Green Deal Ue, lo spettro della follia gira per l’Europa. La legge sul “ripristino della natura” è un capolavoro di regressismo ideologico. Eppure è salutata da tutta la sinistra europea come una grande vittoria politica.
È proprio vero che gli dèi accecano quelli che vogliono perdere, perché la legge Timmermans (come dal nome dal nome del commissario Ue con delega al Green Deal) contiene un principio a dir poco pazzesco: il ritorno alla palude di un quinto delle terre coltivabili a livello europeo. Questo vuol dire, nel concreto, il “recupero del 20% degli ecosistemi”, come prevede questa sciagurata delibera dell’Assemblea di Strasburgo. Tornare agli “ecosistemi” significa, di fatto, cacciare le aziende agricole da vaste porzioni di territorio, con tutto ciò che questo significa in termini di abbandono della terra da parte dell’uomo.
Se i fanatici ecologisti sono in delirio, le nomenklature politiche di sinistra si fregano le mani. Questa nuova follia sulla strada del Green Deal è passata infatti per una manciata di voti: 15 parlamentari dissidenti del Ppe non hanno seguito le direttive del capogruppo Manfred Weber, che aveva invece invitato i suoi a votare insieme ai conservatori dell’Ecr, all’estrema destra di Identità e democrazia e a una parte dei liberali di Renew Europe contro la legge Timmermans. Ciò significa, per i socialisti europei, che il progetto, coltivato da Weber, di superare l’attuale maggioranza Ursula (popolari, socialisti e sinistre varie) in vista di una nuova maggioranza a Strasburgo che faccia perno sull’accordo tra popolari e conservatori, questo grande ribaltone a cui sta lavorando da tempo il centrodestra europeo, avrebbe ricevuto una battuta d’arresto e una prima smentita.
Socialisti e affini non tengono però conto di due, fondamentali fattori. Primo: i numeri del prossimo Parlamento Ue potrebbero essere assai diversi rispetto agli attuali. Secondo: proprio l’insistenza irragionevole sull’attuazione del Green Deal potrebbe spingere porzioni consistenti di elettorato verso un voto contrario all’attuale establishment di sinistra in occasione delle prossime elezioni europee, un sommovimento elettorale che premierebbe proprio la destra e i popolari.
La legge appena approvata a Strasburgo è in grado di aumentare il disagio in una rilevante categoria, quella degli agricoltori. Se applicata, la nuova normativa Ue sul “ripristino della natura” potrebbe riservare pesanti ripercussioni a un settore primario dell’economia continentale. La protesta degli agricoltori si verrebbe ad aggiungere a quella di tutti quei cittadini europei che si vedono la vita invasa dagli eurocrati del Green Deal in altri importanti ambiti della vita come quello dei trasporti (tutti in auto elettrica in meno di 13 anni) e quello delle abitazioni (l’imposizione dei pannelli solari dal 2030 in poi).
Insomma, la sinistra europea rischia seriamente di farsi male. Si prepara una gigantesca ondata di protesta per i prossimi anni, un vero e proprio terremoto politico che potrebbe seriamente compromettere la legittimità delle istituzioni Ue.
Anche perché tutti questi immani sforzi che gli eurocrati chiedono alla popolazione europea in nome della lotta al riscaldamento globale rischiano di essere totalmente inutili, visto che le emissioni in Europa sono poco meno del 10% del totale mondiale e che ci sono le nuove realtà economiche del Sud del mondo (pensiamo soltanto all’India) che non ci pensano minimante a diminuire il loro consumo di combustibili fossili. Alla fine, non cambierebbe nulla, nella lotta mondiale alle emissioni di gas, se dovesse essere applicata nei tempi previsti l’agenda del Green Deal. Cambierebbe invece tutto (e in peggio) nella vita di milioni di famiglie europee, che si ritroverebbero più povere e pesantemente gravate da spese che non hanno né voluto né deciso.
L’ultima ideologia, quella ecologista, rischia di essere non meno rovinosa delle precedenti.
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