come gli Stati dell’euro dovrebbero uscire dallo stato di emergenza della politica fiscale e tornare alla regolare gestione del bilancio. «Non possiamo rimandare per sempre il consolidamento, i governi devono iniziare a un certo punto», avverte Guntram Wolff, direttore di Bruegel.
Cresce la preoccupazione anche nel Parlamento Ue. «L’Italia è motivo di preoccupazione per il suo alto livello di debito», afferma il politico finanziario della CSU Markus Ferber. Tanto più che il sostegno di Bce «nel medio termine» finirà. Da anni Bce contribuisce ad abbassare i tassi di interesse nell’area dell’euro, acquistando titoli di stato. Ne beneficiano in particolare i paesi dell’Europa meridionale. Ma l’aumento dell’inflazione potrebbe presto costringere la banca centrale a correggere la propria rotta e abbandonare il governo di Roma agli umori del mercato dei capitali. «Se gli investitori perderanno la fiducia, esso sarà inaccessibile all’Italia», avverte Ferber. L’Italia attualmente sopporta quasi un quarto del debito nella zona euro. Alla fine dell’anno, la montagna di debiti potrebbe salire sino a 2,7 trilioni di euro, un nuovo record. Questo rende il Paese un rischio sistemico per la zona euro, o nel gergo della crisi finanziaria: «too big to fail».
Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha più volte sottolineato di voler ridurre tale debito. Ma anche che – per lui – c’è un solo modo per farlo: «noi, ma anche i Francesi, gli Spagnoli, tutti gli Europei, usciremo da questa situazione di alto debito solo attraverso una maggiore crescita», ha detto Draghi mesi fa. Ha pure espresso la richiesta di riformare le regole fiscali della Ue, di recente sempre più spesso. Esse prescrivono un debito nazionale massimo pari al 60% del Pil e limitano il deficit di bilancio consentito al 3%.
La Commissione Ue ha avviato le consultazioni per una riforma del Patto di stabilità e crescita. Il prossimo anno il Commissario monetario Paolo Gentiloni (Presidente del Consiglio italiano dalla fine del 2016 alla metà del 2018) presenterà le proprie proposte. Durante la pandemia, il debito nazionale in media nella zona euro è salito al 100% del Pil. In base alle regole attuali, l’Italia dovrebbe generare avanzi così elevati da raggiungere nuovamente la soglia del 60% in 20 anni. Secondo gli economisti, ciò richiederebbe tagli di bilancio così severi, che l’Italia e i paesi indebitati come lei dovrebbero affrontare un grave recessione economica – e il livello del debito, misurato rispetto al Pil, potrebbe addirittura aumentare.
Il Ngeu, da 750 miliardi, è stato istituito appositamente per proteggere i paesi dell’euro da una politica di austerità auto-distruttiva. L’Italia da sola può aspettarsi da Bruxelles 191 miliardi, dei quali quasi un terzo sono contributi a fondo perduto. Roma dovrebbe sfruttare questa opportunità per limitare la spesa nazionale, afferma l’economista Wolff. «Altrimenti il deficit sarà troppo alto e l’adeguamento richiesto in seguito troppo difficile».
Omicron, la nuova variante apparentemente molto contagiosa del Covid, sta alimentando ulteriore incertezza. «Non si può escludere che la protezione offerta dalle vaccinazioni precedenti sia scarsa e che siano necessari nuovi lockdown», sostiene Wolff. In tal caso, i governi dovrebbero sostenere l’economia con nuovi programmi di aiuto. Questo è uno dei motivi per cui è saggio mantenere un margine di manovra finanziario.
Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) giunge a una valutazione simile. Il capo del FMI, Kristalina Georgiewa, ha preso parte alla riunione di Bruxelles dell’Eurogruppo e ha presentato l’analisi dei propri economisti: «i piani di consolidamento a medio termine credibili dovrebbero essere annunciati ora», chiede il FMI. Georgieva aveva già avvertito qualche giorno fa che Omicron avrebbe offuscato le sue prospettive di crescita: «una nuova variante, che potrebbe diffondersi molto rapidamente, può intaccare la fiducia», ha affermato il direttore del FMI.
