Chitarrista, session man, insegnante e dimostratore, il vulcanico Carlo Di Pinto -originario di Lavello (Potenza)- instaura il suo rapporto con la musica all’età di otto anni fino a quando, anno dopo anno, diventa la colonna portante della sua vita. Ha frequentato prestigiosi corsi, ricevuto moltissimi riconoscimenti, e collaborato con tanti artisti. Molti i suoi tour all’attivo; attualmente insegna chitarra nel suo studio e in diverse scuole, e si esibisce live con i suoi svariati progetti.
Nutre una grande ammirazione verso il chitarrista Jeff Beck; ha collaborato live con Ricky Portera, chitarrista di Lucio Dalla, degli Stadio (…)
Recentemente ha conseguito una laurea specialistica, presso il Conservatorio di Pescara “Luisa D’Annunzio”, in composizione Pop/Rock. Inoltre, si è formato al Cet, Scuola di Mogol.
La tua carriera è straripante di successi. Qual è stata, tra le tante, la soddisfazione che ti ha regalato l’emozione più grande?
Non è semplice rispondere a questa domanda perché le soddisfazioni sono state svariate: quando un musicista è sempre “on the road”, vive svariati momenti, tutti molto belli e diversi tra loro, l’intensità delle emozioni è impossibile da descrivere con le parole. Una mia grande soddisfazione, che ricordo con grande piacere, l’ho vissuta all’interno del Cet di Mogol, al teatro, quando ho suonato una mia versione strumentale di “E penso a te” al cospetto del grande Maestro Mogol: ricordo ancora benissimo le sfaccettature emozionali che hanno smosso la mia interiorità, provate quando si è complimentato con me, e lo ha fatto abbracciandomi. Tutto questo mi è rimasto nel cuore, ed è sinonimo del fatto che il “messaggio” che volevo lanciare è arrivato.
Hai conseguito una terza laurea. Questo conferma la tua prerogativa vincente: la perseveranza.
Ritengo che sia molto importante, per un musicista, aggiornarsi. All’epoca, il chitarrista poteva solamente suonare, oggi non è più così: bisogna saper arrangiare, saper scrivere, saper produrre, saper esporsi sui social network, saper essere attinenti al progetto all’interno del quale si va a suonare. Se un chitarrista, per esempio, fosse chiamato da una band pop, non potrebbe accettare la proposta pensando di poter suonare altro, ma svolgere il suo ruolo nel miglior modo possibile. Le varie specializzazioni, nel mio caso, mi hanno creato sempre grande entusiasmo. Durante le lezioni presso il Conservatorio di Pescara (con il Maestro Angelo Valori) dove ho conseguito la terza laurea, ho stretto dei legami molto significativi, molto profondi con altri musicisti. Dopo essere tornato dall’estero, è stato fantastico poter iniziare questo percorso tutto nuovo, che mi ha cambiato molto interiormente e mi ha fatto raggiungere i risultati che desideravo. Consiglio vivamente a tutti i musicisti di non sentirsi mai “arrivati”, ma di avere sempre sete di conoscenza.
Con chi stai suonando ultimamente?
Sto suonando con i Fanoya. Sono molto felice di far parte di questo gruppo: siamo attualmente in tour, abbiamo alle spalle molti appuntamenti in Italia. Ci tengo ad esprimere la mia sincera gratitudine a Giacinto Brienza (Fanoya), che mi ha coinvolto nel suo lodevole progetto. Negli ultimi tempi, abbiamo lavorato molto: abbiamo organizzato oculatamente il repertorio, abbiamo provato e riprovato, non ci siamo mai fermati. La mia adrenalina è sempre molto alta, una conferma del bel rapporto che si è creato tra noi. Da più di tredici anni, inoltre, suono con i Funky monks, tribute band dei Red Hot Chili Peppers, dove cerchiamo di portare le energie della band californiana in giro per l’Italia.
Hai frequentato una prestigiosa scuola, il Cet di Mogol, ricevendo una borsa di studio. Come definisci questa esperienza?
Un’esperienza straordinaria. E’ una struttura incantevole, immersa nel verde, con delle camere stupende, teatro, cavalli, ci si sente accolti, e “a casa”. E’ stato un grande onore poter stare a contatto con il grande Maestro Mogol, patrimonio indiscusso della storia della canzone italiana nel mondo. Il corpo docente è preparatissimo, sempre disponibile, attento, empatico, lo definisco superlativo: mi hanno dato davvero tanto. Ho frequentato un corso di composizione, tra le tante cose mi piace moltissimo scrivere, comporre. Anche in questo caso ho stretto delle amicizie bellissime, con cui ho avuto confronti davvero importanti.
Sei un grande estimatore di Jaff Beck. Cosa ti ha colpito maggiormente di lui?
Quando è venuto a mancare ho avvertito una immensa tristezza. L’ho seguito dal vivo la scorsa estate, è stato un vero e proprio sogno. Grazie a Jaff Back, ho imparato il grandissimo rispetto per una melodia. Mi viene in mente la sua versione di “Nessun dorma”: lui rispetta esattamente le note della voce. Questa è una cosa che porto nel profondo del mio cuore. Ho imparato da questo grande chitarrista ad avere il giusto tocco, a suonare tutte le parti della mia Fender Stratocaster. Mi dispiace molto di non aver mai potuto mai stringergli la mano, ma rimarrà impresso, indelebilmente, dentro di me.
Hai suonato più volte live con il chitarrista Ricky Portera. Cosa ha significato per te?
Da piccolo, in auto con mia madre, ascoltavo Lucio Dalla. Quando ho incontrato Ricky Portera, al Saint Louis di Roma durante una MasterClass, per me è stato come sognare a occhi aperti. Ricky mi ha insegnato il vero lavoro del musicista: come districarsi nelle situazioni non idilliache, come saper gestire la propria serata, portare con autenticità la propria musica, avere un proprio suono caratteristico, essere un musicista con l’ambizione a migliorarsi sempre, senza alcun tentennamento (…) Ricky Portera mi ha insegnato il palco in tutti i sensi, mi ha insegnato ad avere il giusto suono.
In che modo, secondo te, è possibile trasmettere agli allievi l’autenticità della passione verso la musica?
La vera passione verso la musica nasce dal profondo della propria anima, e, quando si è convinti di questo, è facilmente trasmissibile all’esterno. Io ho deciso di fare il docente perché amo aiutare gli allievi a scoprire, esplorare, ad ampio spettro, la passione per il proprio strumento. Cerco sempre di essere attento a ogni loro esigenza, di supportarli costantemente, di trasmettere tutto ciò che ritengo molto importante. Spero che per loro sia un percorso costruttivo: vederli crescere, giorno dopo giorno, per me, è meraviglioso.
Come vedi il tuo futuro nel mondo della musica?
Mi vedo con la mia Stratocaster blu, sul palco, e sempre in tour con svariati progetti.
E’ la mia vita, è ciò che mi rende felice, ed è ciò che farò sempre.
Spero molto, nel mio ambito così come in altri, in un ritorno all’empatia verso il prossimo, un valore importantissimo, che ultimamente scarseggia.
Carmen Piccirillo