Il martoriali e ingannati cittadini occidentali lo hanno già vissuto: dal 22 febbraio del 2022 si sono sentiti dire dai media mainstream che la Russia non avrebbe potuto assolutamente vincere la guerra in Ucraina; che le sanzioni l’avrebbero schiacciata; che Zelenskyj, con il suo sostegno di centinaia di miliardi di dollari dagli Usa e dall’Europa, avrebbe sicuramente prevalso; che la Russia avrebbe finito le armi in breve tempo e subito perdite perdite insopportabili; che Putin sarebbe stato cacciato o sarebbe morto; che la spedizione di armi miracolose americane avrebbe cambiato la situazione. Nessuna idiozia è stata risparmiata pur di non vedere che stava accadendo ciò che non poteva poteva accadere che dal momento in cui la maggioranza del mondo non occidentale aveva rifiutato di accettare le sanzioni alla Russia, tutto era effettivamente finito. E le centinaia di migliaia di morti successivi non sono stati che una proterva offerta di sangue al dio dell’America in declino.
Oggi, sia pure in contesto differente assistiamo a un fenomeno simile: poiché in Occidente non si riesce nemmeno a immaginare che il governo di estrema destra di Tel Aviv abbia torto allora si è costruita una sorta di bolla completamente separata dalla realtà morale e strategica. Non si riesce a riconoscere che la stragrande maggioranza del mondo rifiuta i massacri di Gaza certamente non a causa di un antisemitismo che viene tirato in ballo ad ogni momento come alibi e soprattutto non si riesce a immaginare che Israele a causa del suo attacco genocida ai danni dei civili, stia perdendo la guerra. I leader di Tel Aviv che comunque godono dell’appoggio di solo il 27 per cento degli israeliani stanno comprendendo che la guerra sarà lunga, costosa e crudele, che le aspettative saranno difficili da raggiungere visto che tra l’altro mancano di un chiaro piano militare o politico. Inoltre sebbene nascoste l perdite cominciano ad essere elevate anche in termini di mezzi, anche se in occidente sta diventando difficile trovare immagini di carri e blindati distrutti a causa dell’autocensura. Dice il quotidiano Maariv : “Le forze della resistenza sono ben lungi dall’essere spezzate. Hamas riesce nella maggior parte dei casi a mantenere un metodo di combattimento organizzato, basato principalmente sugli scontri nei tunnel , sull’uscita dai nascondigli e sul lancio di missili contro i nostri veicoli corazzati”. Considerando le guerre precedenti, comprese quelle del 2008 e del 2014, “distruggere Hamas” è sempre stato un obiettivo fondamentale che non è mai stato realizzabile. Non c’è motivo di credere che questa volta lo sarà, soprattutto perché il movimento è ora molto più forte, con radici molto più profonde nella Striscia di Gaza, rispetto a prima. Le sue difese militari e il suo arsenale sono stati rafforzati al punto da essere difficilmente penetrabili, e alla fine non è uno Stato o un esercito regolare che può annunciare la sua resa, ma piuttosto un esteso movimento di resistenza popolare sulla via di una prolungata ribellione palestinese. lotta.
Inoltre ci troviamo di fronte a una leadership che ha di fatto perso il consenso interno e non può appoggiarsi a un fronte politico e sociale coeso: in queste condizioni è difficile ottenere quella mobilitazione anche economica che sarebbe necessaria a una vittoria. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, come mostrano i sondaggi, è estremamente impopolare, e le sue decisioni politiche e militari non sono accettate e sono oggetto di diffuse critiche. Anche il corso della guerra ha dimostrato che egli è indeciso e non ha un piano chiaro e convincente per l’azione militare o politica. A questo si deve aggiungere il fatto che anche l’apparato militare si è rivelato meno pronto ed efficace di quanto si pensasse e ha mostrato gravi carenze. In queste condizioni nelle quali tra l’altro ogni giorno che passa Israele appare più isolata, dare per scontata la vittoria è l’ennesimo miraggio che viene dato in pasto alle opinioni pubbliche occidentali. Nel corso di circa un mese di guerra, non sembra che Israele abbia ottenuto alcun risultato significativo sul terreno. Dichiarazioni contraddittorie indicano confusione su come gestire la battaglia e fissare gli obiettivi finali di fronte a una dura resistenza. Lo shock della battaglia mal gestita del 7 ottobre e le cicatrici psicologiche che ha lasciato sull’intero sistema militare israeliano influenzano il corso della guerra.
Di sicuro il tempo non è dalla parte di Israele, poiché perde soldi, uomini e legittimità, mentre la sua crisi interna peggiora e le pressioni e i dubbi che la circondano aumentano, con la possibilità che la situazione esploda a livello regionale. Così il tentativo di cancellare la Striscia di Gaza potrebbe sull’onda dell’indignazione mondiale, portare alla creazione di uno stato palestinese che è stato negato per 75 anni. Ma in ogni caso il prestigio di Israele è stato compromesso in modo così grave che un incauto ministro ha tirato fuori lo spauracchio della bomba atomica, quella che Israele ufficialmente non possiede, pur di far sapere che Tel Aviv ha quest’asso nella manica. Però attenzione perché potrebbe trasformarsi in un due di picche.
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