Il governo non vuole soffocare la crescita
Una riacutizzazione della pandemia sarebbe particolarmente drammatica per l’Italia. Il Paese è stato specialmente colpito dalla crisi. Nel 2020 la produzione economica è crollata quasi del 9%. Al momento, sembrava che l’Italia stesse riprendendo terreno. L’economia è cresciuta più rapidamente di quanto non sia stata da molto tempo: si prevede una crescita di oltre il 6% nel 2021, 1,5 punti percentuali in più rispetto alle previsioni di inizio anno e molto più velocemente di molte altre nazioni industriali del mondo. Il livello del 2019 sarà superato dall’economia italiana nella prima metà del prossimo anno e la crescita del PIL è stimata al 4,6 per cento per il 2022.
Il governo non vuole in nessun caso soffocare tale crescita e [perciò] vuole continuare ad indebitarsi. Si prevede che il deficit di bilancio sarà del 5,6% del Pil nel 2022, ben al di sopra dei criteri di Maastricht. Dei 30 miliardi della nuova legge di bilancio, ben 12 sono destinati al taglio delle tasse. Di una riforma fiscale dovrebbero profittare soprattutto le famiglie a basso reddito. Ma, in futuro, pure i pensionati dovranno pagare meno tasse. Secondo la bozza, che deve passare in parlamento entro la fine dell’anno, persino i redditi alti dovrebbero pagare di meno.
Con tali piani di spesa, sorgono dubbi sul fatto che l’Italia stia seriamente perseguendo l’obiettivo di sgonfiare il debito strutturale. È già il 155,6 per cento del prodotto interno lordo (PIL). Nella zona euro, solo i greci stanno peggio. Se si guarda ai piani di bilancio dei prossimi anni, tale cifra si ridurrà solo lentamente: il ministro delle Finanze Daniele Franco sta ancora pianificando un debito del 146,1% del Pil nel 2024. Prima del Covid, tale valore era del 134,8%. Certo, il costo del debito è diminuito a causa del basso livello dei tassi di interesse. Il costo medio ponderato delle passività era del 4% nel 2012, ora è sceso a circa il 2%. Attualmente, i titoli di Stato italiani con scadenza decennale hanno un tasso di interesse dello 0,9%, inferiore a quello che è stato per lungo tempo. E, grazie all’aumento dell’inflazione che a novembre era del 3,8 (valora raggiunto l’ultima volta nel 2013), la montagna di debiti dell’Italia si sta un po’ sciogliendo.
Le aziende criticano la pianificazione del budget
Tuttavia, anche Confindustria critica i piani di bilancio: «non è un passo essenziale per la modernizzazione del Paese». Per le aziende c’è «niente» in bilancio, ha lamentato il presidente di Confindustria Carlo Bonomi in un’intervista al quotidiano «Corriere della Sera». «Al contrario, ci sono una serie di punti che minano la crescita delle aziende».
Di parere simile l’associazione API, che rappresenta le piccole e medie imprese: «Le nostre aziende sono quelle che fanno innovazione», spiega il presidente dell’API Paolo Galassi. «Ma hanno bisogno di più sostegno». Nel caso dell’innovazione verde, ad esempio, un elemento centrale del Fondo per la ricostruzione dell’UE, egli vede «ancora nessun vero progetto» da parte del governo.
Anche per l’economista italiano Lorenzo Codogno «non è in vista alcun consolidamento di bilancio». Il Paese ha profondi problemi strutturali, le riforme avviate dal governo Draghi e l’aumento degli investimenti non bastano a cambiare le prospettive a lungo termine. Codogno è certo: «Questo governo dovrebbe restare al potere almeno cinque anni, per far sì che le riforme non siano solo approvate, ma anche attuate». Ma ciò non è particolarmente probabile, vista la cronica instabilità del sistema di governo italiano.
(Traduzione di Musso)
fonte: https://www.lantidiplomatico.it/