Il 5 giugno si celebra la Giornata mondiale dell’Ambiente, istituita dalle Nazioni Unite nel 1972 a Stoccolma, in occasione della prima Conferenza dell’Onu sull’ambiente, che portò alla Dichiarazione con i 26 principi sui diritti dell’ambiente e le responsabilità dell’uomo per la sua salvaguardia.
La celebrazione della Giornata mondiale dell’Ambiente ci induce a fare alcune riflessioni che non possono non essere declinate a livello locale. La Basilicata da molti anni ormai è sottoposta allo sfruttamento intensivo delle risorse del sottosuolo con conseguenti traumi che ne hanno modificato l’aspetto in più parti del territorio. Il mio impegno decennale e la mia attenzione verso le questioni ambientali mi hanno indotto a fare delle scelte precise e anche ad espormi in maniera inequivocabile. L’ho fatto sempre con convinzione e continuerò a farlo. Girarsi dall’altro lato non mi appartiene. Una certa narrazione che descrive la Basilicata come un Eden incontaminato non la condivido. Non voglio però essere frainteso: lungi da me essere catastrofista; gli isterici allarmismi li tengo ben lontani. L’attenzione però va tenuta alta. I pozzi petroliferi nella Val d’Agri e a Corleto pongono delle questioni importanti. A questi impattanti siti si aggiungono le conseguenze sulle falde acquifere. Altri temi inoltre hanno preso corpo nell’ultimo decennio, come la presenza degli inceneritori di Barile e Matera, per non parlare poi dello sfruttamento intensivo delle cave nel Vulture e in maniera diffusa in altre zone della Basilicata.
Le recenti notizie circa il declassamento delle acque dell’invaso del Pertusillo hanno posto all’attenzione dell’opinione pubblica, ancora una volta, il tema dell’inquinamento. Gli ambientalisti sospettano che anche questa volta la fioritura anomala delle alghe nel lago sia stata causata dalle estrazioni di petrolio, visto che lungo la sponda occidentale vi sono 27 pozzi. Sicuramente vi saranno anche quantitativi di plastica, vista l’area fortemente antropizzata sia dal punto di vista umano che industriale. Già in passato la moria di pesci ha causato un impatto negativo sulle comunità che utilizzano le acque sia per uso irriguo che potabile. La situazione è deprimente e l’unica soluzione per porre freno a questa lunga serie di disastri sarebbe quella di evitarli individuandone, una volta per tutte, la fonte. Purtroppo la Val D’Agri non è l’unica emergenza ambientale che insiste sul territorio. Ve ne sono altre che, pur avendo una minore risonanza mediatica, fanno sentire ampiamente i loro impatti negativi. Vale la pena tenere pure sotto controllo il torrente Jesce, il corso d’acqua che sfocia in altro torrente, la Gravina di Matera, dove in passato sono state trovate elevate concentrazioni di escherichia coli, dovute probabilmente ai reflui urbani e/o zootecnici non depurati. Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha condannato l’Italia per le inadempienze concernente il trattamento delle acque reflue, compresa la nostra regione dove sono diciotto i depuratori fuori legge. Ciò dimostra che la Basilicata è ancora lontana da un pieno rispetto delle procedure per garantire la sicurezza di certi siti, la tutela dell’ambiente e soprattutto la tutela della salute.
Se non si collegano le questioni prettamente legate ai nostri territori con alcune importanti celebrazioni, come quella odierna, il rischio è quello di trasformarsi in una stanca liturgia, mentre l’ambiente circostante viene per sempre deturpato e la salute dei cittadini messa fortemente a rischio. La tutela dell’ambiente non è un esercizio retorico, ma passa attraverso controlli seri e mirati. Occorre tenere alta la guardia ed evitare che gli scempi ambientali deturpino per sempre la Basilicata.
Gianni Leggieri, Consigliere regionale