“Quando, cinque giorni dopo l’inizio della guerra, a Jen Psaki, allora addetta stampa della Casa Bianca, fu chiesto dell’uso russo di armi non convenzionali [in Ucraina], tra cui le bombe a grappolo, rispose: ‘Abbiamo visto i rapporti. Se ciò fosse vero, sarebbe potenzialmente un crimine di guerra’”. Così sul New York Times di oggi.
“All’inizio della guerra, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, parlando in merito a un asserito uso delle bombe a grappolo da parte della Russia, ha commentato: ‘Questa è brutalità, questo è disumano e viola il diritto internazionale’”. Così sul Washington Post di oggi.
Le bombe a grappolo sono ordigni che, esplodendo, spargono in un’ampia zona di terreno mine anti-uomo (submunizioni) e sono vietate da una Convenzione internazionale perché molte di esse non esplodono e uccidono anche a guerra finita. A tale Convenzione non hanno aderito Stati Uniti, Russia e Ucraina.
Date le dichiarazioni riportate in esergo alla nostra nota, si può notare che quanto sta avvenendo evidenzia l’ipocrisia al potere e/o il potere dell’ipocrisia.
Secondo il WP la Casa Bianca avrebbe dato il suo placet alla fornitura di tali bombe all’Ucraina, mentre per il NYT Biden ancora non avrebbe ceduto alle pressioni, ma si accingerebbe a farlo.
Percentuali e menzogne
Gli Stati Uniti assicurano che le loro submunizioni hanno una percentuale altissima di efficacia, solo il “2,35%”, infatti, resterebbero inesplose, come accertato da test recenti. Tale proprietà magica delle bombe made in Usa è riferita dal WP, che riporta anche come il Pentagono abbia dichiarato che i dati sui test in questione “non possono essere resi pubblici”.
In realtà, si legge ancora sul WP, “un rapporto del 2022 del Servizio di ricerca del Congresso” ha evidenziato ‘significative discrepanze sulle stime del tasso di fallimento’” (cioè riguardo le bombe che restano inesplose) tra quanto dichiarato dai produttori, secondo i quali tale percentuale oscillerebbe dal “2 al 5%” e “quanto sperimentato dagli specialisti dello sminamento, che hanno riferito tassi che vanno dal 10 al 30%” (secondo le ong umanitarie, tale indice è ancora più alto).
Visto che da tempo gli Usa non producono più tali ordigni, il tasso riferito allora dagli specialisti dello sminamento stride anche con quanto oggi afferma il Pentagono (in base ai nuovi test che “non possono essere resi pubblici”…).
“Quanti allarmano contro l’uso della bombe a grappolo – aggiunge il WP – affermano che i tassi di fallimento inferiori dichiarati [dal Pentagono] sono il risultato di test effettuati in condizioni idealizzate e irrealistiche, che non tengono conto degli scenari del mondo reale”.
Insomma, si tratta di una macroscopica bugia. A spiegare perché gli Stati Uniti sono così ansiosi di dare tali ordigni a Kiev è il NYT: “Dopo aver convinto la Corea del Sud a inviare centinaia di migliaia di proiettili e aver sfruttato le scorte americane di proiettili di artiglieria immagazzinati in Israele, il Pentagono prevede che l’Ucraina rimarrà senza munizioni”.
Uno tsunami di bombe
La morale di tutto ciò è che occorre fare di tutto perché la guerra prosegua. A ogni costo. Peraltro, tali ordigni non sono solo una minaccia per le generazioni future, ma anche per i soldati ucraini ai quali sono destinati.
Infatti, il Wp racconta che esiste una dettagliata cronaca di incidenti da “fuoco amico” nella storia militare degli Stati Uniti e ricorda come “molti soldati statunitensi sono stati uccisi durante e dopo la Guerra del Golfo da ordigni inesplosi, come riferiva un documento del Government Accountability Office del 1993″, che registrava come i soldati non avessero ricevuto il necessario “addestramento per riconoscere le submunizioni rimaste sul terreno”.
Sul punto il Wp riferisce i timori di un ex ufficiale dell’artiglieria dell’U-S. Army: “Spero che a tutte le unità ucraine che riceveranno questo tipo di armi siano date le necessarie istruzioni in modo onesto e accurato” onde evitare incidenti di percorso. Ma ciò appare un pio desiderio, dato l’arruolamento coatto e la repentina spedizione al fronte dei coscritti ucraini.
Sul Wp anche la quantità di ordigni pronti per essere spediti a Kiev: “4,7 milioni di bombe a grappolo, razzi, missili e bombe, contenenti più di 500 milioni di submunizioni sono stipati nei magazzini militari, secondo le stime di Human Rights Watch tratte dai documenti del Dipartimento della Difesa”. C’è di che inondare l’intera Ucraina.
Uccidere i russi
In realtà, la svolta sulla bombe a grappolo, più che da un esaurimento delle munizioni, sembra discendere dalla nuova situazione del teatro di guerra. La controffensiva non è riuscita a sfondare, né riuscirà. Da cui la nuova strategia annunciata da Kiev, su suggerimento neocon, quella di degradare l’esercito russo, di uomini, mezzi e armi.
Non si vuole che lo stallo che si è prodotto apra le porte a a un cessate il fuoco sul modello coreano (vedi Foreign Affaires), ma che continui a far sanguinare i russi. D’altronde “uccidere i russi” è la parola d’ordine dei neocon che gestiscono questa guerra (non una dottrina militare, ma qualcosa di assimilabile all’idea del genocidio).
Per questo servono anche i missili a lungo raggio, richiesti di Kiev e finora rifiutati dagli Usa. Nello stallo, infatti, con essi si potrà bersagliare l’esercito russo e il suo territorio da lontano.
Tale lo sviluppo immaginato dai neocon, che in tal modo sfidano Mosca a reagire. Tanto, nei loro calcoli, a sopportare la reazione saranno gli ucraini o, del caso, i cittadini europei.
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