Si fa sempre più drammatica la situazione a Kiev, capitale dell’Ucraina e in altre città dove gli attacchi russi hanno messo fuori gioco le infrastrutture energetiche essenziali. Il sindaco della città Vitaliy Klitschko, ha denunciato che il 70% dei residenti è ancora senza elettricità: I tecnici “hanno lavorato tutta la notte per ripristinare il supporto vitale della capitale”, ha detto Klitschko. “L’approvvigionamento idrico è già stato ripristinato sulla riva sinistra della città. Sulla riva destra, prevediamo di ripristinarlo nella prima metà della giornata. Il 70% della capitale è ancora senza elettricità”.
Intanto il presidente Volodymyr Zelensky in video collegamento con la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu attacca: “Con le temperature sotto zero, milioni di persone sono senza riscaldamento, luce, acqua. Questo è un chiaro crimine contro l’umanità”. La centrale di Zaporizhzhia infatti è andata in black out completo. Lo ha segnalato l’Energoatom aggiungendo che “tutti i generatori diesel sono in funzione. Il livello di radiazione nel sito della centrale rimane normale”. L’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) ha reso noto che la centrale fa affidamento sui suoi generatori diesel di emergenza per raffreddare i reattori e svolgere altri compiti importanti per mantenere la sicurezza nucleare. Diverse città, da Kharkuv a Leopoli, sono senza elettricità e tre centrali nucleari sono state “scollegate” dalla rete elettrica.
Zelensky continua ad invocare l’invio di armi dall’Occidente, ma come riporta Il Fatto Quotidiano la Nato sarebbe ormai a corto di munizioni: “Il conflitto in Ucraina ha riportato in Europa la guerra convenzionale e con essa bombardamenti massicci come non si vedevano dagli Anni 90 – scrive Il Fatto – A questo ritorno al passato il blocco Nato non era affatto preparato. Ed è così che, oggi, di fronte all’enorme richiesta ucraina di munizioni per artiglieria pesante, i Paesi che sostengono Kiev si trovano a corto di materiali e di fronte a una scelta: scendere sotto al limite critico di difesa o premere sul freno di una guerra ancora nel vivo”.
“Il problema – spiega a Ilfattoquotidiano.it Marco Di Liddo, responsabile del desk Russia per il Centro Studi Internazionale (Cesi) – è che nel post Guerra Fredda i Paesi della Nato, eccezion fatta per il conflitto nell’ex Jugoslavia, hanno dovuto far fronte a scontri contro gruppi armati non statali, organizzazioni terroristiche o milizie come i Taliban. Questo ha fatto sì che lo sviluppo tecnologico e la produzione di armamenti si siano concentrati maggiormente sull’attività d’intelligence e sulle armi di precisione come i droni armati. La guerra non si faceva più con l’artiglieria pesante, così anche l’industria bellica si è adattata”.
Continua l’esperto: “Le mancanze più importanti riguardano il munizionamento per obici e semoventi. Se il Generale Inverno non può più essere considerato un fattore determinante, se non per il fatto che Mosca sta distruggendo il sistema infrastrutturale civile ucraino riducendo la popolazione allo stremo, diversa è la questione del munizionamento pesante. E adesso una riconversione lampo dell’industria bellica ‘occidentale’ sarebbe comunque tardiva”.
Mentre i russi colpiscono le infrastrutture strategiche dell’Ucraina rischiando di far morire di freddo la popolazione, sul fronte europeo ed occidentale si continua a discutere di inviare armi, e Zelensky continua a criticare la Nato perché non farebbe abbastanza per aiutare il Paese a resistere. Ma nessuno mette in campo una seria azione diplomatica. Men che meno l’Europa che ieri si è resa protagonista di un’iniziativa quantomeno discutibile.
Infatti il Parlamento europeo ha votato una risoluzione che dichiara la Russia “Stato sponsor del terrorismo”. Secondo i deputati europei, le esplosioni e gli attacchi russi in Ucraina contro i civili ucraini, sono da classificare come atti terroristici di Mosca. Un modo per venire incontro alla richiesta di Zelensky di processare Putin per crimini contro l’umanità. Ora, nessuno intende difendere il presidente russo e giustificare le sue azioni, ma davvero questa è la strada giusta per mettere fine al conflitto? E’ questo il modo migliore e più efficace per favorire un negoziato fra le parti? E’alzando altri muri contro Mosca e alzare il livello dello scontro politico che si può davvero pensare di tutelare gli interessi del popolo ucraino? L’Europa, che dovrebbe essere la prima a farsi promotrice di un’azione diplomatica avendo la guerra in casa, fino ad oggi è stata invece quella che è sembrata più interessata ad esacerbare la tensione con Mosca, anche più degli Stati Uniti, che per esempio sulla questione del missile caduto in territorio polacco sono stati estremamente prudenti: diversamente dagli europei che invece avevano già condannato i russi ancor prima di conoscere la verità.
L’eurodeputato ungherese, Balázs Hidvéghi ha dichiarato: “L’Unione europea dovrebbe porre l’accento sulla costruzione della pace e di un cessate il fuoco il prima possibile e, quindi, su una situazione che ponga fine alla guerra, che ponga fine al conflitto militare”. Peccato che invece appaia più interessata della stessa Nato a prolungare ed estendere il conflitto. Gli eurodeputati italiani del Movimento 5Stelle si sono astenuti ribadendo che, se è giusto condannare la Russia per l’aggressione all’Ucraina, non si possono però votare risoluzioni in cui non è mai citata la parola pace e non è contemplata alcuna opzione diplomatica.
Insomma, il cuore sta sicuramente a Kiev al fianco dei cittadini che stanno soffrendo le pene dell’inferno a causa della mancanza di elettricità e di acqua, ma fino a quando non si capirà che la guerra potrà finire soltanto con un negoziato difficilmente si vedrà la fine. Se l’obiettivo finale è la sconfitta della Russia, quale prezzo avranno pagato gli ucraini in termini di vite umane e danni materiali, per veder sventolare su Kiev le bandiere dell’Europa e della Nato?
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