Gerardo Lisco

Nelle ultime settimane, con l’avvio delle trattative tra Stati Uniti e Russia per porre fine al conflitto Ucraino – Russo, è ritornata in auge l’idea del keynesismo militare, forse è più corretto definirlo di “ guerra”. L’U.E. dopo aver assecondato le politiche imperiali degli Stati Uniti a guida Biden di fronte alla realtà si trova nuda. Il conflitto Ucraino – Russo costruito a tavolino da Stati Uniti e Regno Unito per annientare la Russia ha destabilizzato l’Unione Europea sia dal punto di vista politico che economico distruggendo nel contempo l’Ucraina. Con l’avvio delle trattative, a mio parere molto più avanti di quanto i media nazionali e l’ufficialità dei comunicati lascino intendere,  l’Unione Europea messa all’angolo cerca in tutti i modi di risalire la china dichiarando di non voler riconoscere gli accordi di pace che Stati Uniti e Russia imporranno all’Ucraina se questi ne comporteranno lo smembramento.

Per tentare di entrare in gioco la von der Leyen, con l’approvazione del Parlamento UE, presenta un piano da 800 miliardi di euro finalizzato al riarmo, su base volontaria e compatibilmente con i vincoli di bilancio, degli Stati aderenti all’UE. Il piano è stato approvato quasi da tutti i gruppi politici salvo poche eccezioni. A leggere il piano della von der Leyen e le prese di posizione dei governi degli Stati aderenti all’UE, l’uso del termine “ keynesismo militare” è a dir poco fuorviante. Con il richiamo a Keynes si tenta di far passare il “riarmo” come un fatto positivo. La verità è che siamo in presenza di becera propaganda di regime.

Leggendo  keynesismo militare  mi è venuto in mente una raccolta di saggi dell’economista polacco, marxista, Michal Kalecki dal titolo “ Sul capitalismo contemporaneo” pubblicato, dagli Editori Riuniti , mezzo secolo fa. Tanto la raccolta dei saggi quanto l’introduzione al volume venne curata dall’economista Alberto Chilosi. Lessi il volume qualche anno dopo la sua pubblicazione. Le ragioni per cui mi è venuto in mente questo volume sono sostanzialmente tre. La prima è che politiche economiche come quelle proposte dalla von der Leyen sono state  propedeutiche allo scoppio di conflitti bellici quali : Seconda Guerra Mondiale, guerra di Corea e allo stesso conflitto del Viet Nam; la seconda è che ad avere attuato una politica economica riconducibile al keynesismo militare è  stato Adolf Hitler con il suo ministro dell’economia Hjalmar H. G. Schacht. Sulla figura di Schacht è opportuno che mi soffermi brevemente al fine di descrivere il personaggio che, come molti banchieri assurti a salvatori della Patria, è risultato buono per tutte le stagioni. Già presidente della Reichsbank durante la Repubblica di Weimar, fu uno dei finanziatori del partito Nazista sin dalle origini e pur avendo ricoperto la carica di ministro  dell’economia di Hitler in aggiunta alla carica di Presidente della Reichsbank, non aderì al Nazismo. Dopo la fine del nazismo continuò ad avere un ruolo di primo piano nella Repubblica Federale Tedesca. Essendo un massone ed avendo costruito durante la Repubblica di Weimar ottimi rapporti sia con il Presidente Americano Woodrow Wilson che con  il banchiere J. P. Morgan, viene spontaneo pensare che queste, come tante altre relazioni, gli siano servite anche dopo la fine del regime nazista. E’ stato uno dei tre esponenti del regime nazista ad essere stato prosciolto dal Tribunale di Norimberga; la terza è che la politica di riarmo fu solo uno degli interventi messi in campo dal Governo Nazista. Schacht da ministro dell’economia, oltre a favorire il riarmo, al pari di F.D. Roosevelt per inciso anche egli massone,  mise in campo un vasto piano di investimenti infrastrutturali in aggiunta ad una attenta  politica monetaria che consentì alla Germania di azzerare il debito e raggiungere la piena occupazione. Bisogna sottolineare che la piena occupazione venne raggiunta comprimendo i salari, i diritti sociali ed eliminando qualsiasi forma di opposizione politica e sociale.

Scopo di questa mia riflessione non è analizzare tout court gli scritti di Kalecki ma evidenziarne la valenza storica  rispetto alla relazione spesa pubblica per il riarmo/conflitto bellico. Partendo dal dato storico la prima cosa che emerge  è che nel caso sia della Germania che degli Stati Uniti stiamo parlando di Stati, nel caso dell’UE siamo in presenza di una “associazione” di Stati che hanno messo in comune una serie di funzioni pubbliche ( emissioni di denaro, mercato comune, legislazione comuni, ecc. ) nella speranza di migliorare le economie di scala delle proprie economie.  E’ cosa nota che a parte gli slogan ad effetto, del tipo “ Con l’euro lavoreremo un giorno in meno e guadagneremo come se lavorassimo un giorno in più”, la crescita e i benefici hanno prodotto effetti asimmetrici con la conseguenza che alcune aree geografiche e gruppi sociali hanno migliorato le proprie condizioni mentre altre hanno pagato i costi dovuti al processo “ associativo”. Tutto questo è avvenuto senza che l’UE e/o i governi nazionali attivassero politiche di riequilibrio e di redistribuzioni dei costi e dei benefici. Per essere più chiari, le politiche di riequilibrio e redistributive  attuate non hanno prodotto nulla perché, escludendo l’intervento diretto dei governi nazionali, hanno lasciato fare al mercato il quale ha operato secondo la logica del profitto finendo con il creare false illusioni, frustrazioni in coloro che vi hanno creduto, contribuendo a peggiorare le condizioni di quelle aree e gruppi sociali che avrebbero voluto sostenere.   

