Contrordine, compagni: la crisi non è finita e servono altri soldi pubblici per dare una mano a famiglie e imprese in difficoltà a causa del caro-bollette e delle nuove chiusure che hanno messo in ginocchio decine di migliaia di imprese commerciali. Lo chiedono un po’ tutti; dal Movimento 5 Stelle (Conte: “Se ci sono chiusure ci devono essere anche i ristori”), alla Lega che con Salvini insiste sulla necessità di calmierare il costo delle bollette, a Fratelli d’Italia che invoca ristori per le società sportive, fino all’Abi che ha addirittura scritto una lettera al governo chiedendo di confermare le misure di sostegno alle imprese previste all’inizio dalla pandemia e che l’esecutivo non aveva intenzione di rinnovare.
Secondo le stime del Sole 24 Ore per venire incontro alle nuove necessità occorrono 10 miliardi, da reperire con il caro vecchio scostamento di bilancio. Il problema è che se anche mezza maggioranza è a favore dell’esborso il premier Mario Draghi non ha alcuna intenzione di mettere mano ai conti pubblici, anche perché nel 2021 si era riusciti a dare una prima sterzata alla spesa facendo calare a 106 miliardi il fabbisogno del settore statale dai 158 dell’anno precedente, proprio grazie alla graduale sospensione di ristori e aiuti ai cittadini in stato di bisogno.
Il premier per ora non si sbottona, ma non c’è dubbio che la questione lo preoccupi. Non a caso ha deciso di abbandonare l’idea del super green pass sui luoghi di lavoro, perché l’obbligo vaccinale per i lavoratori si sarebbe tradotto in chiusure di esercizi e cali di produttività per le aziende, accrescendo la necessità di fondi. Ecco perché si è deciso di puntare al vaccino obbligatorio per gli over 60, quasi tutti pensionati e quindi non in grado di bloccare le attività produttive e quindi la ripresa.
Draghi e Franco sanno bene che questa misura si limita a non peggiorare ulteriormente la situazione, non certo a migliorarla. Ma con la partita per il Colle ormai prossima il premier preferisce evitare di prendere decisioni impegnative, rimandando a febbraio misure “dispendiose” e consegnando alla Commissione Europea una finanziaria tutto sommato non troppo esosa.
Il guaio è che tra un mese la situazione potrebbe già essere compromessa: secondo la Cgia di Mestre a causa dei rincari del prezzo di gas ed elettricità ben mezzo milione di lavoratori nei settori più “affamati” di energia potrebbero essere tenuti in cassa integrazione fino a giugno. Non se la passano meglio le famiglie, almeno secondo l’Osservatorio nazionale di Federconsumatori: l’aumento del costo delle bollette è calcolato in 1.229 euro a nucleo. E se consideriamo anche la benzina e i generi alimentari – secondo gli ultimi dati Istat i prezzi del carrello della spesa sono aumentati del 2,4% solo a dicembre – l’esborso arriva a 3mila euro in più all’anno.
Insomma la crescita del Pil, che nel 2021 si è assestata su un bel +6.3%, sembra non avere alcuna ricaduta positiva sulle finanze degli italiani, che anzi se la passano peggio che durante la crisi del 2020. Per questo i dieci miliardi invocati da mezza maggioranza potrebbero rivelarsi fondamentali; resta da vedere se chi questa maggioranza la guida avrà intenzione di accontentarli a costo di far arrabbiare qualcuno a Bruxelles.
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Il Pil cresce ma il carrello piange: servono 10 miliardi per bollette e chiusure. Draghi ci sei?