di Clara Statello
Il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, si scaglia di nuovo contro la Russia dopo il ritiro dalla Black Sea Grain Initiative. In un tweet pubblicato lunedì mattina ha esortato le nazioni ad “organizzare una risposta globale congiunta al terrorismo alimentare” di Mosca che terrebbe “in ostaggio 400 milioni di persone” al fine di “ottenere concessioni”.
In particolare si rivolge ai Paesi dell’Africa e dell’Asia in quanto “maggiormente colpiti dall’aumento dei prezzi del cibo”. L’appello giunge dalla Guinea Equatoriale, dove Kuleba è in visita nell’ambito del suo tour nei Paesi africani iniziato il 23 luglio, il terzo in meno di dieci mesi. Il viaggio si svolge alla vigilia del vertice Russia-Africa, il secondo forum per la cooperazione economica ed umanitaria, che si terrà a San Pietroburgo il 28 e 29 luglio.
Il capo della diplomazia ucraina non è l’unico a puntare il dito contro il Cremlino. Il segretario di Stato USA Antony Blinken accusa la Russia di utilizzare il cibo come un’arma, il presidente dell’ONU António Guterres ritiene che sospendere le esportazioni di grano “sferrerà ovunque un duro colpo alle persone bisognose”, l’UE condanna Mosca per esacerbare “la crisi della sicurezza alimentare globale”. Cinicamente anche il FMI fa parte del club di quanti accusano la Russia di provocare la fame nel mondo.
La decisione della Russia “peggiora le prospettive della sicurezza alimentare e rischia di aumentare l’inflazione alimentare globale, soprattutto per i Paesi a basso reddito”, scriveva il Deutsche Welle all’indomani della fine della proroga dell’accordo.
E’ davvero così? E’ Mosca a provocare l’insicurezza alimentare dei Paesi più poveri per “ottenere concessioni” ? O si tratta di parte della verità se non proprio di una verità di parte?
Le garanzie del Cremlino: il grano arriverà
La Russia è disposta a rifornire gratuitamente di prodotti agricoli gli Stati africani. A meno di una settimana dal summit di San Pietroburgo il presidente russo Vladimir Putin garantisce l’impegno di Mosca a scongiurare la crisi alimentare, paventata dai leader dei Paesi del Primo Mondo e dalle organizzazioni internazionali a causa della sospensione degli accordi sul grano.
“Voglio assicurare che il nostro Paese è in grado di sostituire il grano ucraino sia su base commerciale che gratuita, soprattutto perché quest’anno ci aspettiamo un altro raccolto record”.
Il leader russo lo scrive in un articolo, pubblicato domenica sera sul sito ufficiale del Cremlino dal titolo “Russia e Africa: unire le forze per la pace, il progresso e un futuro di successo”.
“Nonostante le sanzioni – prosegue – la Russia continuerà i suoi energici sforzi per fornire approvvigionamenti di cereali, prodotti alimentari, fertilizzanti e altri beni all’Africa”.
Mosca intende sviluppare “l’intero spettro di legami economici” con l’Africa, sullo sfondo del comune impegno nella costruzione di un nuovo ordine mondiale multipolare, fondato su relazioni di reciproco vantaggio e dunque, in definitiva, “più giusto e democratico”.
Il blocco economico imposto dall’Occidente non è riuscito a interrompere le forniture grano, orzo, mais e altre colture ai Paesi africani sia commerciali che come aiuti umanitari, tramite il programma alimentare delle Nazioni Unite. Nel 2022, la Russia ha esportato 11,5 milioni di tonnellate di grano in Africa, mentre nella prima metà del 2023 sono state consegnate quasi 10 milioni di tonnellate.
Il vertice del prossimo fine settimana segnerà un ulteriore passo nel consolidamento dei rapporti di cooperazione e sviluppo tra la Russia e i partner africani. In questo quadro va letto sia l’attacco di Kuleba sia il suo sforzo diplomatico in Africa.
Perché la Russia si è ritirata dall’accordo
Putin ha illustrato le ragioni del ritiro di Mosca. L’accordo, inizialmente siglato per scopi umanitari, “è stato in realtà utilizzato spudoratamente ed esclusivamente per l’arricchimento delle grandi imprese statunitensi ed europee che esportavano e rivendevano grano dall’Ucraina”.
“I fatti parlano da soli. In quasi un anno del patto sul grano, dall’Ucraina sono state esportate in totale 32,8 milioni di tonnellate di merci, di cui oltre il 70% è andato a Paesi ad alto e medio reddito, Ue compresa, mentre paesi come Etiopia, Sudan e Somalia, ma anche Yemen e Afghanistan, hanno ricevuto meno del 3% del volume totale, cioè meno di un milione di tonnellate”, scrive Putin.
Questi dati sono confermati da fonti occidentali.
In base alle stime di Statista al 17 luglio 2023, oltre l’80% delle esportazioni agricole ucraine garantite dalla Black Sea Grain Initiative è andato ai Paesi ricchi a partire dall’agosto 2022. Per l’esattezza i Paesi a reddito alto hanno ricevuto il 43,6% mentre i Paesi a reddito medio-alto il 36,7%. In confronto, i Paesi a reddito medio e basso insieme rappresentavano quasi un quinto delle esportazioni in termini fisici. I Paesi poveri hanno ricevuto solo il 2,5% del grano ucraino. Da ciò si può concludere che il corridoio non è stato utilizzato per scopi umanitari, per scongiurare la fame nel mondo, ma prevalentemente commerciali, per scongiurare ingenti perdite delle società alimentari.
Un’altra mappa elaborata dall’International Trade Center, basata sui dati del governo ucraina mostra come l’Africa abbia ricevuto una quantità inferiore di esportazioni di cereali rispetto all’Europa. A parte Algeria (5,25%) ed Egitto (9,02%), Marocco, Tunisia e Libia importano tra 0.75% e 2,63%. Nell’Africa sub sahariana solo Sudan, Etiopia, Somalia, Kenia, Uganda, Tanzania, Ghana, Gibuti e Camerun sono stati riforniti di grano ucraino ma con percentuali per lo più inferiori all’1%.
Il secondo motivo del ritiro dall’accordo è che “nessuna delle condizioni” relative all’esenzione dalle sanzioni delle esportazioni russe di grano e fertilizzanti verso i mercati mondiali è stata rispettata. Non si tratta dunque di “concessioni”, come maldestramente o in smaccata malafede afferma Kuleba, ma delle inadempienze delle condizioni contrattuali della controparte occidentale, che dunque portano alla risoluzione dello stesso.
Inoltre, ma questo non è menzionato nell’articolo di Putin, il corridoio umanitario del grano sul mar Nero è stato deliberatamente utilizzato dalle forze di Kiev per sferrare attacchi contro il ponte di Crimea e Sebastopoli, secondo Mosca.
L’accordo del grano avrebbe dovuto avere un carattere umanitario ed è questa la ragione per cui la Russia lo aveva siglato. Nei fatti, però, è stato utilizzato per scopi commerciali, dunque è venuta meno la sua ragione d’essere. Queste sono le argomentazioni della Russia, supportate dai dati statistici forniti da Kiev.
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