Il piano presentato dalla von der Leyen, per la verità dai contorni ancora poco definiti persino nel nome, è infati passato dall’iniziale ReArm a “ Prontezza” e prevede due tipi di interventi: un fondo al quale accedere chiedendo denaro in prestito e la possibilità riservata ai singoli Stati di potersi indebitare. La posta di  800 miliardi di € è così suddivisa:  € 150 miliardi sotto forma di fondo al quale attingere sotto accendendo prestiti e € 650 miliardi di indebitamento calcolato su un aumento di spesa dell’1,5% per ciascuno Stato spalmato su quattro anni. Per l’Italia equivale al raddoppio della spesa militare. In aggiunta a questi due tipi di interventi sono previsti altri tipi di intervento quali: un diverso ruolo per la B.E.I. ( Banca Europea per gli investimenti) la quale potrà sostenere le aziende del settore della difesa; una Unificazione dei risparmi ossia interventi capaci di mobilitare il risparmio privato dirottandolo verso fondi di investimento dedicati al riarmo;   riorganizzazione del bilancio orientando i fondi di coesione verso investimenti nel settore della difesa.  Tra i punti che definiscono il “piano di pronto intervento militare” ve ne sono alcuni che puntano ad educare l’opinione pubblica all’inevitabilità del conflitto con la Russia, tra questi l’invito rivolto ai cittadini a fare scorta di cibo, acqua, medicinali per una copertura di 72 ore. Questo non è altro che terrorismo psicologico. 

Il “ keynesismo militare” storicamente ha avuto la funzione di tutelare gli interessi del complesso industriale – militare, di favorire la speculazione finanziaria e di preparare l’opinione pubblica alla guerra. Lo ha fatto la Germania Nazista, lo fece a sua volta l’Italia Fascista, lo fece l’America democratica. Gli USA hanno attuato politiche economiche di riarmo non solo negli anni ’30 del secolo scorso ma anche successivamente durante la Presidenza Truman con il Piano NSC – 68 che si protrasse fino al conflitto con il Vietnam.  La Strategic Defense Initiative ( SDI) voluto da Reagan negli anni 80 , conosciuto come “ Scudo spaziale”, rientra a pieno titolo tra le politiche economiche in deficit finalizzate al riarmo con l’aggiunta della variabile rappresentata dai tagli alla spesa per il sociale, riduzione della pressione fiscale a favore dei redditi più alti, privatizzazioni ecc. Considerato il contesto storico rappresentato dalla reazione neoliberale iniziata con la Thatcher e con Reagan, richiamare, come si sta facendo in questi giorni, Keynes rispetto al piano della von der Leyen mi convince poco. Più che Keynes o qualche “keynesiano” siamo in presenza di un intervento di politica economica chiaramente neoliberale sulla scia della supply –  side economics e di un ritorno ai principi ispiratori della Reaganomics.  La possibilità di aumentare la spesa militare al di fuori del Patto di stabilità farà crescere  il debito pubblico e con esso gli interessi da pagare su di esso. Per evitare che ciò accada i governi dovranno necessariamente tagliare la spesa pubblica per il welfare. Non è da escludere che i singoli governi a fronte delle criticità sociali ed economiche che una tale politica porterà possano utilizzare l’emergenza rappresentata da un potenziale conflitto militare, per altro inesistente, per introdurre restrizioni in materia di scioperi, orari di lavoro, in sostanza provvedimenti liberticidi.

In conclusione il piano della von der Leyen , approvato quasi all’unanimità dal Parlamento UE, ha come unico scopo quello di far fronte agli scenari economici che una nuova ridefinizione degli equilibri mondiali porteranno da qui a non molto. Il vero problema è quindi come salvare il capitalismo UE dagli effetti del nuovo ordine mondiale. Agitare il pericolo dei cosacchi a Bruxelles e nelle altre capitali degli Stati UE ha come fine la militarizzazione della società.  E’ cosa nota che il pericolo di un conflitto bellico porta come effetto la sospensione della Democrazia. Siamo sulla soglia della nascita di un nuovo regime autoritario che da Bruxelles si estende come una piovra sugli Stati UE. Pertanto la difesa della pace coincide con la difesa di ciò che resta della Democrazia contro il totalitarismo Neoliberale.   

fonte:

Di basnews

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