“Il poeta ci tende la mano per condurci oltre l’ultimo orizzonte, oltre la cima della piramide, in quella terra che si estende oltre il vero e il falso, oltre la vita e la morte, oltre lo spazio e il tempo, oltre la ragione e la fantasia, oltre lo spirito e la materia.” Alejandro Jodorowsky
Esiste un filo invisibile che lega il lettore allo scrittore di un libro, soprattutto se parliamo di poesia.
È l’emozione che i versi suscitano, attraversando le pagine e conficcandosi nell’animo e nella mente, accogliendo così il lettore che come un viandante si trova ad attraversare un bosco fatto di parole.
Perché è questo che accade quando si leggono poesie: si attraversa un bosco fitto in cui le parole compongono alberi, ruscelli, diventano il chiarore della luna fino a liberarsi in volo come farfalle libere.
Il libro di Carmen Piccirillo, pubblicato da Aletti Editore, permette questa simbiosi tra scrittrice e lettori, i versi indicano la strada, il lettore si incammina nell’oscurità e ben presto la natura diventa salvifica rischiarando il passaggio.
È difficile parlare di poesia, non esistono recensioni o giudizi, la poesia al contrario delle altre forme di scrittura si “sente”.
Chi scrive poesie si libera delle sue fattezze, si “spoglia” mostrando le sue vulnerabilità senza vergognarsi perché sa che attraverso i versi solo in questo modo potrà raggiungere l’anima di chi sta leggendo.
Cogliere le sfumature del creato, sapere che anche nella notte più scura la luna brillerà solo per noi, seguire il volo di milioni di farfalle libere nell’aria, questo è l’esercizio che il libro ci insegna a svolgere, consapevoli che possiamo restare in equilibrio tra il bene e il male solo affidandoci al significato nascosto delle parole; proprio lì, alla fine dei suoi versi, la poetessa ci aspetterà per illuminare la strada.
Emilio Sacco