Molti si chiedono quale sia la funzione di Elon Musk e che senso abbiano le sue esternazioni a favore dell’Afd o di Reform Uk ( ma non del suo leader Nigel Farage), i rendezvous con la Meloni, le accuse alla von der Leyen, ma anche le lodi impreviste al regime macroniano per aver affrontato il taglio del sistema pensionistico. Naturalmente l’interpretazione fornita dai giornaloni e dai talk show ancora rimasti nella costellazione globalista è quanto mai banale e inconsistente: si tratterebbe di dare appoggio all’estrema destra in un contesto nel quale anche Trump viene considerato di estrema destra. Dotati di questi strumenti di analisi così primitivi, si capisce bene perché l’Europa vada a remengo: ciò che Musk sta invece facendo è la più grande operazione gattopardesca che si sia vista dalla fine della seconda guerra mondiale.
Musk e l’entourage di Trump si rendono conto di alcune cose di cui noi stessi non abbiamo una chiara visione: che la guerra in Ucraina con le sue sanzioni letali per l’economia europea, hanno completamente affondato il tentativo continentale di presentarsi come alternativa più amichevole rispetto agli Usa e in più hanno accelerato il processo multipolare con la incipiente creazione di un sistema monetario alternativo al dollaro che rende l’euro superfluo sia pure come compagno di serie b rispetto al dollaro. Ma vedono anche che la sconfitta non più negabile, ha acuito di molto lo scontento tra i popoli del continente sottoposti da molti anni ormai a una caduta dei salari reali, delle tutele del lavoro, del welfare e ora anche della piena libertà di gridarlo. Infine si rendono conto che le élite globaliste le quali hanno sempre fatto gli interessi di Washington sono ormai screditate, con il pericolo che ogni nuovo movimento o partito che si affaccia alla politica rischi di farlo in un contesto di rancore nei confronti degli Usa e di richiesta di indipendenza. Cosa questa particolarmente pericolosa nel momento in cui il meccanismo perverso dell’Ue – euro è dato per spacciato.
Ecco allora che Musk diviene improvvisamente il libertador del continente in maniera che le nuove correnti politiche, bisognose di spazio nel discorso pubblico e di appoggio divengano in qualche modo e ancora una volta alleate degli Usa. Insomma si cambia tutto per non cambiare nulla. In fondo Trump non è che il rappresentante di un’altra versione radicale del neoliberismo, che sta scaricando la ganga di ideologismi globalisti che rischiavano di spaccare il cuore dell’impero in un momento drammatico per esso. Basta vedere qual è l’entourage e l’amministrazione del neo presidente che è senza precedenti nella storia americana poiché è formato in grandissima parte di miliardari, sia pure con patrimoni molto inferiori a quelli di Musk. Eccoli:
- Elon Musk (363 miliardi di dollari),
- Lo stesso Trump (6,3 miliardi di dollari),
- Warren Stephens (3,4 miliardi di dollari),
- Linda McMahon (3 miliardi di dollari),
- Jared Isaacman (1,7 miliardi di dollari),
- Howard Lutnick (1,5 miliardi),
- Doug Burgum (1,1 miliardi),
- Vivek Ramaswamy (1 miliardo di dollari)
- Steven Witkoff (1 miliardo di dollari)
- Scott Bessent (patrimonio di circa 7 miliardi, a lungo amico e socio di Soros con il quale ideò l’operazione contro la Lira e la Sterlina, ma dal 2018 suo avversario.
Cosa li ha motivati, cosa sperano di ottenere e cosa temono? Di certo non sono stati colti da un improvviso desiderio di servire il bene pubblico e in ogni caso non avrebbero difficoltà a dotarsi di un personale politico che faccia il lavoro per loro in cambio di un compenso che per loro sono spiccioli. Ciò che temono è che tutto questo sistema possa saltare e con esso anche i loro miliardi. Il debito del governo degli Stati Uniti è davvero enorme e ogni anno almeno un terzo di questo debito deve essere rifinanziato tramite ulteriori prestiti: gli stranieri non sono più molto entusiasti di sottoscrivere nuove emissioni di debito statunitense, lasciando la Federal Reserve e varie istituzioni finanziarie nazionali (fondi pensione, assicuratori, fondi del mercato monetario) come creditori di ultima istanza. Inoltre quasi la metà dell’economia americana è sostenuta dalla spesa federale e le esportazioni sono la metà delle importazioni. .
I miliardari di Trump sono spaventati dalla concreta possibilità che il baratro possa verificarsi presto, durante il mandato di Donald e così sono lì per adottare eventualmente misure drastiche e disperate per evitare il crollo. Al limite potrebbero bloccare le spese dello Stato in maniera da non accumulare debito. Ma in ogni caso pare che vogliano creare dovunque focolai di crisi al fine di innescare contromisure che possano limitare la portata della futura conflagrazione finanziaria, senza subire contraccolpi da parte della popolazione. Forse esiste già un piano e sono convinto che le sparate di Trump di queste settimane, Canada, Groenlandia, Panama, Taiwan non siano da prendere troppo sottogamba, anche se fanno parte di un meccanismo teatrale volto in parte a nascondere la sconfitta in Ucraina.
La reindustrializzazione degli States richiede troppo tempo per poter salvare la situazione e allora l’unica strada è quella di saccheggiare il resto del mondo a cominciare dagli alleati e condurre una lotta senza quartiere contro i Brics. Musk fa la trottola da noi per impedire che ci sia qualcuno che si opponga a questo delirio: se i vecchi clientes pagati a progetto che costituiscono il milieu politico europeo sono in crisi, meglio puntare sui nuovi soggetti e portarli dalla loro parte. In ogni caso è evidente che siamo spacciati: cacciare via il milieu globalista non servirà a nulla se a organizzare l’operazione saranno i miliardari di Trump.
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