di Giuseppe Frangi
La mano di Maria regge con grande tenerezza la testa di Gesù morto. Ne sta tenendo in grembo il corpo, proprio come lo teneva quando era bambino, nelle infinite immagini che sono arrivate fino a noi. Possiamo immaginare che cronologicamente sia un momento da collocare tra la Deposizione della Croce e la Sepoltura.
Una situazione che i Vangeli non documentano, ma è ben credibile che Maria, prima di affidare il Figlio al sepolcro abbia avuto il privilegio di questo abbraccio. Il rapporto con Lui è sempre stato all’insegna della concretezza, anche fisica: un’affezione che si esprime attraverso questo contatto, questo stringersi in abbraccio dei rispettivi corpi.
Ma Maria in questa situazione, codificata dal punto di vista iconografico come “Pietà”, fa qualcosa di più: ci mostra il volto di Cristo; quasi ce lo porge. La Pietà non è un fatto privato tra lei e quel Figlio, ma è un’ostensione coram populo.
Così noi non siamo spettatori di una relazione speciale, ma siamo chiamati a essere parte del mistero di quella relazione. «Presi in grembo il tenero mio Figlio e lo guardai: era morto… il suo volto morto, come tutto il suo corpo si era trasfigurato in una bellezza che tutti i cuori insieme non sarebbero in grado di meditare».
È un passaggio delle Meditazioni sulla Deposizione scritte dal domenicano Enrico Susone intorno al 1327. Sono le parole che tradotte in immagini stanno all’origine della diffusione del soggetto della Pietà: in Germania le chiamavano “vesperbild” in quanto erano immagini pensate per i vespri del Venerdì santo. È proprio di un artista tedesco di metà 1400 questa Pietà, scolpita in alabastro, conservata al Museo del Louvre.
C’è un’infinita tenerezza nello sguardo di Maria verso il Figlio; vi si legge un dolore immenso che però non trascende in disperazione. Ha oggettivamente tra le braccia il corpo di Gesù morto, eppure questo loro rapporto non è affatto definito dalla morte. Il volto che Maria amorevolmente ci porge, reggendolo con la sua mano, è trapassato da un mistero: è volto presente, che accende un’affezione nel nostro cuore, come solo chi è vivo può accendere.
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