Tagli consistenti a quanti andranno in pensione con il sistema misto, pochi anni nel retributivo e i restanti con il contributivo, si dice al fine di evitare la cosiddetta gobba previdenziale, detto in termini chiari per ridurre la spesa pensionistica tra un quindicennio.
Poche settimane or sono, dopo la pubblicazione del Testo della Legge di Bilancio lo Spi Cgil calcolava tagli pesantissimi sulle pensioni nel biennio 2023-2024, che raggiungono 962 euro per una pensione lorda di 2.300 euro (netta 1.786), fino ad arrivare a 4.849 euro lorde per un importo di pensione lorda pari a 3.840 euro (2.735 euro nette)
La penalizzazione, se non fosse intervenuto l’emendamento di cui parleremo più avanti, avrebbe raggiunto oltre il 20% dell’assegno per la quota retributiva per le anzianità retributive più basse. Ad essere interessati erano circa 700mila dipendenti che nei prossimi anni andranno in pensione.
La soluzione del Governo è per altro in linea con gli Esecutivi precedenti ma gli ultimi provvedimenti sono finalizzati a scoraggiare l’uscita anticipata dal lavoro e a un calcolo iniquo e svantaggioso primi anni di anzianità nel metodo retributivo sapendo che la spesa previdenziale ricomincerà a salire nei prossimi anni per arrivare al picco del 17,2% tra il 2035 e il 2040 quando una buona parte della forza lavoro attiva avrà raggiunto l’età della pensione di vecchiaia.
Che cosa faranno?
Intanto, mentre scriviamo, apprendiamo della decisione Governativa di rivedere le norme previdenziali inizialmente previste nella Legge di Bilancio, dopo gli scioperi dei medici, a inizio mese, che hanno aperto una breccia nella Maggioranza
Per completezza si rinvia al testo dell’emendamento di revisione del testo della Legge di Bilancio
allegato1702020457.pdf (quotidianosanita.it)
Cancellati i tagli alle pensioni di vecchiaia di medici, operatori sanitari viene tuttavia confermato il taglio sulle pensioni anticipate ma solo (e qui si comprende il peso di determinate lobby) per i lavoratori della sanità la cui decurtazione sarà più soft e diminuirà se verrà ritardato l’anticipo del pensionamento
Fin dal 2024 avrebbero dovuto cambiare i criteri di calcolo dei lavoratori pubblici iscritti alla Cassa per i dipendenti degli enti locali, alla Cassa per i sanitari, alla Cassa degli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate, alla Cassa del personale negli uffici giudiziari.
Già oggi lo stipendio incide sulla quota retributiva del futuro assegno pensionistico con percentuali che progressivamente diminuiscono e con gli interventi del Governo si colpisce chi nel 1995 aveva meno di 18 anni di contributi e andrà in pensione con il sistema misto.
Tuttavia per chi ha meno di 18 anni di contributi al 1995, la pensione si calcola con il sistema misto, parliamo di pochi anni con il vecchio, e vantaggioso, sistema basato sulle retribuzione che il Governo intende rendere meno favorevole alleggerendo l’assegno previdenziale futuro.
Introdotto l’emendamento si salvano dai tagli previdenziali i sanitari salvaguardando al contempo l’obiettivo di far posticipare il pensionamento di un paio di anni rendendo sfavorevole il calcolo dei contributi antecedenti il 1995.
Leggiamo testualmente da quotidiano sanità
le decurtazioni “ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2023 e nei casi di cessazione dal servizio per raggiungimento dei limiti di età o di servizio”. L’accesso alla pensione anticipata “è consentito se risulta maturata un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Il trattamento pensionistico decorre trascorsi 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti contributivi”. Per questo al personale sanitario sarà consentito restare in servizio oltre il quarantesimo anno di servizio ma non oltre i 70 anni.
Per quanto riguarda medici, infermieri, dipendenti enti locali, insegnanti d’asilo e ufficiali “il trattamento pensionistico decorre trascorsi 3 mesi dalla data di maturazione dei requisiti se sono maturati entro il 31 dicembre 2024, 4 mesi se sono maturati entro il 31 dicembre 2025, 5 entro il 31 dicembre 2026, 7 mesi entro il 31 dicembre 2027 e 9 mesi entro il 31 dicembre 2028.
Per i medici e le altre categorie di dipendenti pubblici già citate, la riduzione del trattamento pensionistico è “ridotta in misura pari a un trentaseiesimo per ogni mese di posticipo dell’accesso al pensionamento rispetto alla prima decorrenza utile per gli iscritti alla cassa per la pensione dei sanitari e per quelli alla cassa per le pensioni dei dipendenti degli enti locali che cessano l’ultimo rapporto di lavoro da infermieri”. Questo per assicurare “un efficace assolvimento dei compiti primari di tutela della salute e di garantire l’erogazione dei livelli assistenziali di assistenza”.
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