“Fuochi nella notte dove tutto è possibile”; “fuochi per impedire che le anime dei morti, tornando sulla terra, possano prendersi i corpi dei vivi”; maschere mostruose, demoni e scheletri.
Tutto questo per celebrare, nel mondo e in Italia, la fine dell’estate (dato il tempo è proprio il caso di dirlo), usando indosso i colori dell’autunno, della fine della mietitura.
E ancora, “dolcetto o scherzetto”, che vuol dire in realtà, “maledizione o godimento”; frase che i sacerdoti druidi rivolgevano ai pastori e contadini celti e alle loro famiglie.
Sì, perché questa antichissima festa pagana è arrivata negli Usa (che ce l’hanno rispedita al mittente) con gli irlandesi, diventando gradualmente una festa condivisa, generalizzata, che esalta il gusto del macabro, del chic, del travestimento (concetto attualmente molto di moda), sempre attraente per le persone e specialmente per i più piccoli.
Se infatti chiediamo a chiunque, ti spaventa più un santo o un demone, la risposta è ovvia. La paura attira, affascina. E la maschera, per gli psicologi, come vi diranno in ogni occasione, è solo un modo per esorcizzare la morte.
Considerazione scontata: possibile che noi europei, con la nostra tradizione storica, culturale, religiosa, dobbiamo meccanicamente imitare tutto quello che viene dall’estero, in omaggio alla nostra idiota e scimmiesca esterofilia? Quasi una vergogna permanente per noi stessi.
E perché proprio la notte prima del giorno dei santi? Guarda caso questa festa pagana, rivestita di stucchevole consumismo, approfittando dell’innocenza dei ragazzi e del contagio di un globalismo mediatico uniforme sull’argomento, è diventata quasi un rito obbligato.
Qualche solone new age, o neo-pagano fuori tempo massimo, o amante dei sincretismi, dirà che i celti sono venuti prima dei cristiani in Europa. E che il cattolicesimo si è sovrapposto al passato, in ottica egemonica, come ha fatto con le chiese sui templi. Giusto, ma quella religione si è esaurita, restano solo le sue legittime radici storiche, la nostra religione no. E’ ancora il collante vivo di molti popoli, il loro tratto identitario. La verità è che la vogliono esaurire, svuotare, delegittimare, usando ogni pretesto, pure una sorta di neo-paganesimo moderno, da baraccone, per sostituirla (ecco il disegno) con un’altra, una nuova religione: il materialismo ateo, l’economia e la società del desiderio, delle pulsioni dell’io.
Le famiglie italiane, i padri e le madri che, felici e superficiali, accompagnano i figli ai festeggiamenti, si rendono conto del significato di Halloween? O anche loro immersi in una bolla infantile e ludica, da eterno cartone animato borghese o da cartolina modello-famiglia del Mulino bianco, non sono più capaci di svolgere un minimo ruolo pedagogico? Sanno insegnare il bene e il male?
Oppure sono definitivamente ostaggio dei figli e dello spirito del tempo?
Traduciamo le parole-chiave di Halloween: “Fuochi nella notte dove tutto è possibile”; ancora una volta il mistero giocato come alibi per lo sballo, lo sfogo, la liberazione da ogni regola, norma sociale, consuetudine culturale, anche legge. Ma soprattutto, una liberazione morale: senza morale tutto è possibile. Lo sballo, nel senso di uscita dalla realtà, nelle sue trasversali declinazioni (alcol, droga, evasione, divertimento totale), è ormai la cifra della nostra modernità.
E ancora: “Fuochi per impedire che le anime dei morti, tornando sulla terra, possano prendersi qualche corpo dei vivi”: il contrario del concetto cattolico della resurrezione dei morti (il percorso inverso di Halloween), che non tornano sulla terra, non mangiano i vivi, ma vanno e andranno in altra direzione. Dalla terra al cielo.
Infine, “maledizione o godimento” (banalizzati in “dolcetto o scherzetto”): due facce della stessa medaglia negativa: il godimento è male, il male è godimento, trasgressione, rottura col bene. Bene deviato, rovesciato dietro la gradevolezza del gioco e del divertimento.
Cos’altro da aggiungere? La festa di Halloween si commenta da sola.
E ciò che è davvero sconsolante, per concludere, è assistere a tale buffonata pure nei locali di alcune chiese italiane. Magari animate da sacerdoti con le zucche in testa.
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