Dell’aprile del 1962 è “Jazz Samba” un album che Stan Getz e Charlie Byrd pubblicarono per la Verve Records e di cui faceva parte il brano “Desafinado” che curiosamente in portoghese significa “stonato”. Il disco diede avvio allo stile che fuse il jazz alla musica popolare brasiliana, in particolare il samba e la bossa nova.

L’anno precedente il chitarrista Charlie Byrd aveva effettuato una tournée in Brasile per conto del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, dove aveva avuto modo di entrare in contatto con Joao Gilberto ed il suo modo assolutamente nuovo di suonare, la cosiddetta “batida”. Byrd tornò negli States e propose la bossa alle case discografiche dell’epoca, che non mostrarono però alcun interesse. La cosa non scoraggiò però il jazzista, che incominciò a suonarla nei concerti, sebbene faticasse a coinvolgere altri artisti nel suo progetto di fusione tra jazz e musica brasiliana. La svolta si ebbe solo dopo l’incontro con il sassofonista Stan Getz che, di ritorno dal suo soggiorno in Danimarca attraversava un momento di crisi artistica e personale. Il musicista, dopo una difficile fase di adattamento ai nuovi stilemi, aderì all’invito di Charlie Byrd e nel febbraio del 62, in una chiesa del quartiere nero di Washington, i due diedero avvio alla registrazione di “Jazz Samba”. Erano gli stessi anni nei quali si esprimeva sul versante del jazz di matrice nera un gigante come John Coltrane.

Il clamoroso ed impensabile fino a poco prima, successo del disco di Getz e Byrd, che divenne uno degli album jazz più venduti di sempre, fu inizialmente accolto con freddezza da certa critica, che lo leggeva e per molto tempo lo leggerà come l’espressione di un disimpegno, votato alla leggerezza e ben lontano dalle scelte compiute negli stessi anni da altri musicisti, soprattutto di colore. Il sospetto però che la fusione tra jazz e musica sudamericana fosse ben più che un’operazione esclusivamente commerciale non tardò ad insinuarsi e questo per diversi ordini di ragioni, primo tra tutti l’autenticità poetica del linguaggio musicale brasiliano, il cui fascino e le cui peculiarità estetiche prescindevano dal rapporto con il jazz. Quest’ultimo, per parte sua era dotato di un apparato tecnico che consentiva alla bellezza del repertorio di Joao Gilberto, Powell, Jobim etc. di emergere nella maniera migliore possibile, la più efficace esteticamente e poeticamente e di creare di fatto un nuovo genere in un momento in cui da un punto di vista creativo il jazz viveva una difficile fase di stanca. Ma queste argomentazioni rischierebbero di apparire parziali se si decidesse di non ricomprendervi il contributo personale di Stan Getz. La dimensione poetica della musica popolare brasiliana, che pure è dotata di un autonomo, nonché altissimo valore estetico, grazie al sassofonista statunitense si arricchì di una nuova componente che, ad onta di quanti hanno messo nel tempo in discussione il peso del musicista da un punto di vista jazzistico, seppe creare “parole” di una incisività profonda come solo i massimi rappresentanti del genere sono stati in grado di fare, senza tuttavia nella maggior parte dei casi riscuotere il medesimo successo. Un’operazione artistica va infatti valutata soppesando tanto l’apporto creativo, quanto la padronanza del linguaggio all’interno del quale si è lasciato un contributo. Sono persuasa del fatto che a tutt’oggi l’incontro tra il jazz e musica brasiliana venga considerato una declinazione pop del primo e questo fa un torto alla grandezza dei musicisti che vi hanno contribuito, allo studio dell’evoluzione musicale di entrambe i generi, ma soprattutto trascura il valore di arricchimento poetico ed in ultima analisi umano che l’operazione stessa ha garantito.

Rosamaria Fumarola

Di BasNews

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